Parlamento

Renzi, ricordi quando difendevi i giornalisti da Grillo?

3 Febbraio 2016

«La Rai mi può licenziare, il Pd proprio no». Massimo Giannini, conduttore di Ballarò, ci ha messo la faccia. E ha fatto bene. In diretta ha ribadito il proprio diritto di critica, replicando alle accuse degli esponenti dem che non gli hanno perdonato la definizione di “incestuoso” usata per descrivere la situazione della ministra Maria Elena Boschi con Banca Etruria. Al deputato super renziano, Michele Anzaldi, non è andata giù: ha «chiesto di andare fino in fondo», lasciando intendere che serve il licenziamento. Per non tacere poi della surreale tesi secondo cui «il servizio pubblico dovrebbe tranquillizzare chi ha perso i propri risparmi, non fomentare». Un’informazione camomilla, piena di buone notizie e venerazione del Potere.

Certo, forse l’aggettivo “incestuoso” non era dei migliori nel caso specifico, ma montare una polemica è pretestuoso. Nel senso che il Partito democratico ha cercato il pretesto per provare a cacciare un giornalista sgradito, nonostante sia sempre stato equilibrato. Insomma Massimo Giannini, ex vice direttore de La Repubblica, non è certo un anti-renziano di ferro. Per intenderci non è l’equivalente di un Michele Santoro o di un Marco Travaglio con Silvio Berlusconi. Ma del resto non è la prima volta che il nuovo corso del Pd segue la strada del totale disprezzo nei confronti di chi non applaude, ciecamente, il governo. Alla Leopolda, l’apice del renzismo, sono stati ridicolizzati i titoli dei giornali meno teneri con il presidente del Consiglio. Ma almeno c’era la scusante di essere “un gioco”, per quanto di pessimo gusto. Nel caso di Giannini si parla di un’intromissione a tutto tondo nelle vicende della Rai. Eppure lo stesso Renzi ha parlato di un servizio pubblico “indipendente”. Bisognerebbe comprendere cosa intende: forse che deve essere gentile e tranquillizzante come chiede Anzaldi?

Così è troppo facile rispolverare la protesta del centrosinistra contro l’editto bulgaro, con cui Silvio Berlusconi cacciò i giornalisti sgraditi. Ormai è ripetitivo tracciare il parallelo. Ecco mi limito a dire che era un’altra epoca e allora difendere l’informazione era una priorità, perché faceva gioco all’opposizione. Ma, parlando di un’era molto più vicina, il Partito democratico aveva promosso un’insurrezione dopo la brutta iniziativa del “giornalista del giorno” con cui Beppe Grillo metteva alla gogna un cronista colpevole di aver criticato il Movimento 5 Stelle. «Non possiamo accettare che l’imbarbarimento della politica porti a insultare i giornalisti. Grillo, non sempre hai ragione tu. Rispetta gli altri», scandiva allora Matteo Renzi. Una frase che dovrebbe ripetere come un mantra. E che dire del depuatato e componente della segreteria Pd, Emanuele Fiano, aveva parlato di «liste di proscrizione», giudicando la rubrica come «un’allergia alla democrazia». La stessa allergia che sembra aver contagiato il Partito democratico.

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