Parlamento
Renzi non ha fermato la sfiducia verso la politica: si fermi a riflettere lui
La conferenza stampa di fine anno di Matteo Renzi ha vissuto su una beffarda coincidenza. Mentre il presidente del Consiglio parlava di un’Italia «rimessa in moto», sui vari giornali rimbalzavano i dati dell’ultimo Rapporto Demos 2014. L’ottimismo renziano, insomma, ha generato un attrito con la sfiducia dei cittadini, già percepibile da chi “vive nel mondo reale” e ora certificata da un autorevole istituto di ricerca. La sensazione che si desume è quella di un mondo parallelo tra la politica e la gente comune. Beninteso, non è nulla di nuovo: da sempre si parla del distacco tra il Palazzo e gli italiani.
Tuttavia, i dati della ricerca hanno spiegato in maniera chiara che l’ascesa dell’ex Rottamatore non ha inciso sullo spirito di pessimismo che aleggia nel Paese. In sostanza, al netto delle soddisfazioni personali, Renzi non ha centrato l’obiettivo di avvicinare la gente alla politica. Il 2014, in cui il presidente del Consiglio ha governato per lunga parte (è entrato in carica a febbraio) è stato un anno nero: per la stragrande maggioranza dei cittadini sono peggiorati la pressione fiscale (checché ne dica il responsabile Economia del Pd), l’economia e la corruzione. E la percezione è rafforzata dai numeri (Pil ancora in territorio negativo, disoccupazione in aumento) e dai fatti (gli scandali di Mafia Capitale, Expo, Mose).
Il rapporto Demos conferma un altro aspetto che si consolida: gli italiani non credono più nelle Istituzioni. La sintesi dello studio è nella fiducia verso lo Stato, scesa al 15% al pari di quella nutrita per la banche, e dimezzata in confronto al 2010, quando era al 30%. Il Parlamento e i partiti, poi, sono apprezzati rispettivamente dal 7% e dal 3% degli intervistati: li approva solo un manipolo di “coraggiosi”. In generale la fiducia delle Istituzioni politiche è calata al 21% e addirittura il 50% pensa che la democrazia possa fare a meno dei partiti.
Eppure nel corso della conferenza stampa di fine anno, Renzi si è concesso il lusso di esaltare i risultati del suo governo, paragonandosi ad Al Pacino nel film Ogni maledetta domenica, in cui il protagonista Tony D’Amato è un coach che vuole tirare fuori il meglio dalla sua squadra di football. Lo stridio tra il Paese reale e lo sprezzante Renzi – che ironizzava sul toto-Quirinale, citando il gioco da tavolo Indovina Chi?, e impartendo lezioni sul significato della parola “gufo” – è stato fastidioso, quasi insopportabile, come un gesso sulla lavagna.
Matteo Renzi, preso atto della situazione, dovrebbe cercare di comprendere le cifre del Rapporto Demos che fotografano molto bene il sentimento popolare. Non si tratta di un editoriale indigesto o di una critica pretestuosa, bensì di un dato con cui confrontarsi per il futuro. Lui ha parlato di un «senso dell’urgenza da misurare nelle prossime dodici ore», elogiando il dinamismo del governo. Ebbene, a quasi un anno dalla nascita del suo esecutivo, gli italiani non hanno percepito alcun risultato.
E a pagare il conto non è solo Renzi, ma lo stato di salute della democrazia nel suo complesso.
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