Parlamento
Renzi ha bucato il pallone di Martina
L’apparizione di Matteo Renzi a Che Tempo Che Fa è avvenuta nel pieno del dibattito interno al PD in merito alla possibilità di dialogare con il Movimento Cinque Stelle e, eventualmente, un’intesa di governo. Proprio per questo tempismo, certamente non casuale, essa ha un significato chiarissimo e profonde conseguenze sul partito e sulla formazione del governo.
La scelta di stare all’opposizione, decisa da Renzi durante le sue dimissioni, ha visto il PD compatto, fatta eccezione per le aree di Emiliano e di Franceschini. Con il naufragare delle trattative M5S-Lega e il conferimento del mandato esplorativo a Roberto Fico, le cose sono però cambiate, e il fronte del dialogo si è allargato. Già su questo punto occorre fare attenzione: finora nel PD non si è davvero discusso di un governo col M5S, ma solo di un dialogo. Il segretario Martina, infatti, non sottoporrà alla direzione nazionale del 3 maggio la decisione su un accordo di governo, ma chiederà un mandato di avviare trattative. Che potrebbero, dunque, anche fallire in itinere, o raggiungere un accordo che potrebbe poi essere rifiutato dagli iscritti, se si farà la consultazione di cui nel PD parlano in molti. In sostanza, l’accordo tra PD e M5S esiste più nei titoli di giornali e nelle dichiarazioni di Fico che nella realtà dei fatti.
Ieri, però, Renzi ha escluso la possibilità che nasca un governo PD-M5S. Al di là delle motivazioni e delle singole opinioni di ciascuno, quest’entrata a gamba tesa nel dibattito, che costituisce la prima apparizione pubblica di Renzi dopo le dimissioni da segretario, è un segnale chiarissimo per il partito. Mentre Martina e gli altri dirigenti (di qualunque componente), rilasciavano dichiarazioni sostanzialmente concordi sulla prudenza di un dialogo con i Cinque Stelle, Renzi ha detto che dialogare è certo possibile, ma governare insieme è da escludere. Così facendo ha fatto apparire come inutile il (timido) dialogo intrapreso, delegittimando la direzione nazionale prima ancora che si riunisca (atto politicamente gravissimo) e ha richiamato all’ordine quelle componenti della maggioranza che stavano provando, nel bene e nel male, a costruire un percorso post e oltre Renzi.
Non sappiamo cosa sceglierà la direzione nazionale del PD, né come procederanno le trattative. In realtà, non sappiamo nemmeno se da parte delle due forze politiche il dialogo è sincero o se fa parte di una strategia più ampia. Quello che sappiamo, però, è che, qualunque operazione fosse in corso, Renzi ieri sera ha bucato il pallone: se per qualunque ragione la direzione rifiutasse il mandato a Martina, o se il PD facesse saltare le consultazioni, tutto passerebbe, mediaticamente, come fedeltà alla linea originaria di Renzi. Tutto questo tra l’altro, avviene in un momento dove le posizioni in merito all’ipotesi di governo stavano travalicando le semplici posizioni di corrente, creando presupposti per un dialogo che avrebbe fatto bene anche nel lungo termine. Tutte le componenti della maggioranza che hanno provato, in queste settimane, a guardare oltre Renzi e ad aprire una fase nuova, rischiano ora di apparire schiave dell’ex segretario. In questo senso, ha avuto perfettamente ragione ieri sera Di Maio, quando ha scritto che “il PD è ancora ostaggio di Renzi”.
Renzi, perfettamente consapevole di questa dinamica, ha cercato di consolidare la sua figura , utilizzando dinamiche mediatiche ed esautorando gli organi del partito. Il rischio, quindi, è che se il PD decide per l’opposizione, lo farà con una pesante eredità dell’impostazione renziana (anche vista la composizione degli organi dirigenti e dei gruppi parlamentari). Superare Renzi sarà certo possibile, ma a quel punto difficilissimo. L’unico modo per smarcarsi definitivamente dall’ex segretario, rompendo il vicolo cieco mediatico e politico creato ieri, potrebbe essere di conseguenza l’intesa con i Cinque Stelle. Chiaramente, anche quest’opzione presenta rischi fortissimi per la tenuta immediata del partito e per i suoi margini di crescita. Il tema più ampio di fronte al PD, certamente, è come rigenerarsi dopo la sconfitta storica. Sia la scelta governista che quella d’opposizione presentano scogli e nodi che solo il futuro potrà sciogliere. Sicuramente la trovata di Renzi, che delegittima l’operazione di Martina e fa apparire il PD come sotto scacco, era la mossa strategicamente peggiore per il partito.
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