Parlamento
Quella pratica simile al voto di scambio di “segnare” le schede
Un cittadino poco esperto di intrighi politici si sarà domandato: «Ma perché alcuni hanno scritto “Mattarella S.” oppure “On. Mattarella». Quasi sembra una cosa di folklore, un’iniziativa goliardica. La risposta, invece, attiene a quel linguaggio ostrogoto usata nei Palazzi, che non è propriamente un bell’esempio ai cittadini italiani: i partiti e le loro correnti interne hanno “contato” il proprio peso nelle votazioni decisive; scegliendo un modo di indicare il voto a Mattarella hanno sostanzialmente reso riconoscibile il proprio voto. Una pratica vecchia quanto la politica. Ma che non è giustificabile: è inaccettabile ripercorrere la stessa dinamica del voto di scambio.
Nei giorni scorsi, infatti, avevo evidenziato l’illegalità di filmare il voto, come hanno fatto alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle. Tuttavia, il fatto di “segnare” le schede elettorali non è da meno, non si tratta di un’iniziativa proprio lodevole o riconducibile all’alveo del “politichese”. La giustificazione che sostiene la tesi: «È sempre andata così» non regge. Perché la reiterazione delle cattive abitudini non modifica il contenuto, anzi ne amplifica gli effetti deleteri: è solo la replica di un comportamento sbagliato. Ed è bene ricordare che il “così fan tutti” è uno dei mali peggiori di questo Paese.
Il senatore del M5S, Vito Crimi, ha annotato un fatto che comunque è difficile da contraddire: «Fanno leggi per punire con la reclusione il voto di scambio politico-mafioso (416-ter), poi lo usano in Parlamento in occasione dell’elezione della più alta carica dello Stato». Al di là dell’auspicio che il parlamentare dei 5 Stelle abbia duramente ripreso i colleghi che hanno fatto dei video o foto all’interno del “catafalco”, il ragionamento è alquanto condivisibile: il parlamentare è tenuto sempre a dare il buon esempio. Peraltro, era anche apprezzabile la proposta dei grillini di dare una lettura “omogenea” delle schede, senza ripetere la combinazione usata da ogni gruppo o corrente. Quindi bastava un “Mattarella” al posto di “On. Mattarella”, ecc. Forse sarebbe stata una forzatura regolamentare, ma avrebbe almeno svuotato l’obiettivo di segnare le schede elettorali.
Così, in un mondo ideale, sognerei che il neo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di insediamento, si rivolgesse al Parlamento intero per rimbrottarlo, spiegando che non è un buon esempio ripercorrere le modalità del voto di scambio rendendo riconoscibile il proprio voto. Perché – per inciso – i parlamentari di qualsiasi partito o gruppo devono tenere un comportamento nobile, a maggior ragione quando stanno svolgendo un compito di rilievo istituzionale come l’elezione del capo dello Stato. Ma, credo, che sia un sogno troppo ingenuo nel mondo cinico del potere politico.
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