Parlamento
Piccoli centristi crescono all’ombra di Renzi, e aspettano il referendum
Che cosa succede al centro dello schieramento politico? Dopo un momento di fibrillazione in cui sembrava che tutto dovesse portare alla nascita di un nuovo partito in appoggio al Pd di Matteo Renzi, ora tutto si è fermato. In attesa del referendum sulle riforme costituzionali. Sarà quello, infatti, lo spartiacque della politica italiana di questa prima era renziana.
Il referendum si dovrebbe tenere il prossimo autunno, probabilmente a ottobre. Ma in questi giorni in Parlamento si è iniziato a vociferare su un possibile anticipo a giugno, in concomitanza del secondo turno delle amministrative. Ma è solo un gossip delle ultime ore.
Ad ogni modo, è dopo il referendum che Angelino Alfano, Raffaele Fitto, Denis Verdini, Pier Ferdinando Casini ed Enrico Zanetti dovranno decidere cosa fare da grandi. Tutto, però, dipende dal risultato delle urne. Se vincerà il Sì, significa anche il mantenimento dell’Italicum, ovvero la legge elettorale targata Renzi che assegna il premio di maggioranza alle liste e fissa al 3% la soglia di sbarramento. In questo caso i centristi, se vogliono avere qualche speranza di entrare – seppur a ranghi ridotti – in Parlamento, saranno obbligati alla convivenza, dando vita a un listone unico in appoggio al Pd. Poco male, perché al momento, tranne Fitto, tutti gli altri già sono all’interno della maggioranza di governo. “Conservatori e riformisti”, invece, è
all’opposizione, ma l’ex governatore pugliese non sembra più così anti-renziano come in passato. E probabilmente anche lui almomento opportuno sarà pronto ad appoggiare l’attuale premier.
I problemi di convivenza, però, non mancheranno. Anche perché Alfano non sembra assolutamente disposto a rinunciare alla leadership. Questo significa che tutti gli altri dovranno essere pronti al passo indietro. Cosa che non spaventa Verdini, da sempre abituato a lavorare dietro le quinte, ma che potrebbe creare qualche frizione con Zanetti, che invece è in grande ascesa, specialmente agli occhi del premier. Alla fine, però, conteranno i numeri. E al momento il partito con più voti nella variegata galassia centrista resta Ncd.
Tutto cambia, invece, se Renzi perde il referendum. In quel caso anche l’Italicum salterebbe e si tornerebbe dritti al Mattarellum, che lascerebbe a tutti maglie più larghe. Specialmente a quei centristi che guardano a destra, ovvero a una nuova alleanza con Forza Italia o alla ricostruzione di un centrodestra moderato sulle macerie del partito berlusconiano in costante emorragia di voti.
La settimana scorsa Berlusconi e Alfano si sono visti, per circa un’ora, a Palazzo Grazioli. Nell’incontro si è ribadito la continuazione dell’alleanza in luoghi strategici, come Milano. E l’ex Cavaliere si è congratulato con Angelino per l’appoggio a Roma ad Alfio Marchini, candidato che Berlusconi avrebbe abbracciato subito, a occhi chiusi. «È una scelta che darà i suoi frutti, perché state dando l’idea di non essere subalterni al Pd», ha detto Berlusconi ad Alfano. E proprio nelle ultime ora sembra che i due possano convergere proprio nell’appoggio all’imprenditore romano, se davvero, come sembra, Guido Bertolaso potrebbe ritirarsi dalla corsa per il Campidoglio, una scelta dettata dai sondaggi negativi che lo riguardano. Se così sarà, Berlusconi vorrebbe convergere su Marchini, mentre altri spingono verso Giorgia Meloni.
Al di là delle vicende romane, al momento è difficile dire se tra Berlusconi e Alfano ci sarà un ritorno di fiamma anche a livello nazionale. Ma nulla si può escludere. Anche perché l’asse Meloni-Salvini, da un lato, e la balcanizzazione del centro da parte di Renzi, dall’altro, spingono i due l’uno verso l’altro. Una sconfitta di Renzi al referendum sarebbe il terzo conclusivo elemento, perché a quel punto Alfano si renderebbe conto che la parabola di Renzi ha iniziato una fase discendente. E anzi potrebbe essere addirittura lui a sfilarsi, facendo cadere in anticipo il governo. A patto però di trovare terreno fertile nel centrodestra. Ovvero l’humus su cui costruire, con l’aiuto dell’ex Cav ma senza la sua golden share, una nuova forza moderata in grado di sfidare il Pd renziano.
Fantapolitica? Vedremo. Ma per ora non è più scontato quello che sembrava sicuro qualche mese fa: ovvero Alfano perfettamente ancorato al carro renziano, tanto che qualcuno ventilava addirittura un suo ingresso nel Pd. Adesso tutto è tornato fluido, in movimento. E al contempo immobile, cristallizzato. In attesa del referendum che segnerà il secondo vero banco di prova del governo, dopo le elezioni europee del 2014.
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