Parlamento

Metti una sera a cena con Matteo Renzi

28 Febbraio 2018

In questa campagna elettorale di plastica, giunge graditissimo l’invito per incontrare dal vivo Matteo Renzi. Domenica sera dopo l’intervista di Fabio Fazio a “Che Tempo che Fa”, nella magnifica residenza di un grande finanziere milanese progressista. L’invito non è per me, ma ogni invitato può presentarsi accompagnato e quindi si va.

La domanda d’obbligo è chi ci sarà, la risposta il mondo della finanza milanese, integrato da numerosi volti noti delle professioni. Non tutti di sinistra, perché altrimenti non si potrebbe raccogliere nessun voto aggiuntivo. Chi più, chi meno, possono essere tutti catalogati come influencer nel proprio ambiente privilegiato, Matteo Renzi cerca l’endorsement della Milano più dinamica, che dovrebbe aver apprezzato il distacco del suo PD dalle posizioni storiche della sinistra.

La magnifica casa ha consentito di invitare forse duecento persone, tutte sedute a tavola, distribuite su due piani, perché anche sotto il giardino c’è una grandissima sala foderata di libri, che individua l’anfitrione come raffinato intellettuale, insomma niente a che vedere coi cumenda di una volta, qui non ce n’è neanche uno, salvo forse l’Ernesto Pellegrini che inviterà vanamente Matteo a dichiararsi interista per raccattare i voti di mezza Milano (risposte “Chi cambia squadra è un mezz’uomo” e “Però Delrio è interista”)

Si cena (no catering, tutto viene preparato nella cucina di casa!) mentre sui grandi schermi si segue la performance di Matteo in TV. Nemmeno dieci minuti dopo eccolo arrivare e salutare un ospite american Sorpresa, l’accento inglese di Renzi è davvero du gust is mei che uan, però parla bene. Successivamente darà una lunga risposta in francese ad una domanda fatta nella lingua gallica. Insomma, molto meglio di quanto pensassi.

All’ingresso sembrava davvero un po’ cotto, ma l’età gli consente un recupero velocissimo. Eccolo riassumere brillantemente l’intervento TV, inizia la serie di domande del pubblico. Renzi approfitta delle domande per indirizzare la discussione verso i punti salienti della propria campagna ed è assolutamente evidente che si è studiato a memoria le risposte alle centinaia di domande che tutti i suoi uditori, sparsi per la penisola, potrebbero fargli. Non lo troverete mai impreparato, ma sembrerà sempre artificiale o meglio professionale, la sua professione numero uno è parlare, comunicare. Assomiglia al Berlusconi che assomigliava a Mike Bongiorno, con Renzi anche la sinistra è moderna perché americanizzata. Dopo averlo ascoltato, Bersani vi sembrerà il fossile che è.

Ad un certo punto inciamperà in un congiuntivo, tutti ridono pensando a Di Maio, la risata di tutti diventa irrefrenabile quando Matteo ci mette la pezza “Ditelo pure ai giornalisti, ma non ditelo a mia moglie” insegnante. OK, è simpatico, è toscanaccio ruspante e forse il congiuntivo sbagliato era staged.

OK, questo è il come, ma che cosa dice Renzi? In buona parte quello che ha appena detto da Fazio, ma adattato al particolare pubblico, come nel glocal. In TV non si sarebbe certo vantato di aver eliminato l’articolo 18 e di averlo fatto come Berlusconi non aveva osato fare. Davanti alla finanza pretende che gli sia riconosciuto il merito di aver riformato le banche popolari. Banche, un argomento che in TV è tabù, soprattutto per un capo del PD.

Attacca continuamente Di Maio e Salvini, Salvini e Di Maio. A Berlusconi riserva invece il fioretto, sapendo che nel migliore dei casi dopo le elezioni dovrà trattare con lui. Attacca la flat tax senza mai citarlo o al massimo prendendosela maramaldescamente con Brunetta. “Non si può credere alla flat tax, è come credere a Babbo Natale”.

Il messaggio è chiaro, io sono la stabilità, gli altri sono un salto nel buio. Già, Renzi è di discendenza democristiana, quindi gli argomenti base saranno sempre parenti del ’48 e del Votate DC turandovi il naso.

Davanti a quel pubblico volano le bastonate al reddito di cittadinanza “Non ti preoccupare se hai lavoro, puoi stare a casa tranquillo e ti arrivano i soldi”, perfette nella città del laurà. Attacca Salvini senza però mai parlare di migranti o di “fascismi”. Quelli sono dunque argomenti da LeU o dell’ala sinistra del partito. In quasi un’ora non nominerà mai lo ius soli, sul quale sembrava che il PD volesse immolarsi. Mai.

​Mai citati “diritti”, unioni civili, testamento biologico, violenza sulle donne. La parte “etica”, moralistica del PD è assente dalla sua narrazione, sembra che sia il segretario di un altro partito rispetto a quello che ricordavo.

Se Di Maio e Salvini sono ripetutamente attaccati, loro e non i loro partiti, mai nominati, se parla ripetutamente della flat tax, non vengono mai nominati LeU, Grasso, Boldrini, D’Alema, Bersani, Bonino.

A Milano si vota anche per la Regione, ma non farà mai il nome del candidato del suo partito Gori, né quello del sindaco Sala.

Qualcuno gli dice che, indicando Gentiloni come premier, il PD prenderebbe molti più voti. Risponde che se Gentiloni fosse indicato da lui verrebbe invece bruciato, senza dedurre di essere allora una zavorra come segretario del partito.

Mai citata la “buona scuola” invisa ai (pochi) professori universitari, però vanta di aver aumentato lo stipendio delle forze dell’ordine. Dunque sono davanti ad un candidato della destra? No, non citerà mai il debito pubblico, che evidentemente non gli sembra un problema. Non parlerà mai di liberalizzazioni, vanta la soluzione della crisi aziendale di Meridiana, senza dire che è dovuta ai miliardi del Qatar e riesce nel contempo a non citare mai quella di Alitalia.

Ad un noto professore della Bocconi risponde che il problema dell’economia italiana è la mancata crescita demografica, perché “il PIL pro capite dell’Italia è il più alto d’Europa”, una risposta che nemmeno Bagnai…

Atteggiandosi a decisionista, si vanta di aver scelto il capo di ENI con un’intervista di un’ora. Ora, provate voi ad essere assunti come impiegati di secondo livello da una qualsiasi azienda italiana con una sola intervista…

Si vanta di aver legato l’appoggio alla scelta di Juncker all’ottenimento della “flessibilità”, come se il Paese non avesse pluridecennali problemi di bassa produttività e un debito pubblico abnorme e l’unica cosa necessaria fosse “farlo ripartire”, beninteso col deficit.

Voi dareste l’Italia da governare ad un uomo così? Brillante, furbo, ma superficiale. Direte voi, ma gli altri sembrano fossili o pazzi e saggio sembra solo il papi Berlusconi, almeno ad Eugenio Scalfari.

A Renzi non manca la sfacciataggine, la cazzimma direbbero a Napoli, la faccia di tolla si dice sotto la Madonnina. Lamenta che il sistema elettorale non produrrà un vincitore, fingendo di non sapere che difficilmente sarebbe lui. Non ammetterà mai e poi mai di aver sbagliato, nemmeno in confessionale e nemmeno sul rovinoso referendum.

Eppure basta chiudere gli occhi e ricordare quanto Bersani assomigliasse alle Tribune Politiche di Ugo Zatterin per capire che non si sa dove si andrà, ma indietro non si torna.

Dopo quasi un’ora di domande e risposte, va dagli ospiti della stanza sotterranea per un bis, dopo una giornata di chissà quanti incontri. Giovinezza, giovinezza… “Tornerò a Palazzo Chigi? Questa volta forse no, ma ho solo 43 anni”. Non dite che non vi aveva avvertiti. Il Divo Giulio e Amintore “a rieccolo” da lassù forse guardano compiaciuti.

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