Parlamento
Mal di merito e mal di concorrenza stanno affondando la competitività in Italia
“Un’unica malattia italiana con due patologie: Il mal di merito e il mal di concorrenza”. Questo il tema del Convegno tenutosi ieri alla sala del Refettorio della biblioteca della Camera dei Deputati, un dibattito organizzato dall’Associazione culturale il Periscopio in collaborazione con l’ISLE, e con Askanews come media partner.
L’Associazione Il Periscopio – come spiega Luigi Tivelli il Segretario Generale del Periscopio – “è nata per contrastare la deriva dilettantistica del mondo burocratico e politico e ha posto tra i propri temi di impegno prioritari la questione del disagio giovanile. Alla base di entrambi questi fenomeni c’è un’unica malattia con due patologie, diffusa sia verso i vertici che verso il basso della piramide sociale: il mal di merito e il mal di concorrenza”.
Ecco che autorevoli rappresentanti del mondo giuridico, politico ed economico – l’ex premier Lamberto Dini, Silvio Traversa Segretario Generale ISLE, Antonio Catricalà già Presidente dell’autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Malaschini già Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Mazzanti (direttore di Askanews), Antonio Marzano (già ministro dello Sviluppo Economico), Enrico Cisnetto (editorialista, economista, conduttore televisivo), Beniamino Quintieri (presidente della Sace), Carlo Malinconico (già sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri), Francesco Giubilei (editore e scrittore), Giancarlo Capaldo (procuratore aggiunto della Repubblica di Roma), Pino Pisicchio (deputato, presidente del gruppo Misto alla Camera) – hanno indetto una tavola rotonda per porre attenzione su due temi così importanti assenti dal dibattito politico attuale e per approfondire la situazione economica e politica italiana che versa in una decadenza dilagante.
Una riflessione sui due temi congiunti del merito e della concorrenza appare necessaria dal momento che – come ha sottolineato Dini – “Una sana meritocrazia e una sana concorrenza dovrebbero essere i pilastri di una vera società liberal-democratica”. In Italia la scissione e la degenerazione di tali valori in “mal di merito” e “mal di concorrenza” ha “generato la frattura che ha bloccato l’ascensore sociale emarginando milioni di giovani dalla vita lavorativa e civile” – ha aggiunto.
Mal di merito e mal di concorrenza minano quindi al buon funzionamento della politica, dell’economia e della società tutta.
A testimonianza dello scarso interesse da parte del governo circa la concorrenza e le liberalizzazioni si è sottolineato il complicato iter della legge annuale sulla concorrenza – che prevede liberalizzazioni nel settore farmaceutico, nel mondo assicurativo e nell’ambito delle professioni forensi e notarili – iniziato ad aprile 2015 e ancora in fase di stallo. A prevalere sono infatti le richieste, le istanze e gli emendamenti delle lobby e delle corporazioni.
Come ha evidenziato Catricalà “il discorso sui principi concorrenziali è stato frainteso e ha dato luogo a anticorpi sociali e protezionistici che hanno bloccato l’iniziativa della legge che non ha goduto di un favore parlamentare”. Si è verificata una coalizione delle lobby – farmacisti, notai, produttori di petrolio – uniti sul fronte della difesa delle prerogative acquisite nel tempo. “Veri e propri rigurgiti corporativi che hanno impedito che le spinte di apertura di liberalizzazione e di cessazione di privilegi e rendite parassitarie prendessero piede nel nostro Paese” – ha poi spiegato.
Nello stesso anno della legge sulla concorrenza (2009) la Banca d’Italia aveva dichiarato che se in Italia si giungesse a livelli di concorrenza equivalenti a quelli di altri Paesi europei il Pil aumenterebbe dell’11%. Quella della concorrenza è quindi uno strumento indispensabile per la politica economica e per il buon funzionamento dei mercati. “Solo vere condizioni di concorrenza nella scuola, nelle università, nel sistema dei servizi, nel mondo delle imprese possono liberare la crescita economica e l’emersione dei talenti in un quadro di sviluppo equilibrato della società” – ha dichiarato Dini.
Un dato allarmante dal momento che nelle classifiche internazionali il nostro Paese occupa l’ultima posizione in Europa sia in quanto a concorrenza che in quanto a meritocrazia.
Quest’ultimo dato è confermato dal Meritometro, il primo indicatore di sintesi e misurazione dello stato di merito di un paese che ha adottato come criteri di valutazione sette “pilastri”: libertà, qualità, sistema educativo, attrattiva per i talenti, regole, trasparenza e mobilità.
Il criterio del merito – come ha spiegato Marzano – trova applicazione nei settori più disparati: nel mercato dei beni di servizio, nel mercato del lavoro, in quello finanziario e bancario e soprattutto è l’unico strumento di emancipazione per i più poveri. Senza meritocrazia i meccanismi di emancipazione si bloccano e si affermano le logiche clientelari e protezioniste. Le stesse che – come ha esposto Malaschini – alimentano la deficienza democratica della classe dirigente italiana incapace di confrontarsi a livello internazionale con attori pubblici e privati e logorata da “partiti liquidi e leaderistici”.
Sono quindi altresì necessarie politiche di rafforzamento della meritocrazia per favorire la crescita del paese e porre fin all’esodo dei giovani italiani che fuggono all’estero a causa della società italiana divenuta “mangiagiovani” e caratterizzata dall’assenza di criteri meritocratici in ambito universitario e lavorativo. Come ha esposto Francesco Giubilei – editore e scrittore – “c’è stata una tendenza da parte dell’Ue nell’imporre al nostro Paese un aumento del numero dei laureati per far sì che fosse in linea con gli altri paesi europei. Così l’università italiana ha puntato sulla quantità e non sulla qualità e quindi sulla meritocrazia”. Per ovviare il problema “è necessario che l’università ritorni ad essere un luogo di élite e di formazione e aumentare il collegamento tra il mondo universitario e quello del lavoro coinvolgendo attivamente le aziende” – ha concluso.
Biancamaria Stanco
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