Parlamento
L’insostenibile contraddittorietà di Bersani e co.
Più si avvicina – e forse il prossimo 26 settembre sarà la giornata per saperne qualcosa – la data del referendum costituzionale sul Ddl Boschi, più si stanno chiarendo gli schieramenti che rappresenteranno i due fronti del Sì e del No. Tra tutti questi chi rischia di assumere la posizione più assurda è Pierluigi Bersani e chi da lui viene o pensa di essere rappresentato. L’ultima dichiarazione pubblica sta lì ad evidenziarlo con clamorosa limpidezza: “Tra me e Renzi idee opposte sulla democrazia”. Come ricordato da chi l’ha potuto intervistare in questi ultimi giorni, non si sta parlando di una manovra di bilancio sulle aliquote Irpef, ma proprio di una distanza siderale tra un importante dirigente del Partito democratico ed il segretario di quel partito su ciò che c’è di più profondo in una dialettica politica, cioè l’impianto democratico ed istituzionale di un regime sovrano.
Non si vuole entrare nel merito delle considerazioni a favore o contro la Riforma, se ne avrà molto tempo e strabordante spazio nel circo mediatico-informativo nostrano (almeno si spera…). Ma quello che è balzato agli occhi di molti è stata proprio questa differenza ontologica evidenziata dall’ex-segretario del Pd. E’ solo una recrudescenza propagandistica in vista dell’imminente voto? Per alcuni commentatori si tratta invece dell’ennesima conferma di come la battaglia per il potere e la riconquista del partito ingaggiata dalla minoranza Pd sia arrivata alle sue battute finali, e tutto ormai sia lecito per ottenere l’obiettivo preposto.
Certo però è sbalorditivo come gli attori in questione non si rendano conto della lapalissiana contraddittorietà che quotidianamente esprimono con le loro parole e le loro azioni. Bersani infatti dice “io sono contrario a questa riforma”, ma allora perché lui ed altri l’hanno votata per 6 passaggi parlamentari durati 2 anni di discussioni, proponendo ed ottenendo diverse modifiche dall’impianto iniziale? Perché le soluzioni proposte dal comitato dei saggi nominato ai tempi del governo Letta andavano bene e questa riforma che ne ricalca complessivamente l’impianto non è votabile? Bersani ancora afferma “la semplificazione non è la cura, ma la malattia. Semplifica e semplifica, non sai quel che vien fuori“, quindi significa che l’intero impianto politico degli ultimi vent’anni proposto dal centro-sinistra (le famose Tesi dell’Ulivo…) sia stato sbagliato e che loro essendone stati i principali protagonisti ne riconoscono gli errori? Altro tema centrale sviluppato da Bersani e co. è il cosiddetto combinato disposto tra riforma costituzionale e legge elettorale che porterebbe ad una forte limitazione democratica e partecipativa negli assetti istituzionali della Repubblica, dunque tutto lo schema maggioritario proposto in questi anni e la stessa nascita del Pd sono da mettere in discussione? Ce lo si chiede perché – come detto – il ddl Boschi ha proprio nell’Ulivo il suo progenitore, ma anche l’Italicum con il doppio turno ed il premio di maggioranza discende da proposte del centro-sinistra dell’ultimo ventennio.
Per non parlare della contraddizione suprema: passare dalla battaglia per i collegi uninominali o plurinominali alle preferenze come strumento migliore per la selezione della classe dirigente. Questo si un errore madornale e conclamato ancora prima che ne verranno evidenziati tutti i difetti che già la storia passata della Repubblica può raccontarci.
Nel flusso di in-coscienza continuo del circo mediatico-informativo italiano forse tutto ciò riuscirà a passare in cavalleria, ma nella mente e nel cuore di centinaia di migliaia di elettori – protagonisti di quella storia e di quelle campagne campali – sarà difficile affibbiargli questo vero e proprio “anello al naso”.
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