Parlamento

Lasciarsi alle spalle l’antipolitica

12 Novembre 2021

Per anni uno dei termini più gettonati nel dibattito pubblico italiano è stato “la casta“. Mentre la crisi economica attanagliava milioni di famiglie italiane, quei politici che varavano manovre “lacrime e sangue” godevano di privilegi deprecabili. Questa narrazione antipolitica è stata sfruttata, in un primo momento, dal Movimento 5 Stelle: dopo le elezioni del 2013 che non avevano conferito una maggioranza ad alcuna coalizione, uno dei requisiti che il Movimento 5 Stelle impose per entrare in un governo di coalizione con il Partito Democratico e SEL fu proprio quello di rinunciare ai rimborsi elettorali.

Non furono, ovviamente, gli unici: l’intera narrazione della rottamazione che contraddistinse la prima fase politica di Renzi strizzava l’occhio a quel sentimento. Sotto accusa vi era inoltre l’incapacità della classe politica del centrosinistra: dal palco della Leopolda il giornalista PIF lanciò un attacco feroce a Rosy Bindi, nominata all’Antimafia, che durante la campagna elettorale aveva platealmente ammesso di non sapere nulla sull’argomento.

La stessa retorica di cui si impadronì Salvini, per svecchiare la Lega e distanziarla da un passato etno-regionalista che gli impediva di sfondare al sud.

Nel corso degli anni si è assistito a due provvedimenti cardine di questa retorica: l’abolizione dei rimborsi elettorali, voluta dal governo Letta nel 2013 e poi confermata dal Governo Renzi qualche anno più tardi; il taglio dei parlamentari, sottoposto a referendum nel settembre del 2020, che ha visto una vittoria schiacciante del Sì.

Il bilancio della stagione dell’antipolitica è però pesantemente negativo. Prendiamo, appunto, i due provvedimenti bandiera.

L’abolizione del rimborso elettorale ha posto l’Italia in una situazione eccezionale: privata di fondi, la politica ha visto aumentare ancora di più le ingerenze da parte del mondo dell’economia, della criminalità e quelle straniere, come dimostrano i legami oscuri tra la Lega e la Russia di Putin o tra ambienti nostalgici e Fratelli d’Italia. Così facendo ci si è adeguati al modello di mercato americano: come aziende, i partiti devono convincere gli elettori a investire su di loro non solo dal punto di vista elettorale, ma anche pecuniario. Dimenticando così che dietro un partito non vi sono solamente gli eletti, quella che appunto chiamiamo casta, ma migliaia di persone che lavorano salariate: l’impoverimento della politica, più che indebolire la famosa casta, ha indebolito la povera gente. 

Un generale impoverimento della politica potrebbe avere conseguenze funeste sulla platea dei rappresentanti. Le ragioni storiche per il finanziamento pubblico- o comunque un compenso per svolgere l’attività politica- risalgono come minimo alla Grecia di Pericle, nell’ultima fase della democrazia ateniese. Secondo altri invece sono precedenti, addirittura a Clistene. Senza una forma di compenso, la politica si sarebbe ridotta infatti a un gioco per ricchi che, disponendo di ingenti ricchezze, avrebbero potuto vivere senza lavorare e influenzare l’andamento politico della polis, con una saggia segregazione elettorale per i poveri. Senza una reintroduzione del finanziamento pubblico ai partiti, si rischia quindi che la politica o scenda a patti con il privato, di fatto avvallando l’attività di lobbying, o che diventi del tutto un’attività da ricchi. Essere ricchi significa anche essere inseriti in un certo contesto, condividere contatti e interessi con persone della stessa estrazione, favorendone ancora di più l’ascesa.

Il taglio dei parlamentari, invece, rappresenta né più né meno un provvedimento alla meglio inutile, alla peggio dannoso. Nel nostro paese da anni si denuncia un certo immobilismo parlamentare, dovuto a problematiche come il bicameralismo perfette. In parte la Riforma Costituzionale di Matteo Renzi- che comunque non convinceva-aveva provato a oltrepassarlo, senza successo. Il taglio dei parlamentari invece non corregge le problematicità emerse nel corso degli anni del nostro assetto istituzionale. Non solo: anche dal punto di vista pecuniario, si tratta di un risparmio risibile per lo stato rispetto a sprechi ben più consistenti come i sussidi alle imprese. 

Se questa è la parte inutile, la parte dannosa risiede non tanto nelle sottigliezze tecniche, quanto in quelle elettorali. L’opzione monocamerale non appare consigliabile, essendo presente in un numero esiguo di stati come la Grecia. Un sistema bicamerale, date le dimensioni esigue delle camere, richiederebbe l’incremento del numero di parlamentari in una delle due camere e la trasformazione di una delle due, il Senato, eliminando le storture del sistema attuale. Come si può far accettare a un elettorato che ha votato proprio per diminuire il numero di parlamentari una tale modifica dell’assetto istituzionale?

Le ragioni dell’antipolitica hanno portato, da un punto di vista più politico, a un eterogenesi dei fini. Quelle motivazioni che trainavano l’antipolitica- la crescita stentata degli ultimi trent’anni, la produttività asfissiata con salari stagnanti, l’elevato livello di disuguaglianze- sono state ignorate dalla politica: utilizzando l’ombrello dell’antipolitica per colmare il vuoto pneumatico delle idee e la crescente distanza tra elettorato ed eletti, questa ha continuato in sordina a favorire le rendite e gli interessi che rappresentava. 

Questo non significa sottovalutare i privilegi e le problematiche che riguardano la politica: basti pensare alla legge sul conflitto di interessi o al problema delle pensioni d’oro. Ma riportare prestigio alla politica, che in questi anni è stata assediata da una parte dall’antipolitica, dall’altra dalla competenza che riduceva la politica, fatta di idee e confronto tra interessi non coincidenti nella società, a mera amministrazione dell’esistente.

La traiettoria che sembra aver imboccato il dibattito italiano, sempre meno sensibile a temi come quelli che hanno spinto la retorica antipolitica, può ricondurre la politica verso un confronto più sostanziale. Resta solo da colmare il vuoto di idee che ancora oggi affligge l’agone politico.

 

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