Parlamento
Caro Landini, il sindacato è stato per troppo tempo il gemello di un partito
Non c’è stata una vera “discesa in campo”. Ma Maurizio Landini, tornato al tradizionale presenzialismo televisivo dopo qualche settimana di digiuno, ha comunque proferito parole pesanti e dal contenuto che merita un’analisi dettagliata. «Il sindacato si deve porre il problema di una coalizione sociale più larga e aprirsi a una rappresentanza anche politica», ha affermato il leader della Fiom nella tanto contestata intervista a Il Fatto Quotidiano.
In questo passaggio Maurizio Landini lancia un grido di dolore per i bei tempi andati, quando il sindacato e il principale partito di centrosinistra erano due parti della stessa grande famiglia. La sua frase contiene inoltre una evidente critica alla sinistra politica, specie quella Pd, presente in Parlamento e schiacciata dallo strapotere renziano. Ma questo è un elemento quasi secondario, una schermaglia tra chi ambisce alla leadership di un altro soggetto “anti-Renzi”.
Eppure il legame sindacato-partito era ancora molto forte fino a qualche anno fa, visto che l’ex segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, è stato anche segretario traghettatore del Pd (senza dimenticare che Sergio Cofferati, dopo aver lasciato la leadership sindacale, è stato sempre in politica). Il vero distacco è avvenuto con la vittoria di Matteo Renzi alle primarie, un evento che ha reciso il cordone ombelicale che legava la Cgil alla “Ditta”, reduce dalla trafila Pci-Pds-Ds
L’ex rottamatore ha sicuramente tanti demeriti, ma questa rottura rappresenta un momento positivo della sua ascesa: il “partito-ombra”, o partito-gemello, della Cgil ha lasciato il centrosinistra, avviando una fase di dialettica molto aspra. Proprio come dovrebbe essere tra una forza politica a una forza sociale. L’idea del Pd «cinghia di trasmissione» della Cgil è sbagliata, tanto che questo stretto rapporto ha prodotto più di qualche danno.
Il buonismo sindacale rispetto ai governi di centrosinistra ha finito per generare situazioni negative per il Paese perché non c’era un effettivo confronto, bensì uno “scambio di pedine” sullo scacchiere della trattativa. Un tentativo di non farsi del male, al di là della polemica mediatica, che ha generato errori su errori. Per fare un esempio tra i tanti: se il mercato del lavoro ha partorito i mostri che conosciamo, qualche responsabilità va attribuita anche al Pacchetto Treu approvato nel 1997 dal governo Prodi.
Di fronte a un’annotazione del genere, dunque, la ricerca di «rappresentanza politica» di Landini assomiglia a un’operazione nostalgica, un recupero di quella «cinghia di trasmissione», senza alcun beneficio effettivo per i lavoratori. Il sindacato ha un compito ben preciso, riconosciuto dalla Costituzione, che riguarda inevitabilmente la politica, ma che non può essere in osmosi con essa. Il sindacato deve tutelare chi lavora, come sa bene il leader della Fiom.
Bisognerebbe capire una volta per tutte che si parla due parti che dovrebbero confrontarsi, quando è necessario pure con durezza, e che non devono intrattenere una corrispondenza di amorosi sensi.
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