Parlamento
La campagna degli orrori
Un elemento di questa campagna elettorale italiana mi inquieta particolarmente. Non perché in passato questo elemento non fosse presente, ma perché in questo inizio 2018 è ancora più evidente e prepotente, arrivando come un virus a prevalere su qualsiasi cosa. Sto parlando della pochezza intellettuale, della carenza assoluta di idee intellettualmente valide e sostenute dalla ragione. Non vi è forza politica tra quelle che si presentano alle elezioni del prossimo marzo che abbia una proposta di Paese che si fondi su solide basi intellettuali e, quindi, filosofiche. Manca il pensiero, manca la profondità della riflessione prima di parlare. E, quindi, mancano le idee. Non è una questione di destra o di sinistra, di partito a vocazione maggioritaria o di partito destinato a esercitare opposizione. È una tendenza generalizzata che vede le campagne elettorali italiane impoverirsi progressivamente da molti anni. Non che abbiano mai brillato, ma per lo meno qualche eccezione c’era. E, anzi, si poteva dire che qualche eccezione in ciascun partito era presente. Perfino la prima Forza Italia contava tra le sue file un barlume di ragione e le promesse di Berlusconi, per quanto fossero carta straccia e personalmente non condivisibili, avevano una loro logica. Per arrivare ad affermare questo, si immagini il lettore quale punto di non ritorno ha raggiunto la politica italiana.
In quale momento, viene da chiedersi, la politica ha rinunciato alla filosofia? Quando è venuta meno la ragione?
È forse un esercizio retorico di poco conto ricordare ad Attilio Fontana, attuale candidato a Presidente della Regione Lombardia per il centrodestra, che è stato proprio un italiano, Luigi Luca Cavalli-Sforza, con il suo Geni, popoli e lingue (Adelphi, 1996), a dimostrare che le razze tra gli esseri umani non esistono. E non si tratta di speculazione, Costituzione o astratto pensiero umanista: si tratta di scienza. Se ne faccia una ragione Fontana e tutta la Lega Nord: dal punto di vista genetico non sussistono le condizioni per parlare di diverse razze umane, ma sì sussistono per parlare di una sola razza umana che ha, per ragioni di latitudine e storia della migrazione, tratti somatici diversi e parla lingue diverse. Neanche i baschi, che pare presentino un tratto genetico quasi unico, fanno razza a sé. Ma il signor Fontana e Matteo Salvini non riescono, probabilmente, ad andare oltre il colore della pelle o la fede religiosa.
Le idee, se così possono definirsi, di Attilio Fontana sono solo la punta dell’iceberg di una campagna elettorale degli orrori.
Sia che si tratti di abolizione dell’obbligo dei vaccini o della tassa sulle sigarette elettroniche, sia che si tratti di abolire le tasse universitarie, sia che si tratti di abolire qualsiasi cosa un utente internet decida di abolire con una proposta su un blog privato, sia che si tratti di abolire il canone RAI, ognuna di queste proposte non tiene conto di un dettaglio che ogni buon politico dovrebbe considerare: la realtà. Si bada unicamente a dare adito a bassi istinti, proclami roboanti in una gara a chi impressiona di più l’elettore. Ognuna di queste proposte mira a una porzione precisa dell’elettorato e ognuna mira a parlare non alla testa, ma alla pancia. Ognuna parla di abolire, togliere, alleggerire; nessuna parla di aggiungere, di creare e costruire. Oltre la ragione e il contatto con la realtà sembra essere sparita anche la fantasia.
La ragione per la quale stiamo assistendo a una campagna elettorale di profilo così scandalosamente basso è semplice. I sondaggi lasciano intendere che nessuna forza raggiungerà il numero minimo di seggi utili a governare. Chiunque risulterà vincitore, sarà in possesso di una maggioranza relativa e davanti a sé avrà due strade: 1) un governo di minoranza; 2) un’alleanza post elettorale. In entrambi i casi dovrà scendere a patti e rivedere pesantemente il proprio programma, facendo saltare le promesse (da mercante) fatte agli elettori durante questi mesi. Per questo, tutti, da destra a sinistra, si prendono il lusso di promettere l’impossibile. Non è né incoscienza né leggerezza: tutti sanno di non poter promettere e garantire nulla. E tutti confidano nella memoria corta degli italiani.
Tuttavia, questo è il panorama politico che abbiamo davanti e tra le misere opzioni che abbiamo sotto mano dobbiamo scegliere. Votare è un atto di resistenza, ormai. In un’epoca incapace di produrre il benché minimo sussulto rivoluzionario, in cui tutto si appiattisce verso il basso, in cui la ragione passa in secondo piano, non resta altro da fare che resistere. Come ci ricorda il filosofo spagnolo Francisco Ayala, discepolo di José Ortega y Gasset, quando non puoi scegliere tra il bene e il meglio, quando non puoi neanche scegliere tra il bene e il male e sei costretto a scegliere tra il male e il peggio, la cosa eticamente corretta da fare è scegliere il male.
(Foto: Palazzo Montecitorio, wikipedia.org)
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