Parlamento
In memoria di un Reazionario distopico
La morte improvvisa di Gianroberto Casaleggio, fondatore e guru del Movimento 5 stelle, è un duro colpo per la nuova formazione politica che ha sconquassato l’Italia intera, a cominciare dai partiti e dalle istituzioni. Oggi è difficile capire che tipo di eredità il manager internauta milanese lascerà ai suoi seguaci e sostenitori. E’ stato notato ormai da tempo come il movimento pentastellato stia vivendo una fortissima dialettica interna, che potrebbe portare ad una sua trasformazione rispetto alle predicate origini rivoluzionarie: da una parte la romanizzazione dei gruppi parlamentari e dei presunti leader come Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista – il Direttorio – interessati ad una normalizzazione ed istituzionalizzazione del movimento come partito vero e proprio (già si parla infatti di cordate e correnti per la successione); dall’altro il ferreo controllo tramite la società Casaleggio associati delle scelte politiche fondamentali, della propaganda-comunicazione e delle candidature (rivolgendo soprattutto l’attenzione alla cassa, cioè al denaro, prodotti tramite il controllo del blog di Beppe Grillo).
Si vedrà quindi nel prossimo futuro come andrà a finire questa disputa. Interessante invece è oggi notare il cordoglio quasi unanime del sistema informativo italiano che sta ricordando Casaleggio come genio e visionario, novello Steve Jobs italiano prestato alla Politica, demistificando totalmente così la reale natura della creatura politica da lui fondata e la visione di cui è portatrice.
Una visione che non si può non definire reazionaria e distopica nella sua volontà di rovesciare, superare la democrazia rappresentativa dell’attuale regime repubblicano, per raggiungere un’ indefinita democrazia diretta governata tramite Internet, in cui sciogliere le istituzioni e rendere i cittadini gli unici detentori di potere e garanzie, eliminando come vecchie suppellettili “cose” come partiti, parlamento, elezioni.
Un’ideologia del genere nei sistemi politici occidentali a noi più prossimi verrebbe riconosciuta in quanto tale: strumento inadeguato per le sfide della complessità mondiale contemporanea, permeato di intolleranza politica, agitazione propagandistica totalitaria e tecnocraticismo. In Italia, invece, il circo mediatico – emanazione di un establishment economico-relazionale sempre in cerca di sottomettere il potere politico – lo ha elevato a modello con cui confrontarsi, cercando in questo modo di guidarlo verso i propri scopi e fini (l’abiura al divieto di presenziare nei talk-show, ormai invasi quotidianamente dagli esponenti pentastellati, è uno degli esempi più clamorosi di questa normalizzazione).
Roberto Casaleggio rischierà quindi di essere ricordato più come utile idiota prestato agli interessi e agli istinti conservatori del Paese, rappresentati in qualità di megafono proprio dal movimento da lui fondato, più che inventore di una forza rivoluzionaria che avrebbe dovuto “aprire come una scatoletta di tonno” un sistema ingessato e profondamente superato. Chissà se sia stato questo invece, alla fine, il suo vero obiettivo: ricostruire la rappresentanza conservatrice italiana dopo le macerie del ventennio berlusconiano, liquidando come anacronistica e ingannatrice la storica dicotomia destra-sinistra. In fondo, il vero Partito della Nazione.
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