Parlamento

Caro Pd, cara Antimafia, complimenti: siete riusciti a squalificare il voto

29 Maggio 2015

Nemmeno le gazzette più fantasiose avrebbero mai immaginato un finale di Antimafia così surreale, con il candidato campano Vincenzo De Luca scodellato caldo caldo nella compagnia degli impresentabili, perché, dice la Commissione, su di lui «pende un giudizio per il reato di concussione continuata», che risale al maggio ’98. E buttarlo nel mischione infernale dei reitetti, i cui curricula gronderebbero di delinquenza pura, scatena la solita faida all’interno del Partito Democratico, e di questo potremmo anche farcene un baffo, ma interviene a gamba tesissima ad appena un giorno dal voto.

Sembra tutto così calibrato perchè la decisione dell’Antimafia, che ha i tratti feroci del suo presidente Bindi, assuma i contorni di una vendetta epocale, una vendetta costruita per accumulo, umiliazioni, rancori pregressi che datano i tempi della rottamazione, e che si definisce perfettamente nella beffa maxima subita da un presidente del Consiglio che la sera precedente, a Virus su Raidue, si diceva sicuro che “tanto quegli impresentabili non li voterà nessuno, sono destinati al nulla”. E adesso che c’è anche il «suo» candidato subìto, Vincenzo De Luca, che tra l’altro vuole denunciare la Bindi e la invita “a un pubblico dibattito per sbugiardarla”?

È chiaro che a questo punto sono elezioni fasulle e, se solo si potesse, andrebbero annullate con bolla papale. Saranno elezioni-puttanata, e lo sputtanamento, come direbbero Cochi e Renato, sarà planetario e non più contenibile nei termini ristretti della sola Campania. Nessuno ha fatto la sua parte e se qui c’è un solenne vincitore pre-elettorale, al quale comunque andrà dato un cavalierato per avere disvelato in maniera crudele la debolezza delle istituzioni repubblicane, questi è proprio De Luca, il quale ha tracciato un solco che sicuramente farà futura giurisprudenza: fottersene ampiamente delle regole e delle leggi (con la complicità consapevole e silente del presidente del Consiglio).

È stata una prova di forza straordinaria, su cui nessuno all’inizio avrebbe scommesso un cent, ma che ha visto De Luca battersi come un leone per imporre la sua legge della giungla. Gli altri, tutti gli altri, opposizioni comprese, si sono messi paura, letteralmente paura fisica perché il livello dello scontro si era alzato a livelli pericolosi, e in questa tensione nessuno si è più sentito in grado di intervenire. Sino alla decisione della commissione Antimafia, che rimette molte delle cose in discussione.

Adesso che il pateracchio è completo, arrivano le anime belle alla Orfini che accusa la Bindi di “aver piegato le istituzioni ai propri fini di battaglia interna al Pd”, seguito da altri improbabili colleghi tipo Ermini, Puglisi, Marcucci, che gridano alla vendetta personale della impareggiabile Rosy. “Con lei tornano i processi in piazza”, questo il ritornello.

Qui due cose andranno dette.

Sul Partito Democratico e sulla commissione Antimafia a presidenza Bindi. In questa vicenda il Pd è stato semplicemente ridicolo, e da subito. Non ha preso posizione, ha subìto la vittoria di De Luca alle primarie, non lo ha assecondato per un lungo tratto della campagna elettorale, per poi abbracciarne la battaglia alla fine per manifesta inferiorità. Anche in queste ore, mai si sarebbe immaginato “l’apparizione” di De Luca nella lista degli impresentabili, per cui viveva sul velluto e con la massima serenità la presentazione di questa pattuglia del disonore, quasi sollevato che fosse in qualche misura l’Antimafia a indicare agli elettori chi votare e chi no. Renzi si beava, anche a buon diritto, della pulizia delle sue liste, quando la macchia, e che macchia, si è presentata in zona Cesarini. Chi è causa del suo mal…

Sulla commissione Antimafia. In presenza di una democratica consultazione elettorale, è la prima volta a memoria d’uomo che una commissione parlamentare di quel peso traccia i valori etici dei candidati a poche ore dal voto. Con quale diritto morale, si dirà. Nessuno. Ma anche con quale liceità istituzionale (anche se questo passaggio rientrava nei suoi poteri). È un precedente pericoloso, soprattutto perché molta parte della politica credeva di risolverla in bagattella con un pacchetto di nomi del tutto imbarazzanti, quando poi è spuntato il fiore dei fiori. Un possibile presidente di regione, l’uomo più controverso di quest’ultimo scorcio di storia italiana. È chiaro che non è più un voto regolare. È un voto inquinato. Se solo si potesse, sarebbe da annullare la consultazione in Campania. Ma si voterà, vedremo con quali esiti.

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