Parlamento

Il centro non è più moderato

22 Settembre 2022

Il centro della politica italiano appare da trent’anni come un buco nero capace di risucchiare chi si avvicina. Il disastro di Scelta Civica del 2013 è solo la punta dell’iceberg di tutti quei movimenti che hanno cercato uno spazio moderato, alternativo al bipolarismo destra-sinistra. Solo Pierferdinando Casini, vecchia volpe della prima repubblica, continua a mantenere un ruolo centrale.

Oggi, il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi potrebbe avere migliori fortune, perché il loro stile è completamente diverso da chi li ha proceduti. Personaggi come Marco Follini, Mino Martinazzoli, Andrea Riccardi (e per certi versi anche Gianfranco Fini) hanno provato a occupare un centro politico, smussando sia i toni che i programmi dei due poli principali.

 

  • Calenda e Renzi contro tutti

Come analizzato anche da Paolo Manfredi, Calenda e Renzi sono destinati a incontrarsi perché, invece di moderare il dibattito politico, lo rendono più aggressivo. Possono stare insieme per poter attaccare tutti gli altri, visto che non sono divisi tanto dai programmi quanto dalle loro personalità strabordanti.

Sembrano issarsi a salvatori della patria, come se tutti gli altri partiti fossero incompetenti. Certificano così il populismo altrui, come se i loro economisti, capitanati da Luigi Marattin, fossero chiamati a vagliare i programmi di tutti i partiti. Peccato che per quanto l’economista renziano sia un buon accademico, non fa altro che seguire una delle tante correnti di pensiero, quella neoliberista. Non ha quindi la verità in tasca.

Il terzo polo crede in un neoliberismo dove i ricchi producono valore e i poveri lavorano sodo per raccogliere la ricchezza generata dalle élite. In questa visione non c’è spazio per il reddito di cittadinanza o per l’intervento statale. I cittadini devono rimboccarsi le maniche, indipendentemente dalle condizioni di lavoro e dalle loro possibilità effettive. Sono ormai trent’anni che il mondo occidentale applica queste ricette senza successo.

Tra l’altro, i partiti del centro liberale europeo mettono spesso al centro le questioni dei diritti civili. Al contrario, il terzo polo italiano non ne fa cenno.

 

  • Un’alleanza necessaria

Oltre alla medesima visione del mondo, Renzi e Calenda soffrono di problemi politici che possono risolvere insieme. Il leader di Italia Viva detiene una piccola classe dirigente, ma è privo di elettorato. Carlo Calenda ha i voti ma non ha un partito, tanto che il presidente di Azione, Matteo Richetti, è nei guai per una storia di sesso.

Se non si fosse unito a Calenda, Renzi sarebbe rimasto fuori dal parlamento. Se non si fosse alleato a Renzi, Calenda avrebbe eletto un gruppo parlamentare dove Mara Carfagna avrebbe spiccato per competenza e serietà. Alleandosi con Renzi, Azione acquisisce uomini e donne, come Ettore Rosato e Maria Elena Boschi, che conoscono meglio la macchina parlamentare.

Il terzo polo rappresenta quindi la necessaria alleanza tra un politico e un comunicatore spregiudicati. Ricordiamo che oltre alle giravolte rocambolesche, Renzi ha plasmato la pubblica amministrazione durante il suo mandato di primo ministro e continua a detenere importanti sacche di influenza nel PD.

Il leader di Azione segue invece l’adagio berlusconiano per cui è importante essere sempre sulla cresta dell’onda. Oggi è uno dei politici più presenti sui social media, impegnato a intervenire su tutto e a rispondere a chiunque, talvolta in malo modo. Spesso scrive vere e proprie castronerie, ma non se ne cura. Questa presenza continua e bellicosa potrebbe però stancare gli elettori moderati.

 

  • Il populismo delle élite

Nei tweet di Carlo Calenda si denota un populismo elitario, volto a scontentare la gente pur di prendere le decisioni che si considerano necessarie per onor di patria. Non importa quanto queste decisioni siano contradditorie.

Ad esempio, da Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda non ha mai avuto intenzione di utilizzare la mano pubblica per riportare in funzione l’acciaieria  di Piombino, perché doveva essere il mercato a risollevare l’industria. Oggi, Calenda lotta per installare un rigassificatore nel porto di Piombino, in modo da fronteggiare la crisi energetica. Visto che i piombinesi si oppongono, il leader di Azione ha proposto di militarizzare l’area.

Riassumendo: quando la politica deve prendere decisioni a favore di un territorio, non può farlo perché ci deve pensare il mercato; quando invece deve prendere decisioni contro l’interesse di una città, manda l’esercito per tutelare un supposto interesse nazionale.

 

  • Gli elettori del Terzo Polo

A livello elettorale, i due leader saranno votati da tanti ex democristiani che li ritengono spendibili a livello internazionale, seppur esuberanti. Si accoderanno inoltre le élite che vogliono tutelare i propri interessi e i liberali classici che credono in buona fede alle ricette economiche neoliberiste. Ipotizzo anche un’altra categoria, nata dagli insulti che piovono sulle pagine Facebook e Twitter di chi osa criticare i due leader.

Chiamerei questa categoria “gli ultra meritocratici”. Rappresentano una piccola percentuale della popolazione che si sente più intelligente della media e che ha avuto una vita soddisfacente dopo aver fatto più o meno sacrifici. Tali elettori si battono affinché l’Italia sia governata dai migliori, tramite un processo meritocratico con il quale si acceda al governo o all’amministrazione cittadina.

Nella loro ottica, l’Italia dovrebbe trasformarsi nella Cina Imperiale, dove i mandarini erano scelti attraverso rigorosi esami. Il loro supporto a nobili e imperatori era cruciale per amministrare lo stato e ha ben funzionato per 4.000 anni. Vedo difficile applicare questo sistema all’Italia odierna. Specialmente, se saranno chiamati a realizzarlo un politico spregiudicato e un dirigente d’azienda con le spalle ben coperte sia dalla famiglia materna che paterna. Entrambi rappresentano meglio il sistema delle caste indiane che il mandarinato cinese.

I due potrebbero ottenere un risultato dignitoso, grazie ai voti che arriveranno dalle zone centrali delle grandi città. Potrebbero gridare al successo se raggiungessero un 8% che permetterebbe al terzo polo di superare Forza Italia. Ma proprio non capisco perché noi dovremmo votarli.

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