Parlamento

Di bit, rappresentanza e leggi elettorali

12 Ottobre 2017

A pochi mesi dalla fine della legislatura il Parlamento si appresta ad approvare  una nuova legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum bis, che sembra persino peggiore delle due leggi precedenti (Porcellum e Italicum), entrambe dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale.

Tra le tante brutture del nuovo sistema di voto, la più nefasta è la scarsissima rappresentanza che esso garantisce, fallendo quindi nel suo scopo principale – che, in una Repubblica parlamentare, non è scegliere un capo di governo, ma formare due assemblee rappresentative degli orientamenti politici dei cittadini.

Per chiarire questo aspetto, è utile analizzare le elezioni nei termini della Teoria dell’Informazione: il voto è, in effetti, un processo di comunicazione da una sorgente, l’elettore, a un ricevente, lo Stato.

Sappiamo che la minima quantità di informazione che può essere trasferita è il bit, che corrisponde alla scelta tra due opzioni alternative (rappresentate dalle due cifre del sistema binario, o binary digits: 0 e 1); è ciò che accade nei referendum o nei ballottaggi, quando all’elettore è consentito esprimere un o un no, oppure scegliere tra i due candidati più votati.

Nelle elezioni politiche, il cittadino vota chi dovrà rappresentarlo in Parlamento: è essenziale quindi che le idee del candidato prescelto corrispondano alle sue sul maggior numero possibile di temi e, in particolare, su quelli che gli stanno più a cuore.

Per esemplificare, consideriamo tre temi: economia, ambiente e diritti civili; per ciascuno di essi limitiamoci a due diverse opzioni, cioè alle alternative tra liberismo e protezionismo (L/P), energie fossili o rinnovabili (F/R), pro matrimonio egualitario o tradizionale (E/T). Come si può facilmente verificare, le possibili combinazioni delle tre opzioni binarie sono otto (LFE, LFT, LRE, LRT, PFE, PFT, PRE, PRT) e corrispondono al profilo di otto diversi candidati: il primo è un liberista, fossilista e egualitarista, mentre l’ultimo è un protezionista, ambientalista e tradizionalista. Per essere perfettamente rappresentato sui tre argomenti, l’elettore dovrebbe poter scegliere il ‘suo’ parlamentare tra questi otto: avrebbe così trasferito in Parlamento tre bit di informazione sui propri orientamenti politici.

Più in generale, la teoria dell’informazione spiega che con M temi e, per ciascuno, N opzioni alternative – perché la scelta può essere binaria, ma anche più “variegata” – il numero di possibili combinazioni è N elevato alla M (ad esempio, 4 temi con 3 opzioni diverse ne hanno ben 81!)*; per dare rappresentanza su più temi, o per discernere con più precisione le possibili posizioni su ciascuno di essi, è quindi necessario un numero molto elevato di candidati – ma, soprattutto, è necessario che l’elettore possa individuare e scegliere quello “giusto” (l’etimologia di eleggere è il verbo eligere, cioè “scegliere”).

Il Rosatellum bis è manchevole su entrambi gli aspetti. L’elettore, infatti, può esprimere un solo voto, con il quale sceglie un partito; il suo voto viene automaticamente trasferito sia al candidato del collegio uninominale sostenuto da quel partito che alla mini lista bloccata (del partito stesso) nel proporzionale. Poichè il meccanismo maggioritario incoraggia i partiti a coalizzarsi nel sostenere uno stesso candidato uninominale (per dargli più chances di vittoria), in ogni collegio ce ne saranno probabilmente 4 o 5; l’elettore dovrà quindi accontentarsi di trasmettere in Parlamento al più due bit di informazione (nella fortunata ipotesi che i candidati si distinguano proprio sui due temi che più gli interessano). D’altra parte, il meccanismo delle candidature plurime (fino a 5 collegi) nell’uninominale e le liste bloccate nel proporzionale impediscono all’elettore di individuare con precisione il futuro deputato o senatore che verrà eletto col suo voto; il risultato finale è quindi un netto deficit di rappresentanza.

La scarsa capacità rappresentativa del Rosatellum bis non è peraltro compensata da una maggiore probabilità che dalle urne esca una maggioranza coerente, in grado di governare: infatti, i candidati uninominali sono pochi (solo un terzo al Senato) e non è previsto (né potrebbe esserlo) alcun “vincolo di stabilità” per le coalizioni che li sostengono; di conseguenza, le alleanze  pre-elettorali saranno poco più di una messinscena.

La sensazione, alla fine, è che questa legge elettorale – imposta al Parlamento e al Paese con un voto di fiducia – serva a garantire soprattutto la rappresentanza parlamentare dei capi di partito, che potranno nominare i candidati uninominali e quelli delle liste bloccate selezionandoli tra i loro fedelissimi: un corto circuito che non potrà che debilitare ulteriormente la nostra già fragile vita democratica.

 

*in questo caso la quantità di informazione trasmessa è H=MlogN, dove “log” è il logaritmo in base due. Si veda ad es. Pierce, An Introduction to Information Theory)

 

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