Parlamento

Caro Civati, ammetti la sconfitta se vuoi (almeno) l’onore delle armi

30 Settembre 2015

Partecipare alla derisione di Pippo Civati è la tendenza social delle ultime ore, specie tra i renziani che vivono l’esperienza politica dell’ex compagno di Leopolda come un fastidio. I referendum promossi da Possibile, infatti, non hanno raggiunto la soglia delle 500mila firme. L’ammissione è arrivata dai canali di comunicazione web e social del deputato fuoriuscito dal Partito democratico per fondare un nuovo progetto politico.

Il risultato era stato preventivato dagli osservatori più esperti, nonostante la (ovvia) professione di ottimismo dei promotori, che attendevano – con un po’ di smarrimento – qualche notizia dopo il #battiquorum delle ultime settimane. A partita chiusa si può conferma che la sfida era gigantesca, ragion per cui a Civati – spesso accusato di non rischiare mai – va riconosciuto un grande coraggio. Ha avuto un approccio privo di timori, avviando la raccolta firme nel cuore dell’estate, senza avere il supporto di un partito già strutturato. Possibile, al momento, è l’idea di una proposta politica: una fase anche prima che embrionale. Perciò, al posto di cominciare le lamentazioni sulla mancata visibilità mediatica è più opportuno comprendere cosa non ha funzionato.

Il summenzionato coraggio deve essere suffragato nell’ammissione della sconfitta, perché altrimenti non può essere concesso per intero l’onore delle armi. Niente “non vittorie” di bersaniana memoria, per intenderci. Il post pubblicato sul blog, in cui Civati, cui parla del mancato raggiungimento delle firme ha un titolo che desta qualche perplessità: “Renzi l’ha scampata (ma per poco)”. Chiamare in causa il presidente del Consiglio è quantomeno un atto improvvido, in quanto finisce per alimentare l’ordalia di ironie dei renziani duri e puri. Ma soprattutto non affronta il fulcro della questione: di quanto è stato mancato davvero l’obiettivo? La valutazione, inutile girarci intorno, è legata proprio a quel dato, da cui bisogna avviare – nei prossimi giorni – un’analisi, senza avere pietà sull’autocritica. Al momento la prima spiegazione di Civati solleva addirittura qualche dubbio sulla capacità organizzativa della campagna referendaria, che è un lavoro molto complicato da un punto di vista prettamente tecnico:

Troppi moduli sono ancora nei comuni in cui sono stati riempiti, e troppi altri sono ancora in viaggio, speriamo di poterci fare un’idea più chiara a breve. Per questo motivo, diversamente da quanto avevamo sperato, oggi pomeriggio non andremo in Cassazione a consegnare le firme.

Insomma, Pippo Civati ha presentato Possibile come un progetto politico del tutto innovativo, al di là delle etichette politiche. E adesso ha l’occasione di dimostrarlo. Ammetta la sconfitta, dicendo le cose in maniera chiara, lasciando stare per una volta Renzi ed evitando gli elogi sulla “mobilitazione straordinaria”: sarebbe stato straordinario il raggiungimento delle 500mila firme, non altro. Quello che interessa è perciò il dato numerico, da cui trarre considerazioni politiche. Per capire se davvero Possibile contiene qualcosa di nuovo, sin dalle difficoltà iniziale, comunicando senza reticenze anche l’entità della stessa sconfitta; oppure, come tutte le forze politiche, se alla prima debacle cerca appigli e si chiude nel comportamento permaloso… simil renziano.

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