Parlamento
Altro che lavorare il weekend, il parlamento batte la fiacca di mercoledì
Mariotto Segni, che un tempo fu uno dei protagonisti della Repubblica Italiana, pascola nei corridoi. Peppe Vacca, presidente dell’Istituto Gramsci, passeggia in Transatlantico con la sempre elegante Barbara Pollastrini, deputata democrat tendenza Cuperlo. Marco Donati, enfant prodige del renzismo toscano, siede in un divanetto e maneggia con l’iphone. Carlo Dell’Aringa, docente di economia politica alla Cattolica e alla prima legislatura, si concede un sano shopping, fra le vie della Capitale, accompagnato dalla dolce metà. Benvenuti nel mercoledì da leoni del Parlamento italiano. La settimana corta, cortissima di Montecitorio batte ogni record e inizia anzitempo. Lunedì una breve seduta pomeridiana. Martedì, schermi spenti e niente aula. Mercoledì soltanto interrogazioni e interpellanze. Fu Renzi, ospite al salotto di Bruno Vespa, ad assicurare che “da ora in avanti (era il mese di ottobre) i parlamentari lavoreranno anche al venerdì e al sabato”. Annuncio che di fatto rimase tale. E per quale ragione gli onorevoli “nominati” non rispettano il diktat di Palazzo Chigi? Questa volta la vulgata vuole che la colpa sia da addossare alle commissioni Lavoro e Bilancio che in queste ore stanno esaminando due delicati provvedimenti come il Jobs Act e la legge di Stabilità. Questa la versione ufficiale. In realtà, lo spiffero che corre con insistenza sussurra altro, e vuole che l’attività parlamentare sia stata congelata “per consentire ai deputati di mobilitarsi per le regionali in Calabria ed Emilia Romagna”. Ecco perché ieri sera il partito dei “trolley” fuggiva verso aeroporti e stazioni.
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