Parlamento
4 dicembre 2016
È passato solo un mese dal referendum costituzionale eppure sembra una vita. Si è capito subito, il 5 dicembre scorso, che nulla sarebbe stato più come prima. Tutti, a cominciare dal premier Renzi, ne hanno preso atto, bon gré mal gré.
Ma quali messaggi sono partiti quel 4 dicembre? Eccone alcuni.
1) La grande affluenza. Ha votato il 65% degli aventi diritto, una percentuale record se paragonata ai precedenti referendum costituzionali (ottobre 2001, affluenza 34%; giugno 2006, affluenza 52%) e ai precedenti referendum abrogativi (da decenni sotto il quorum, fatta eccezione per quelli del giugno 2011 che arrivarono al 54% degli aventi diritto).
L’affluenza al referendum del 4 dicembre si avvicina più ai valori delle elezioni politiche (75% nel febbraio 2013, 80% nel 2008) e a quelli delle elezioni amministrative (62% nel 2016, 67% nel 2011).
Anche da questo punto di vista si è trattato di un voto dal valore molto “politico”.
2) La mancanza di un quorum ha forse spinto i sostenitori del No ad uscire allo scoperto, là dove nei referendum abrogativi si può votare “con i piedi” (non andando a votare) per far prevalere lo status quo.
3) La relativa chiarezza dei quesiti (vuoi superare il bicameralismo paritario, ridurre il numero dei parlamentari, contenere i costi della politica, eliminare il CNEL….?) ha giocato anch’essa a favore della partecipazione.
4) Poi vi è stato il vero quesito assegnato al referendum, in primo luogo dallo stesso Renzi e a seguire dei media e dai comitati del Si: l’ordalia pro o contro il governo. Un quesito quasi irresistibile in un periodo di crisi economica e disagio sociale. Un’occasione da non perdere per denunciare l’insoddisfazione, la rabbia la delusione dei cittadini negli anni dell’incertezza e della negazione.
Come diceva Montale “Non chiederci la parola…” ma se ce la chiedi è No: “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.
5) Il risultato è stato netto: 19,4 milioni di No (59%) contro 13,4 milioni di Si (41%). Tutto il Sud con percentuali di No sopra la media nazionale (tra il 60% e il 70%).
No perché la situazione economica non va.
No perché i pilastri della Costituzione del ’48 non si toccano.
No perché le regole del gioco costituzionale si cambiano con un ampio lavoro parlamentare sostenuto dalle intese di maggioranza e opposizione.
L’eterogeneità del fonte del No rende lecite molte diverse letture dei risultati. Tuttavia, dopo il 4 dicembre, il percorso delle riforme si semplifica ma il gioco politico si complica maledettamente: i cittadini chiedono risposte ma gli strumenti della politica, complici i molti errori dei suoi protagonisti, non sembrano funzionare.
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