P.A.

Work in progress per la PA digitale: lo dice il Parlamento

9 Novembre 2017

Come se la cava la Pubblica Amministrazione sul fronte digitale e dell’e-government? Non egregiamente, purtroppo per noi cittadini e per il Paese.

Lo dicono gli indici internazionali, come il Digital Economy and Society Index (DESI), che analizza la connettività, il capitale umano, l’uso di Internet, l’integrazione degli strumenti digitali in ambito aziendale e la digitalizzazione della pubblica amministrazione e che ci posiziona al 25esimo posto in Europa nella classifica generale e al 21esimo in quella sui servizi pubblici digitali.

Lo rimarca certamente anche la Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione della PA e sui sugli investimenti in ICT, che ha concluso il suo mandato qualche giorno fa.

La Commissione ha infatti approvato all’unanimità la relazione su questi primi 12 mesi di lavori ed audizioni, caratterizzati da un ritmo incalzante e quasi straordinario se considerati i ritmi medi dei lavori parlamentari. Questo a testimoniare sicuramente una grande volontà ed impegno di alcuni parlamentari, in primis del Presidente Coppola, ma anche una situazione che meritava certamente un esame approfondito, sia per comprendere lo status quo, destreggiandosi all’interno della complessa governance del digitale in Italia, sia per mettere a punto una solida base di dati, informazioni e considerazioni utili allo sblocco di fasi di stallo, alla risoluzione di problemi ed al miglioramento di alcuni processi in atto.

A riprova della rilevanza del percorso avviato, la Camera ha approvato ieri all’unanimità la proroga dei lavori della Commissione fino alla fine della legislatura.

 

Cosa emerge dalla relazione finale della Commissione sulla digitalizzazione della PA

 

Dalla richiesta di proroga presentata alla Camera dai deputati e dalla relazione finale della Commissione è chiaro sin da subito quanto la Commissione abbia faticato ad imprimere un ritmo di lavoro soddisfacente, in primis a causa della scarsità di dati ed informazioni sul livello di digitalizzazione delle amministrazione e della difficoltà nel trovare interlocutori competenti da portare ascoltare in audizione. Quest’ultimo l’ennesimo sintomo di quanto la nomina dei “Responsabili digitali” in ogni amministrazione, prevista dal Codice dell’Amministrazione Digitale, non sia la regola, bensì l’eccezione.

Inoltre, l’adesione alle infrastrutture immateriali messe a disposizione per tutte le amministrazioni (Spid, PagoPA, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente etc.) appare il più delle volte come un semplice atto di adempimento alla norma piuttosto che una sferzata di innovazione e cambiamento di paradigma.

Infine, il digitale non sembra essere un tema strategico e prioritario per la pubblica amministrazione, bensì episodico e marginale: questa una delle conclusioni più inquietanti racchiuse nel testo della relazione.

 

La rilevanza dei lavori della Commissione

 

A prescindere dai risultati emersi dai lavori della Commissione, è importante porre l’accento su alcune ulteriori considerazioni di metodo e di merito.

La prima: gli indicatori sono utili strumenti per la lettura di un fenomeno, è vero, ma raccontano solo una parte della storia; l’altra parte, quella più interessante, più aderente alla realtà, più utile per comprendere i punti di forza e di debolezza delle misure messe in campo, ce la può raccontare solo chi la vive sulla propria pelle quotidianamente.

Ed è questo che ha reso il lavoro della Commissione quasi un unicum nel suo genere: ha coniugato ascolto, metodo ed efficacia nella presentazione ed astrazione dei risultati emersi. E, non meno importante, ha fatto breccia fra gli spessi muri degli uffici ministeriali, alla ricerca di informazioni, dati e interlocutori fra i silos della PA italiana, solitamente inespugnabili.

La seconda considerazione riguarda l’approccio di indagine. Uno degli elementi più interessanti è che non soltanto la Commissione si è occupata di ascoltare ed indagare, ma ha anche cercato di misurare, seppur in maniera abbastanza qualitativa, un livello di digitalizzazione.

La pubblica amministrazione non applica normalmente alcun tipo di misurazione nè di approccio strategico . La pubblica amministrazione si muove costruendo processi sulla base delle norme.

Bisogna invece dare merito alla Commissione, così come ai decisori di Governo degli ultimi anni, di aver tentato di scardinare l’approccio dell’adempimento, per cercare di sostituirlo con quello strategico: si sono susseguiti i piani di crescita digitale, l’Agenda digitale italiana e, da ultimo, il Piano Triennale per l’ICT nella PA, un documento che racchiude la strategia di investimenti ed obiettivi digitali dei prossimi tre anni.

I piani strategici non risolvono i problemi, certamente, ma possono delineare una strada chiara e condivisa per tentare non solo di risolvere i problemi esistenti, bensì di anticipare i cambiamenti futuri, analizzando in maniera dettagliata le risorse, il contesto, e ponendosi obiettivi di medio/lungo periodo.

 

L’eredità della Commissione: il digitale deve rimanere una priorità

 

Non da ultimo, la rilevanza del lavoro della Commissione dipenderà anche dalla sua eredità.

Affinchè l’inquietante conclusione emersa dalla relazione di fine lavori, secondo cui il digitale ricoprirebbe attualmente un ruolo molto marginale all’interno delle amministrazioni, rimanga soltanto il ritratto del presente e non del prossimo futuro, è necessario che il pacchetto di informazioni raccolto con dedizione da questa Commissione venga studiato ed utilizzato dai prossimi decisori politici.

Se non vogliamo ritrovarci ad inseguire un cambiamento impossibile da governare, nessuna sosta sarà permessa al prossimo Governo su questo tema.

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