Costume

una democrazia meritocratica è possibile

24 Luglio 2016

In Italia si sente spesso parlare di meritocrazia come cura miracolosa non solo dei sintomi, ma anche dei mali del paese quali inefficienza, corruzione, gerontocrazia e clientelismo. Parte di un dibattito internazionale imperniato sulla necessità di proporre nuovi modelli organizzativi degli apparati amministrativi e nella definizione di nuovi criteri formativi delle classi dirigenti per affrontare al meglio le nuove sfide globali. Ma le peculiarità socio-economiche dei singoli Stati non hanno consentito di delineare alcun modello condiviso.

Ad esempio in Francia, la maggior parte di coloro che riescono ad accedere alle grandi scuole di eccellenza ( Grandes ècoles ) e alle classi preparatorie ( Classes prèparatoires ), ricevono la qualifica di funzionari, uno status che consente di lavorare per lo Stato avendo un posto sicuro per un certo numero di anni con la garanzia di percepire un buon salario.

Negli Stati Uniti il merito è ricercato in maniera ossessiva e la sua remunerazione è più elevata rispetto ai livelli dei maggiori stati europei. Un merito esclusivo che anche se restringe, anziché allargare, il vertice piramidale della società, consente a chi arriva da college meno prestigiosi con prestazioni brillanti nelle selezioni di accesso di accedere alle migliori università grazie alla filantropia meritocratica, che non si lascia sfuggire i più bravi e motivati e ad un sistema privato di assicurazioni e di fondi specializzati che permettono ai genitori di poter pagare l’università ai propri figli.

In Italia il sistema di valori è meno meritocratico rispetto quello di altre società, come ad esempio quella nord-americana e scandinava, più capaci di assicurarsi la classe dirigente migliore. Un ritardo causato da numerosi fattori, tra i quali la forza abnorme della famiglia italiana dove l’azienda di famiglia viene tramandata di padre in figlio anche quando le capacità dello stesso lo sconsiglierebbero. Ma anche per la presenza, per molte professioni, di un mercato ristretto a pochi, dove grazie alle limitazioni imposte dagli ordini professionali e dalle lobby, i futuri professionisti non sempre vengono selezionati valutandone le capacità ma grazie a rapporti di amicizia e di parentela. Il pensiero comune è che si propongono lodevoli iniziative per sventolare la meritocrazia ed il merito ma poi alla fine quelli che salgono sul podio, sono sempre i raccomandati e/o persone di dubbia capacità, mentre chi realmente dovrebbe stare li non riesce ad emergere e ad affermarsi ed è costretto ad andare all’estero.

E’ possibile dunque delineare criteri comuni che permettano di definire i concetti di merito e di meritocrazia?

Il significato letterale della parola merito deriva dal termine latino meritum ( beneficio, premio, compenso ) al quale vengono associati i termini greci axios, che indica la misurazione del valore di una cosa o di una persona, e Kleos che indica ciò che gli altri riconoscono di speciale in qualcuno o per cui sono speciali certe azioni. La meritocrazia può essere definita come la concezione della società in base alla quale le responsabilità direttive, in particolar modo le cariche pubbliche, dovrebbero essere affidate ai più meritevoli, ossia a coloro che mostrano di possedere in maggior misura intelligenza e capacità naturali, oltreché di impegnarsi nello studio e nel lavoro.

La convivenza tra il pensiero meritocratico e l’istituzione democratica non è tra le più semplici in quanto si oscilla tra i promotori della meritocrazia democratica ( ispirati al pensiero del filosofo greco Platone che nella Repubblica parla di una città ideale in cui a governare sono solo i saggi ) ai fautori della democrazia ( una democrazia diretta come quella proposta da Jean-Jacques Rousseau dove ogni testa vale un voto e la maggioranza vince ).

Secondo i promotori del pensiero meritocratico l’ordine ed il benessere non giungono per caso in quanto, in una società inserita in un contesto di libero mercato, rappresentano il frutto dell’impegno e del talento individuale. Un merito individuale portatore di benefici per tutti in quanto impedisce l’omologazione al ribasso della vita economica e l’irrigidimento dei modelli sociali.

All’opposto, per i critici della meritocrazia, se la democrazia politica estende il più possibile l’uguaglianza tra gli individui ( a prescindere dalla condizione sociale e dalle capacità individuali dei suoi membri ), la meritocrazia ne esalta invece le differenze, violando così i principi di giustizia democratici. Violazioni che saranno esplicite se chi nasce svantaggiato non verrà messo nella condizione di sviluppare le proprie capacità, sostanziali (  dunque meno evidenti ) quando, pur essendo alla pari come condizione sociale, ci si troverà comunque discriminati: ad esempio la discriminazione di genere nell’ambiente di lavoro, l’emarginazione per inclinazione sessuale, per religione, per colore della pelle o per stili di vita. Pensando al merito solo come una sterile gara di capacità tra individui si può correre il rischio di farlo divenire una forma di egoismo. Invece il merito deve rappresentare quello spirito democratico per il quale l’eccellenza diventa il faro illuminante per lo sviluppo e la partecipazione individuale alla vita della comunità.

Sebbene si parli di democrazia meritocratica, nella quale in linea di principio si riconosce a tutti la possibilità di raggiungere l’eccellenza grazie alle proprie capacità e attitudini, il solo merito non può realizzare la giustizia tra i cittadini. Una democrazia meritocratica è fattibile, anzi auspicabile, se salva il merito dalla tentazione di far coincidere merito e successo personale. Vivere per creare qualcosa di nuovo e di bello è un’ambizione civile importante che però deve essere sottoposta al controllo di una democrazia adulta. Una democrazia del merito potrà così realizzarsi se aspetti come dignità, vita, aiuto reciproco saranno al centro della società e del discorso politico.

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