Costume
Less is less: se dai noccioline, arrivano le scimmiette
Il linguaggio non è uno strumento immutabile. Al contrario, esso evolve per adattarsi ai mutamenti della realtà che deve descrivere. Lo si vede, ad esempio nel dibattito politico, dove siamo abituati ad utilizzare modi di dire come “fare più uno”. Il suo significato è legato agli sterili battibecchi che spesso caratterizzano il confronto tra partiti: tu proponi di inasprire la pena per un determinato reato e io propongo di aumentarla ancora di più, io chiedo sgravi fiscali per le start-up e tu ribatti che ci vogliono per tutti. E così via, in una spirale di populismo che spesso serve a poco, se non a raccattare un po’ di consenso.
Vista la piega che ha preso il confronto politico negli ultimi tempi, forse vale la pena di introdurre l’espressione “fare meno uno”, perché l’urgenza demagogica sembra concentrarsi sulla necessità di “tagliare i costi della politica”, come se questo potesse risolvere di colpo tutti i problemi del Paese.
Intendiamoci, nell’idea di abolire alcuni inaccettabili privilegi della classe politica non c’è nulla di sbagliato, anzi, ma quello che francamente mi spaventa è la superficialità con la quale si discute della questione. Se ci si sforza di ragionare più freddamente sui numeri, è inevitabile operare delle distinzioni di buon senso.
In primo luogo, bisogna separare in maniera netta il tema dei compensi nelle amministrazioni comunali da quello riguardanti le prebende di parlamentari e consiglieri regionali, che in effetti possono stridere, soprattutto se paragonate al reddito di comuni cittadini che faticano ad arrivare alla fine del mese. La discussione sui parlamentari innerva sia il dibattito sul referendum del 4 dicembre, sia la recente proposta del Movimento Cinque Stelle, che, appunto, ha cercato di “fare meno uno” presentando un disegno di legge sulla riduzione degli stipendi. Dei consigli regionali si parla meno, anche se il tema sarebbe altrettanto meritevole di attenzione, come si capisce leggendo QUESTO PROSPETTO realizzato da “L’Espresso”.
In Rete si trovano anche diversi tentativi di analizzare la produttività dei nostri rappresentanti nelle istituzioni, che francamente però mi lasciano piuttosto freddo. Sicuramente i dati relativi a presenze, proposte ed iniziative sono utili a dare un’idea, ma sul tema della rendicontazione del lavoro svolto siamo ancora molto indietro, perché la valutazione qualitativa è quantomai difficile.
E’ facile condividere l’idea che i politici siano troppi, ma questo apre una prospettiva molto pericolosa: non vorrei che, a furia di “fare meno uno”, si arrivasse a concludere che è la democrazia stessa a costare troppo, perché in genere queste orge di populismo e demagogia partoriscono soltanto idee malsane.
Totalmente diverso è il tema dei consigli comunali. Forse non tutti sanno che un consigliere non percepisce uno stipendio fisso, bensì un “gettone” per ogni sua presenza. Questo comporta che tutta l’attività svolta sul territorio, per ascoltare le istanze dei cittadini, sia di fatto gratuita, ma, in un modo o nell’altro, se fai il consigliere di una grande città come Milano puoi anche viverne decentemente. Ben altro problema è se, invece, devi conciliare questa attività con il tuo lavoro e qui ognuno trova il miglior punto di equilibrio possibile.
Quanto guadagna un Sindaco? Il dato varia in base alle diverse città, ma QUESTA TABELLA di Forex fornisce un ordine di grandezze. Gli assessori ricevono un’indennità parametrata sul numero di abitanti del Comune amministrato e in proporzione al compenso del Sindaco, che, in alcuni casi, può decidere insieme alla sua Giunta di autoridursi gli emolumenti. Per darvi un’idea, a me è capitato di fare l’assessore in un piccolo Comune e di ricevere un’indennità di meno di 1.000 euro al mese, a fronte di responsabilità che comprendevano il voto su provvedimenti del valore di alcuni milioni.
E’ bene specificare che gli amministratori pubblici rispondono con il proprio patrimonio personale di eventuali danni cagionati alla collettività, attraverso scelte in buona fede. Se c’è malafede, si entra quasi certamente nel campo del penale, ma in quello civile è necessario che ogni amministratore sottoscriva una propria polizza assicurativa, il cui costo è ovviamente a proprio carico.
Ancora meno lontana dall’idea di “casta” è la condizione di un semplice consigliere comunale, che nei comuni più piccoli portano a casa poche centinaia di euro all’anno. Va un pochino meglio ai consiglieri municipali: a Milano (la situazione che conosco meglio, vivendola) il gettone di presenza è di circa 70 euro, per un massimo di 11 gettoni al mese. Se si tolgono le tasse e la percentuale che viene destinata al proprio partito di appartenenza (avete voluto l’abolizione del finanziamento pubblico? Adesso pedalate…), ci si attesta intorno ai 400/500 euro al mese, che comunque raramente ripagano le spese che si sostengono per svolgere il proprio compito in maniera decorosa.
Ora, è del tutto evidente che gli sprechi da arginare non possono certo essere questi. Per un risparmio efficace, basterebbe prendere in considerazione il totale dei parlamentari, dei consiglieri regionali e provinciali e soprattutto della pletora di aziende partecipate ed enti in qualche modo sostenuti dalla Pubblica Amministrazione e quindi diminuirne in maniera raziocinante il numero dei componenti ed il loro compenso.
Umiliare gli enti locali è invece inaccettabile. Pensiamo alla Città Metropolitana, i cui consiglieri lavorano gratis, o al dibattito in corso sul Senato. Il lavoro deve sempre essere pagato, nella misura corretta, e una società che neghi questo principio non può andare molto lontano.
In politica, poi, pensare ad un impegno gratuito è ancora più autolesionistico. Per quanto ci siano molte persone mosse principalmente dall’impegno nei confronti della propria comunità, è impensabile affidare loro delle responsabilità rilevanti in cambio di uno stipendio irrisorio o addirittura inesistente.
In inglese, “spiccioli” si dice “peanuts”, ovvero “noccioline”. Ma se si offrono le noccioline, arrivano le scimmiette: o pensiamo di vivere in un mondo dominato dall’altruismo puro, o dobbiamo concludere che a fare politica low cost sarà solamente chi non trova di meglio da fare o chi, peggio, la fa per perseguire “altri” interessi collaterali.
Per ridare la giusta dignità, anche morale, all’attività politica, non possiamo adottare degli strumenti che, di fatto, la sviliscono. Immagino che si possa pensare che questa mia riflessione è in qualche modo condizionata dal fatto di essere una (piccolissima) parte di questo sistema e di avere quindi qualche interesse in merito. Solo per questo ricordo che io, al contrario, sono uno dei pochi ad essermi veramente autoridotto gli emolumenti, visto nel 2011 nell’allora Consiglio di Zona 7 abbiamo tagliato i componenti delle Commissioni di un terzo, provvedimento che oggi, con il centrodestra al governo, è stato cancellato.
Qualcuno ha obiettato che, restando in vigore la regola degli 11 gettoni, non si trattava di un risparmio reale. Anche a saldi invariati, è del tutto evidente che, con meno consiglieri in ogni seduta, bisognava comunque lavorare di più per arrivare alla fatidica soglia e, soprattutto, si poteva lavorare meglio, perché in una seduta di un’ora con 25 persone, bastava che ognuno parlasse per due minuti per portare a casa il “gettone” senza aver combinato assolutamente niente!
Ecco, se la politica trovasse il modo di lavorare di più e meglio, anziché inseguire proposte demagogiche, sarebbe meglio per tutti. Questa continua rincorsa al ribasso rischia invece di essere il simbolo di un decadimento soprattutto culturale.
Benché i minimalisti dicano “Less is more”, molto spesso “Less” è soltanto “less”.
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