Parlamento

Napolitano, le sue sono insinuazioni: noi amiamo la politica

11 Dicembre 2014

Una “patologia eversiva” parrebbe qualcosa di definitivo, di non più curabile, l’accertamento di un decesso avvenuto. Stesa sul tavolaccio della morgue quirinalizia, senza neppure un ultimo respiro, c’è la politica nella sua forma più virtuosa, e l’anatomo- patologo che si è occupato dell’autopsia è autorevole quanto il cadavere eccellente che sta sezionando: Giorgio Napolitano. Dice nel referto, il nostro presidente della Repubblica, che l’Italia intera è pervasa dal sentimento dell’antipolitica, ne attribuisce solo in parte la responsabilità a se medesimo, cioè alla categoria a cui lui stesso appartiene, ma mette in carico una buona fetta di colpa ai mezzi di informazione che cavalcano questo comune sentire e ne fanno, irresponsabilmente, una bandiera populista. Offrendo così sponda ai Masanielli-avvoltoi che volteggiano sulla nobile carcassa.

È un ragionamento autorevole e dunque meritevole di grande attenzione, soprattutto perché proviene da una personalità che sul senso di responsabilità ha costruito tutto il suo percorso e la sua vita al Colle, ma per paradosso è anche il discorso più provinciale che si poteva ascoltare sull’argomento. È un discorso che, applicato alla criminalità mafiosa, abbiamo già “avvistato” in ben altri contesti, quando per esempio si attribuivano a fiction come la Piovra, e poi tante altre, la responsabilità irresponsabile di centrifugare a cittadini inermi e perbene quel “cattivo sentimento”. Allo stesso modo, il Presidente ci dice che avremmo dovuto (e potuto) raccontare meglio questi anni devastati. Certo non omettendo, questo non avrebbe mai potuto chiederlo, ma almeno tenendo vivo il sentimento della “speranza”. Noi questa speranza non abbiamo voluto vederla, nè l’abbiamo offerta a prezzi di saldo.

Mentre la politica moriva, e ci sono invero voluti moltissimi anni perché ciò accadesse, saliva in parallelo la maledetta anti politica che oggi ha una sua forma compiuta, una sua perfezione “eversiva”. Questo il pensiero del nostro Presidente. In realtà non è mai morta la politica, e Napolitano lo sa bene, la quale essendo una costruzione sociale alla base della crescita umana e che ha forma compiuta e profonda non ha per definizione scadenza. Piuttosto sono morti i partiti, e non per consunzione o avvelenamento traumatico, ma per una evidente e drammatica divaricazione dagli obiettivi prefissati. Che nel corso degli anni non hanno più avuto la minima aderenza con gli interessi primari dei cittadini. È possibile sostenere che senza i partiti non esista più neppure la politica? Sarebbe azzardato sostenerlo ma il Presidente questo fa ed è giusto ascoltarne il dotto parere. Che sia troppo interessato?

I partiti non esistono più nella forma che abbiamo conosciuto e sarebbe puerile mantenerne vivo il ricordo solo perché c’è un’organizzazione sociale che molto gli somiglierebbe e cioè il Pd. Il Partito Democratico non è più un partito politico dal momento in cui fuse due esperienze straordinarie e complesse come la Democrazia Cristiana e l’ex Partito Comunista in un unico accrocco indistinto, senza il tormento, il confronto e lo scontro, senza la possibilità di verificare se davvero un’unione di questo genere si sarebbe mai potuta fare (o solo immaginare). Il Partito Democratico di Renzi  si allontana ulteriormente da quelle forme di un tempo e questo non è affatto detto che sia un male. Neppure avvicinabili a una forma partito l’ormai vecchia Forza Italia, nè il nuovo Movimento 5 Stelle.

I cittadini non si sono allontanati dalla politica, e neppure hanno alimentato la sua forma contraria, cioè l’anti politica. I cittadini semmai hanno tratto la morale finale di “quella” politica e ne hanno decretato la fine. Ciò che ne è nato, che Napolitano definisce impropriamente anti-politica, in realtà si compone di vari sentimenti e anche contrastanti tra loro, dove certo non è esclusa una fetta, magari anche ampia, di populismo distruttivo. Ma dentro c’è il tormento per qualcosa che si è amato (e si ama) moltissimo, c’è lo smarrimento per una via che ancora non si intravede, c’è la paura, una grande paura, che tutto ciò che abbiamo visto in questo anni possa perpetuarsi per un tempo ancora troppo lungo. Siamo in un bosco fitto e buio e non abbiamo lo straccio di una bussola. Ma i cittadini amano perdutamente la politica, la amiamo al punto da considerare un’offesa personale le insinuazioni del Presidente della Repubblica.

 

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