Partiti e politici

Ma siete pazzi a sostenere che la sinistra è disonesta come la destra?

8 Dicembre 2014

Scorrendo le pagine di questo quaderno criminale, sembra quasi che i partiti politici siano nati molto prima dell’animo umano, così invertendo l’ordine dei fattori che abbiamo universalmente conosciuto con la Creazione. E che siano stati proprio i partiti, investiti della missione celeste, ad affiancare al banalissimo sentimento dell’onestà un quid (a piacere) di disonestà parallela in modo da formare un mondo meno scontato e prevedibile. Sembra appunto questo l’ordine universale che si è andato formando, anche in virtù di un sentimento popolare che in questi momenti sta sottraendo porzioni di ragionevolezza a un più distaccato e responsabile esame della situazione. Racconta il magistrato anti-corruzione Raffaele Cantone, mentre gira l’Italia come una madonna pellegrina, che i cittadini lo fermano e gli urlano una sola frase: «Arrestateli tutti!». E quando poi li abbiamo arrestati tutti?

Parte di questo impazzimento è il potente ritorno ai fasti di una volta della contrapposizione tra destra e sinistra, proprio nel tempo in cui Matteo Renzi sembrava aver riunito le due anime sotto lo stesso tetto. Succedaneo renziano per via di fidanzata democrat è Massimo Giletti, il quale nel corso della sua ultima “Arena” domenicale s’infuriava sino a farsi paonazzo con chi cercava di sottolineare certe minime differenze politiche.  “Ma basta con questa storia – urlava il demagogo Gil – sono stufo di sentir parlare di destra e di sinistra in questa situazione, noi cittadini dobbiamo ribellarci…”

Se Giletti è stufo di sentir parlare di destra e di sinistra, di che e di cosa dovremmo parlare, di grazia? Per fortuna, si addestra alla bisogna Pierluigi Battista sul Corriere per dire, in fondo, che la sinistra non può disporsi, come anima bella, a difesa di un’integrità che appare decisamente violata, parlando di semplici casi agevolmente da circoscrivere. E che se la responsabilità penale è personale, quella politica investe il partito nel suo complesso, nelle sue radici. Ma anche in questo caso, certamente con più profondità, si cerca solo di dimostrare che nel mondo della disonestà spinta, in fondo destra e sinistra pari sono. È davvero così?

Sarebbe davvero così se il sentimento dell’onestà, ammesso che sia un sentimento, provenisse da uno stato d’animo, da una riflessione profonda, da una scelta possibile che si compie nei primi anni della maturità, da un’attitudine culturale. In questo caso, dunque, considerarla una scelta di campo, uno stare o di qui o di là, un essere onesto o non esserlo. Ma l’onestà non è frutto di una felice disposizione verso il bene contratta come un virus, anche se la sinistra ha sempre considerato tutto questo come appannaggio esclusivo rispetto a una destra inferiore e (ovviamente) disonesta. L’idea che un uomo di sinistra possa dirsi moralmente più probo di uno di destra non ha un solo elemento a suo carico, non ha radici, non ha storia.

L’onestà è pura e semplice tecnicalità i cui primi rudimenti noi apprendiamo in tenera età, sviluppandoli poi negli anni. Una tecnicalità che si compone di vari elementi, che generalmente ci scorrono davanti agli occhi: i comportamenti delle persone care, dei nostri conoscenti, degli amici, sono il nutrimento essenziale a cui ci affezioniamo come al gusto di un alimento. Non c’è merito a essere onesti, si tratta più semplicemente di una successione di micro passaggi che poi formano una specie di abitudine al bene. Naturalmente il processo contrario porterà a risultati diametralmente opposti. Non sempre è così, ma spesso è così.

In questa tecnicalità, si può dire, si può concludere, che la sinistra è più onesta della destra? Certamente sì, ma anche in questo caso non per chissà quale segno premonitore divino, o per una spada poggiata sulla spalla come inizio di una missione salvifica, ma solo per un insieme di fattori che portano tutti in quella direzione. Che possono racchiudersi, intanto, nelle indirizzi politici che ogni forza politica si è data nel tempo: per la sinistra, la difesa degli ultimi, una socialità che porta non all’appiattimento dei cervelli ma a una spalmatura più equa delle opportunità, un mondo decisamente più solidale e bla, bla e bla. Per la destra, una centrifuga liberista che porta ad accumulare, la scrematura liquidatoria tra chi ce la fa e chi no, l’idea che il bene non è comune e che comunque l’equa ridistribuzione delle tasse non è un fondamento delle società civili.

Si doveva dire in premessa, ma per non rovinare la sorpresa è giusto sottolinearlo in fondo ai nostri discorsi. L’idea puramente tecnica e non moralistica che la sinistra sia più onesta della sinistra è applicabile soltanto a un Paese devastato come il nostro, in cui non è mai esistita o comunque non si è mai imposta una vera visione liberale. Farne una solenne equazione nei paesi anglosassoni o nel nord dell’Europa varrebbe l’immediata traduzione in una casa di cura. Ma qui da noi si può dire: la sinistra è piena di mele marce, nella destra è marcio l’albero.

 

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