Legislazione

Untold – Il lobbying come non ve l’hanno mai raccontato

30 Novembre 2020

Il fenomeno del lobbying o della rappresentanza degli interessi è affrontato quasi esclusivamente in un’accezione negativa, specie nel dibattito italiano. Spesso visto come foriero di pratiche opache e inquadrato nell’ottica del gioco di potere, è facile infatti trovarlo associato al clientelismo e alla corruzione. Qualcosa di simile ad un cancro della democrazia, insomma.

Senz’altro orientarsi nel mare magnum del lobbying può essere complicato, già a partire dal significato della parola. Leggenda vuole che il termine ‘lobbying’ sia stato utilizzato per la prima volta per indicare l’attività svolta dai soggetti che erano soliti attendere il Presidente degli Stati Uniti Ulysses Grant (in carica dal 1869 al 1877) nella lobby dell’Hotel Willard di Washinghton, D.C., in cerca di udienza o per esporre le proprie richieste. In realtà il termine lobbying è ben più antico e pare risalire addirittura al XVII secolo: le lobby in questione sarebbero state quelle della Camera dei Comuni a Londra.

Al di là delle curiosità etimologiche, già il Primo Emendamento della Costituzione Americana – quindi ben prima del mandato del Presidente Grant – affermava che “Congress shall make no law […] abridging […] the right […] to petition the government for a redress of grievances”, ossia “Il Congresso non approverà alcuna legge che riduca il diritto di presentare petizioni al governo per la riparazione di torti o rimostranze”. Il concetto era quindi da tempo presente nella politica americana: del resto, che cos’è il lobbying se non il mezzo attraverso cui quelle rimostranze sono ascoltate e, idealmente, accolte e risolte?

In età contemporanea, il lobbying ha naturalmente sistematizzato e ampliato le proprie tecniche strategiche e le modalità operative per interagire con i centri decisionali, ma le sue finalità restano le stesse. Secondo Pierluigi Petrillo, docente alla Sapienza e alla LUISS, il lobbying è definibile come “l’attività posta in essere da un gruppo di interesse con l’obiettivo di influenzare il decisore pubblico al fine di ottenere un vantaggio o evitare uno svantaggio al proprio interesse”. A scapito del dibattito più diffuso riguardante la sua demonizzazione, l’attività di lobbying ricopre un ruolo fondamentale nei sistemi democratici contribuendo in modo sostanziale alla definizione dell’interesse generale, portando al decisore e mediando le istanze di molteplici gruppi (mondo economico, associazioni, governi territoriali, singoli cittadini) con effetti politici, economici e sociali. Questo sistema si è rafforzato negli ultimi anni a seguito dell’aumento del numero di materie e della complessità tecnico-legislativa che i decisori devono affrontare. Sopperendo alla mancanza di specialismi interni alla macchina politico-amministrativa, il lobbista porta informazioni e chiavi di interpretazione. Inoltre, con la crisi del sistema dei partiti (molto evidente in Italia), i rappresentanti di interessi svolgono un’attività di mediazione dalla base al sistema politico e sono spesso l’unico canale per far giungere le istanze al decisore.

Per avere un’idea del fenomeno di influenza del processo decisionale, basti pensare che i soggetti iscritti al Registro per la trasparenza del Parlamento Europeo sono a oggi 12.088, ma si stima che i lobbisti presenti a Bruxelles siano oltre 30.000: praticamente lo stesso numero dei dipendenti della Commissione Europea. A Washinghton, dove il fenomeno è nato, sono almeno 100.000.

Una qualsiasi lobby o gruppo di pressione cerca di influenzare i risultati del processo decisionale per favorire il raggiungimento delle proprie preferenze attraverso finestre di intervento variabili. Ad esempio, presso le istituzioni europee lo strumento fondamentale che garantisce l’incontro ufficiale con i politici sono le consultazioni stabilite dalla Commissione. Ma esistono anche altre vie più o meno formali per riuscire ad interfacciarsi con i politici, come gli eventi e i seminari organizzati dalle varie lobby al di fuori dal perimetro istituzionale.

La capacità dei lobbisti di controllare gli effetti delle decisioni politiche dipende da numerosi fattori in campo, ma è bene evidenziare che gran parte dell’azione di rappresentanza finalizzata a questo obiettivo si gioca sulla comunicazione e sulle informazioni che un certo gruppo è in grado di fornire ai decisori. In alcuni casi il rapporto che si crea fra decisori e lobbisti diventa così pressoché simbiotico, perché inevitabile e fondamentale per il funzionamento dei processi decisionali, contribuendo in modo sostanziale alla definizione del policy-making.

Se l’attività di lobbying è cruciale per realizzare la rappresentanza democratica, il principale problema resta la sua regolamentazione. Esistono numerosi modelli comparati di regolamentazione del rapporto tra interessi e decisori e di definizione delle “regole del gioco”, con diversi risultati e approcci. Nonostante il dibattito vizioso sui mali dell’attività di lobbying, l’Italia rimane un caso emblematico con l’assenza di una disciplina organica. Da anni l’opinione pubblica, le associazioni impegnate per la trasparenza e gli stessi lobbisti chiedono una legge che regoli il fenomeno in tutti i suoi aspetti, dalla definizione della rappresentanza degli interessi, le modalità di svolgimento dell’attività in modo trasparente, alle forme di controllo. Ma oltre alle regole per i lobbisti, in un sistema coerente, norme specifiche dovrebbero applicarsi ai decisori. Occorrerebbe infatti applicare la stessa trasparenza anche all’altra faccia della medaglia, garantendo una trasparenza del processo decisionale e la partecipazione dei rappresentanti di interessi allo stesso senza criteri fortemente discrezionali. Chi sostiene che il lobbying dovrebbe essere più regolamentato e trasparente intende mettere in luce che, più il sistema degli interessi riesce a coinvolgere una platea di interlocutori ampia, più la voce di ognuno potrà essere ascoltata dai decisori scalzando la discrezionalità e i privilegi delle grandi corporation. Anche se non si è abituati a crederlo, infatti, nel momento in cui cerca di orientare le decisioni pubbliche, qualsiasi piccola o grande organizzazione fa lobbying. Più sono i punti di vista coinvolti in un processo decisionale, allora maggiore è anche il grado pluralismo che si realizza, elemento alla base di ogni assetto democratico.

Nella storia repubblicana si segnalano quasi 100 proposte di legge in materia di rappresentanza degli interessi, tutte le quali non hanno avuto una discussione o sono state interrotte per scarsità di interesse verso la materia, se non per le stesse resistenze mostrate dai decisori pubblici. In questo contesto si sussegue una produzione di disposizioni normative, linee guida, registri adottati da singole istituzioni che contribuiscono ad aumentare la confusione sull’attività e a rendere meno chiaro il quadro. 

Negli ultimi mesi il tema della regolamentazione dell’attività di rappresentanza degli interessi è tornato nell’agenda politica a seguito dell’avvio dell’esame in Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati delle proposte di legge Fregolent (C 196), Madia (C 721) e Silvestri (C 1827) e un ciclo di audizioni sul tema. Che sia la volta buona?

Tutte queste considerazioni sono alla base dell’iniziativa editoriale che abbiamo deciso di avviare in Yezers e di cui questo articolo è introduzione.

Yezers – la Startup di Due Generazioni è un’associazione che intende fornire una piattaforma per promuovere la partecipazione e il dialogo tra i giovani. Desideriamo apportare un contributo al dibattito pubblico e all’elaborazione di strategie/policy che sappiano rispondere alle complesse sfide della nostra epoca. Nello specifico, Yezers ha due dimensioni principali. In primo luogo elabora la visione per il futuro delle Generazioni Y e Z e la declina in proposte concrete che sviluppa attraverso i propri Team di Ricerca. In seguito esercita azione di advocacy e lobbying affinché queste proposte vengano portate avanti nelle sedi istituzionali.

Il lobbying è quindi al cuore della nostra azione associativa. Oltre a praticarlo, tuttavia, vogliamo promuovere la conoscenza su questa attività. Lo faremo attraverso una serie di interviste – che avranno cadenza quindicinale – ad autorevoli voci di esperti del settore: studiosi, parlamentari attivi sulla sua legislazione, ONG internazionali, consulenti di agenzie di comunicazione e lobbisti di professione. Il nostro obiettivo è proporre un’analisi ampia che contribuisca a spiegare l’attività di lobbying e come questa, se condotta in maniera trasparente, possa essere a tutti gli effetti una pratica a servizio della democrazia.

 

Alice Dominese, membro della redazione di Yezers e responsabile esecutivo del progetto

Federico Bergna, head of public affairs di Yezers e responsabile scientifico del progetto

Samuel Carrara, responsabile editoriale di Yezers

 

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