Legislazione
Un sistema istituzionale caotico
Avete presente quel picnic, programmato due settimane in anticipo con i migliori auspici del vostro sito meteo preferito, che è finito poi sotto un acquazzone devastante?
Un matematico vi direbbe che le previsioni meteorologiche a quindici giorni sono poco affidabili perché il tempo atmosferico è un “sistema dinamico caotico”. Viene così chiamato un sistema che evolve nel tempo in modi completamente diversi a partire da condizioni iniziali molto simili, “sparpagliandole” tra tutti gli stati finali possibili: è ciò che Edward Lorenz, uno dei “padri” della Teoria del Caos, chiamò “effetto farfalla” (“il battito di ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas”). Basta dunque un piccolo cambiamento nella situazione di partenza perché il sistema possa trovarsi, dopo un certo tempo, in uno stato “qualsiasi”: ecco perché la sua evoluzione a lungo termine è imprevedibile (con buona pace dei “meteorologi indovini”, che ogni anno ci preannunciano “l’estate più calda del secolo”).
Il comportamento caotico, così spiacevole e pericoloso, sembra il frutto di una bizzarria della natura; eppure potremmo presto ritrovarlo in uno degli aspetti più importanti e delicati della nostra vita sociale, il funzionamento del sistema istituzionale, se entrassero in vigore la nuova legge elettorale 52/2015, detta “Italicum” e la legge di revisione costituzionale g.u. 88/2016, che sarà sottoposta a referendum in autunno.
Diversi istituti demoscopici ci dicono che, se si votasse domani, tre forze politiche (Pd, M5S e centro-destra riunito) sarebbero pressoché “alla pari” intorno al 30%, con scarti anche inferiori all’uno per cento – che, con un’affluenza al 70% (cioè 33 milioni di votanti), corrisponde a circa trecentomila voti (va notato che il margine di errore di questi sondaggi è di solito intorno al 3%; ma prendiamo per buoni i dati, come fanno tutti i più stimati politologi…).
In base all’ “Italicum”, che vale per la sola Camera dei Deputati (perchè nella Costituzione “revisionata” il Senato, che non dà la fiducia al governo, non è più elettivo), viene assegnato un premio di maggioranza “fisso” (cioè 340 seggi sui 630 di Montecitorio) alla lista elettorale che supera la soglia del 40% o a quella che vince un secondo turno di ballottaggio tra le due più votate.
Nello scenario politico attuale, data la piccola differenza tra i consensi delle tre liste elettorali principali, sarebbe “un pugno di voti” a decidere chi resta escluso dal ballottaggio e forse anche chi lo vince, dato che alcuni sondaggi prevedono tra i due “contendenti” un distacco massimo del 2% (che, con un’affluenza un po’ inferiore a quella del primo turno – come di solito accade – corrisponde a circa mezzo milione di elettori).
E’ evidente che il battito d’ali di una farfalla giudiziaria (per esempio, il solito avviso di garanzia a ridosso del voto) potrebbe provocare un tornado elettorale in grado di travolgere una delle forze politiche in competizione e di “regalare” a un’altra una solidissima maggioranza: un matematico vi direbbe che ciò accade perché il nuovo procedimento elettorale è “altamente non lineare” (non vi è cioè proporzione diretta tra i voti ottenuti da ciascuna lista al primo turno e i corrispondenti seggi che le spettano alla Camera).
Ma il caos non è finito qui: la “non linearità” dell’Italicum, abbinata alle caratteristiche della revisione costituzionale, renderebbe imprevedibile non soltanto l’esito politico del voto, ma persino il livello di efficienza del funzionamento delle istituzioni.
Sappiamo infatti che, con la “nuova” Costituzione in vigore e nell’attuale situazione politica, il Senato sarebbe un “quasi monocolore Pd”; si avrebbero allora tre situazioni completamente diverse a seconda di chi “la spunta” al ballottaggio.
Se anche alla Camera la maggioranza fosse targata Pd, i due rami del Parlamento agirebbero in perfetta sintonia per tutta la legislatura e l’azione del governo potrebbe essere molto rapida ed efficace (anche troppo, secondo alcuni critici). Ma, se a Montecitorio vi fosse una maggioranza di ”colore” diverso (ad esempio del M5S), potrebbe instaurarsi un conflitto permanente tra il governo che essa sostiene (da sola, perché il bicameralismo perfetto sarebbe superato) e il Senato: quest’ultimo potrebbe “richiamare” tutte le leggi approvate dalla Camera, costringendole a tre passaggi parlamentari; potrebbe poi ostacolare l’approvazione di quelle “bicamerali”, sollevare conflitti di competenza tra i due rami del Parlamento e così via (mentre, da parte loro, le Regioni potrebbero sollevare contenziosi con lo Stato davanti alla Consulta); la legislatura diventerebbe insomma piuttosto tormentata. Un caso ancora diverso si avrebbe se a vincere il ballottaggio fosse un “listone” elettorale eterogeneo e raccogliticcio (ad esempio quello di centro-destra): alla Camera si avrebbe una maggioranza fragile, nella quale potrebbero presto ripresentarsi tutti i “difetti” della Prima Repubblica, come i ricatti dei “partitini” (le varie componenti della lista), i trasformismi (perché l’assenza di vincolo di mandato per i deputati è previsto anche nella Costituzione “revisionata”) e persino i cambi di governo (perché la “nuova” Costituzione mantiene l’impianto parlamentare di quella originaria).
Dunque, come andrà la prossima legislatura se al referendum d’autunno vinceranno i “sì”? Splenderà il sole di un governo forte ed efficiente, ci sarà la burrasca di uno scontro continuo tra i due rami del Parlamento o ci perderemo nelle nebbie dei rimpasti e degli scilipotismi? Nessun politologo è in grado di prevederlo con sicurezza; perciò, è consigliabile portarsi l’ombrello…
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