Legislazione

Riforme istituzionali? Per ora son servite solo a misurare la forza politica

9 Gennaio 2015

Mattia Diletti insegna all’Università Sapienza di Roma “Scienza politica” e “Analisi socio-politica delle riforme istituzionali”. È membro della Sisp (Società Italiana di Scienza Politica), del GeopEC (Osservatorio Geopolitico sulle Elite Contemporanee). Tra le sue ultime pubblicazioni: “Think tank. Le fabbriche delle idee in America e in Europa”, Il Mulino, 2009

————

 

«Finchè non si arriva alla vera discussione parlamentare sulla legge elettorale è difficile commentare. Piuttosto, per come è stato il percorso nei mesi scorsi, la cosa che mi colpisce di più è un’altra»

Ossia?

«L’uso spregiudicatissimo della trattativa politica che Renzi ha messo in atto e di cui si serve per ottenere il massimo vantaggio. Il Pd che ora guida è un partito che alle Europee ha avuto il 40% dei voti, e la forza che possiede viene usata come un martello, dentro e fuori il suo partito».

E trattare con Alfano che senso ha?

«Il senso di allontanare ulteriormente Ncd dalla destra. Renzi, in questo frangente, è più tatticista che stratega. E tale si è dimostrato anche nel voto per la Consulta. Il contenuto delle proposte, invece, è variabile e credo varierà ancora. L’Italicum non è la panacea dei nostri problemi, che sono ben altri né tantomeno un Senato di altri nominati ci aiuterà a migliorare. Ma a lui serve mettere paletti, condurre il gioco»

Un gioco di potere, insomma, queste riforme …

«Le riforme che il Governo sta portando avanti risolveranno poco. Soprattutto perché di decreti attuativi se ne vedono pochi, la macchina pubblica sembra ferma. Piuttosto vorrei capire quali siano le politiche che l’esecutivo vuole condurre, quali gli obiettivi di lungo termine e, soprattutto che tipo di classe dirigente sta facendo crescere e che meccanismi ha in mente per rivoluzionare il Paese, (a partire dalla riforma della P.a.) Tutte questioni nodali, che mi sembrano ancora oscure: Renzi più che governare, al momento sta costruendo un “climax”.

Una rottamazione al buio, par di capire…

«Mi colpisce che sia così centrale la riforma della politica: in questo senso è un deja vu. La politica, che alla fine di un ciclo disastroso, annuncia di dover far ripartire il paese… ma sempre da se stessa»

Qualcosa è cambiata rispetto a prima, lo deve ammettere.

«Certo. È un momento interessantissimo. Stiamo assistendo, dopo le parentesi tecniche di Monti e Letta, ad un ritorno prepotente della politica e ad un’occupazione sistematica e totale degli spazi politici da parte di Renzi. Basta guardare ai toni che negli ultimi tempi sta usando contro l’Europa, occupando lì gli spazi operativi di Berlusconi e Grillo, al cui elettorato vuole rivolgersi. Né è esempio anche il suo passaggio televisivo A Mediaset, dalla D’Urso, nei mesi scorsi. Lì si è rivolto a una fascia di elettorato – le donne poco scolarizzate e consumatrici del media televisivo – che è sempre stato appannaggio di Silvio Berlusconi.


E’ un’occupazione di spazi politici o una vera occupazione di potere?

«La prima è una premessa della seconda. Dal punto di vista della costruzione del consenso, sta lavorando moltissimo e bene, fino a ora. Costruendo un universo simbolico renziano dentro il quale parlare con la società, che serve a ridefinire il dibattito pubblico dentro la “sua” cornice, col suo linguaggio: il potere che si celebra alla Leopolda, i gufi contro gli innovatori, Noi contro gli altri. Il tutto condito da un frullato di paradigmi culturali e ideologici persino incoerenti tra loro. Per certi versi, la si può leggere come una trasformazione ulteriore del campo della politica, e certamente sta risultando efficace nello scompaginare i vecchi campi e nell’affermare la nuova liturgia renziana»

Stiamo assistendo ad una nuova fase o solo all’affermazione di un nuovo leader?

«Questa è la vera domanda. Solo il tempo ci potrà dire se, conclusasi l’era berlusconiana, stiamo vivendo una nuova fase costituente con l’affermazione di una nuova classe dirigente e di un nuovo modo di governare il Paese, o se Renzi stia solo sfruttando la contingenza per affermare se stesso.

Il premier ci sta traghettando verso la Terza Repubblica?

«Renzi è il primo politico post-novecentesco che abbiamo. Anche Berlusconi ha rappresentato un’anomalia rispetto alla tradizione politica passata, ma ha costruito la sua prima vittoria sull’anticomunismo, che era una categoria del ‘900. Renzi non lo si capisce fino in fondo, perché è un frullato di idee: usa a seconda delle contingenza componenti culturali profondamente diverse, e però arriva a costruire un messaggio che si vende bene (con alcuni cavalli di battaglia ricorrenti)»

C’è un nuovo “cerchio magico” intorno al leader?

«A me pare, ma potrei sbagliarmi, che non ce ne sia uno solo: o meglio, attorno ai fedelissimi, sembra esserci una serie di “cerchi magici a geometria variabile” (e forse anche un po’ casuale) a seconda delle emergenze cui far fronte, e sembra che il contenuto della proposta politica cambi in base a valutazioni anche molto contingenti. Quello che mi piacerebbe che Renzi ci facesse capire se esiste davvero un processo di trasformazione e di rinnovamento del Paese, e come immagina debba strutturarsi una nuova classe dirigente (il paese, al momento, è pieno di aspiranti renziani). Perché, in fondo, il principale risultato di questa presa del palazzo sarà questo: un consistente avvicendamento di classe dirigente. Che sia nuova o vecchia, sarà comunque, in misura considerevole, dentro nuovi network, nuovi linguaggi, nuove pratiche, nuove fedeltà».

Gli uomini di cui si sta circondando sono all’altezza?

«La politica si fa con grandi uomini politici (non uno solo), che sostengono e guidano verso un progetto. Non so misurare la qualità dei tecnici che costruiranno le diverse politiche, a partire da quelle economiche. Ha bisogno però di grandi teste politiche e intellettuali (anche se quest’ultima ai renziani sembra una parolaccia) con progettualità, che lo sappiano contraddire: un altro corsaro di successo della politica italiana è stato Bettino Craxi: attorno a lui c’erano teste formidabili, l’alleanza con un pezzo di tecnocrazia di qualità elevata… Ed è comunque successo quello che è successo. Ma è difficile stringere queste alleanze quando serve un nemico al giorno».

 

 

0 Commenti

Devi fare login per commentare

Login

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.