Legislazione
Più merito, meno Luca
Luca Cordero di Montezemolo è il nuovo presidente di Alitalia.
E dov’è la novità?
Tutti sapevano che, dopo il brusco ‘licenziamento’ dalla Ferrari, avrebbe subito trovato un altro incarico milionario. Luca è forse il più famoso esempio del capitalismo “di relazione” tipico del Bel Paese, fa parte del ‘giro giusto’, dal quale non si esce mai, anche dopo sconfitte e fallimenti.
Proprio questo è il punto: si tratta solo dell’ultima di una serie di nomine ai vertici di importanti società italiane che ben poco hanno di nuovo, competitivo e meritocratico. Ogni volta si spera sia l’ultima, si pensa che il fondo del barile sia arrivato. E invece qualcosa da erodere – forse per sempre – c’è ancora. E più precisamente la speranza che qualche illuso, che crede nel proprio Paese, ripone nell’avanzamento sociale grazie allo studio, all’esperienza che si è svolta sul campo, ai riconoscimenti, magari internazionali: in sintesi, grazie al merito. Puntualmente, invece, arriva il rospo da ingoiare. Stavolta è il caso di una persona, che grazie agli stretti rapporti con Gianni Agnelli, è entrato (ed è ancora adesso) in decine di consigli di amministrazione, interessandosi, con alterne vicende, di Fiat, Cinzano, Rcs, Poltrona Frau, Ntv, Ferrari. Ha – poteva essere diversamente? – anche ambizioni politiche: nel 2009 ha fondato (e presiede, naturalmente) l’associazione Italia Futura, il cui più importante apporto è quello di aver ispirato a Maurizio Crozza le irresistibili avventure di Luca nell’Italia dei carini.
Ma davvero in Italia non abbiamo di meglio? Sappiamo che non è così, le intelligenze diffuse e in fuga, anche se qualcuna ancora resiste, ci sono eccome. Solo che non le conosciamo. È un problema di conoscenza? Certo che lo è: la mancata conoscenza che i nostri migliori talenti hanno di persone importanti in grado facilitare loro la carriera ed è anche un problema di nascita, certamente. Le aziende familiari in Italia sono la stragrande maggioranza delle imprese. Non è sempre vero che “buon sangue non mente”, e infatti solo il 14% delle società a conduzione familiare arriva alla terza generazione. È allora diabolico perseverare nell’errore: non uscire dalla ristretta cerchia familiare o di conoscenza per assegnare ruoli cruciali a chi è preparato anche se non è un parente.
Risultato: l’economia non cresce e le nostre migliori menti sono quotidianamente frustrate da questo modo di procedere che sembra ormai far parte del DNA italico.
Rientrando io a pieno titolo nella cerchia degli illusi, mi chiedo continuamente: che fare?
Una risposta ci deve essere, se non altro per il mio benessere mentale, quindi provo a condividerla con voi.
Mi sembra evidente che la soluzione in tempi brevi è inimmaginabile e che quindi forse vedremo ancora tanti “Montezemolo” a capo di un tot di imprese in Italia (vorrei davvero sapere quanto è massiccio il fondo del barile, perché avrebbe dovuto spaccarsi dalla notte dei tempi, e comunque io non credo più che arriveremo a toccare il fondo).
Ma, perché un ma esiste, c’è un ambito della società dove tutto può cambiare.
È la scuola.
In quale altro spazio potrebbe avvenire un cambiamento del DNA italico se non dai banchi di scuola? Io non ne vedo altri. E dopo anni sembra che la buona scuola sia al centro dell’agenda politica con le sue tanto urgenti e necessarie riforme. Molto bene.
È dentro le aule di elementari, licei, università che dovremmo poter trovare una visione che rivaluti prima di tutto il ruolo dell’insegnante, che gli dia l’importanza che merita nella società, invece dell’immagine svilente di cui gode oggi. Non per perbenismo, perché così fan tutti. Al contrario, perché se lo merita. L’insegnante può disinnescare il circolo vizioso del più furbo che ottiene quel che vuole senza scrupoli, del mediocre che sopravvive senza né infamia né lode, del più forte che vince e umilia il più debole, e chi più ne ha più ne metta. Sarà in grado di rendere innocui i luoghi comuni, svuotandone i contenuti con la propria cultura ed il proprio vissuto. Il docente del futuro dovrebbe davvero essere eccezionale per fare tutto questo, e non perché è una sorta di super-eroe, ma perché è semplicemente il meglio del meglio che l’Italia può avere. Magari con un dottorato di ricerca e con un’esperienza all’estero.
Ve lo immaginate come brillerebbero gli occhi dei ragazzi delle medie e del liceo davanti ad una figura eccezionale? Io lo so perché li ho visti di persona quegli occhi: è lo scintillio un po’ stranito della curiosità per il professore che hanno davanti. Magari un supplente precario alla fine del suo dottorato di ricerca che non vedranno probabilmente più, grazie al nostro sistema scolastico, ma che sono sicura avrà lasciato qualcosa di importante nelle ragazze e nei ragazzi. Per esempio, la consapevolezza che gli insegnanti non sono tutti uguali, che non esiste solo l’uniformarsi a un sapere preconfezionato da trasmettere in modi altrettanto rigidi e monotoni. Bisogna essere curiosi, critici, rompere gli schemi, avere il coraggio di dire e testimoniare che tutti noi meritiamo di più di quello che continua ad accadere in Italia.
Ecco, mi auguro che con il rapporto La Buona Scuola si prenda coscienza dell’assoluta necessità di “cambiare verso” una vera meritocrazia.
Chissà che poi magari, in futuro, non sentiremo più parlare di altri Montezemolo.
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