Legislazione

Nuovo testo sulle unioni civili: Parigi val bene una messa. E ora muoviamoci

7 Ottobre 2015

In queste ore è all’esame dell’ufficio drafting del Senato la nuova versione della legge sulle unioni civili, sottoscritta da tutti i senatori PD in commissione Giustizia. Un’accelerazione? Piuttosto il tentativo di rispettare i tempi annunciati qualche mese fa: approvare il ddl Cirinnà entro l’anno significa incardinare l’esame del testo al Senato prima che inizi la sessione di bilancio a metà mese, contando nell’approvazione della riforma costituzionale prima del 13 ottobre, limite massimo fissato per il voto finale. Per niente scontato quindi, soprattutto considerando l’ostruzionismo del Nuovo Centro Destra. Proprio per questo in molti, già prima di leggere il nuovo testo, avevano annunciato un compromesso al ribasso per recuperare il voto degli alfaniani.

Ecco le novità: si recepisce il riferimento alle “formazioni sociali”, modifica già approvata in commissione; scompaiono alcuni rinvii alle norme del codice civile sul matrimonio (articoli 147 e 148 sugli obblighi verso i figli); si specifica che i minorenni sono esclusi dalle unioni civili; restano immutati i diritti economici dei coniugi e in particolare l’accesso alla pensione di reversibilità, specificando però la copertura economica dei relativi costi; resta la stepchild adoption, ma ora limitata al figlio naturale del coniuge, escludendo il figlio adottivo.

Tutto qui? Eh beh, allora muoviamoci. Basta saper leggere le norme e comprenderne gli effetti (dono di cui non sono beneficiari fortunatamente molti senatori NCD) per comprendere che non è cambiato assolutamente nulla, anzi.

Primo. Il riferimento alle “formazioni sociali” da alle unioni civili la copertura costituzionale dell’art. 2: e così facendo anticipa le questioni di costituzionalità che certamente la Consulta dovrà esaminare (sono già pronti i ricorsi pilota di Mario Adinolfi) e che all’estero si sono sempre fondate proprio sull’irriducibilità o l’inconciliabilità delle unioni civili con la nozione costituzionale di matrimonio. Certo, si conferma la distinzione tra il nuovo istituto e il matrimonio: ma quella distinzione è sempre stato il presupposto di questa legge, e tutti i Paesi che sono arrivati a riconoscere il matrimonio egualitario hanno scontato un primo passaggio intermedio con una forma di unione non matrimoniale.

Secondo. Si accettano scommesse sul numero di volte che i giudici costituzionali interverranno a colmare le lacune tra unioni civili e matrimonio. Soprattutto quelle che riguardano i diritti e soprattutto quelle che rigurdano i figli: la norma che esclude la stepchild adoption del figlio adottivo del coniuge è una vera boutade. Per la legge italiana l’adozione è (salvo quella in casi particolari) legittimante: il figlio adottivo è a tutti gli effetti figlio legittimo dell’adottante, e nessuna corte confermerebbe una discriminazione tra figlio (legittimo) adottivo e figlio (legittimo) naturale. Stesso discorso vale per l’eliminazione del riferimento agli obblighi verso i figli: non c’è alcun criterio di ragionevolezza che potrebbe giustificare il minus di tutela che questi subirebbero nei confronti del coniuge del proprio genitore, che li ha adottati con stepchild adoption.

Perché però il progressivo avvicinamento al matrimonio, anche ad opera delle corti, possa compiersi è necessario approvare questa legge, e farlo subito. Non perché dobbiamo accontentarci di un riconoscimento a metà: ma perché questo riconoscimento è solo la breccia nel muro di discriminazione costruito da chi da decenni tiene in ostaggio i diritti civili.

#echecivuole?

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