Legislazione
L’opinione sul referendum costituzionale del professore Alfonso Celotto
In occasione del Referendum sulla Riforma elettorale che si terrà in autunno, pubblichiamo su Gli Stati generali una serie di interviste a costituzionalisti, professori, accademici, giuristi e esponenti del mondo della cultura e delle istituzioni.
Il secondo a rispondere alle nostre domande è Alfonso Celotto, professore di Diritto costituzionale e Diritto pubblico comparato e precedentemente a capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dello Sviluppo Economico e negli uffici legislativi e nei gabinetti dei ministri Bonino, Calderoli, Tremonti, Barca e Trigilia dal 2006.
Il professore si è schierato sul fronte del No, pur ritenendosi «favorevole a delle modifiche poiché la Costituzione ha settanta anni e va necessariamente attualizzata. A patto che tali modifiche però vengano fatte con consapevolezza, con convinzione e con appositi istituti». Una manutenzione ordinaria appare quindi necessaria, in quanto la Carta del 1947 non rispecchia in toto il contesto politico, economico e sociale attuale dello Stato italiano.
Nel corso di questo acceso dibattito molti studiosi hanno preso posizione. Da un lato si schierano i fautori de No, che non ammettendo modifiche alla volontà dei padri costituenti assumono un atteggiamento conservatore. Dall’altra parte i sostenitori del Sì hanno avviato una campagna referendaria che muove dalla convinzione della necessità di uno svecchiamento della Carta.
La Costituzione serve a regolamentare la vita associata di uno Stato e non si presta a divenire mero strumento del potere politico. Questo è quanto sostiene Celotto nel suo intervento ne La riforma costituzionale ai raggi x, il volumetto pubblicato su iniziativa dell’Associazione culturale Il Periscopio che vede nel suo entourage un centinaio di soci fondatori, tutti esponenti del mondo accademico, culturale e universitario.
Il professore afferma che «la Costituzione non deve essere un campo di battaglia politico, le riforme costituzionali non devono essere di destra o di sinistra, ma piuttosto buone o cattive, in quanto – comunque – riforme di tutti».
L’accusa è al governo Renzi che ha peccato di un “errore” di valutazione inserendo la riforma costituzionale nel programma di maggioranza. «Un errore commesso già nel 2001 e nel 2006 quando la maggioranza decise di cambiare la Costituzione. Tutte le Costituzioni stabiliscono delle regole fatte per durare nel tempo. Così facendo, invece, si finisce per svilire e snaturare la Carta fondamentale» dichiara Celotto.
La maggioranza averebbe inoltre forzato la mano al procedimento dell’articolo 138 che – come ricorda il giurista – «è stato creato appositamente per modifiche piccole e puntuali, non per le riforme. Come si fa quindi ad applicarlo alla modifica di 37 articoli?».
Il testo della riforma si presenta inoltre poco comprensibile a livello popolare. «I costituenti si sforzarono affinché ogni articolo non avesse più di 20 parole e tutte di uso comune. La possibile nuova Costituzione è scritta, invece, con un linguaggio astruso, in burocratese» sottolinea. Ne consegue una forte disinformazione che rischia di falsare l’esito del Referendum. «È necessario un voto consapevole, non un voto politico. Bisogna votare basandosi sui contenuti e non sulla simpatia o antipatia nei confronti di un partito politico»afferma il professore. E aggiunge: «Altrimenti accadrebbe quanto successo in Inghilterra con la Brexit».
La riforma costituzionale si intreccia inevitabilmente con la riforma elettorale. Contro l’Italicum si esprime anche Celotto: «A mio parere è improprio legare la Riforma costituzionale a quella elettorale. Affiancando le due riforme si finisce per spostare l’attenzione dal punto vero» . L’interesse del governo pare quindi rivolto tutto alla legge elettorale e non alla scelta tra un Senato elettivo o designato. Occorre non perdere l’orientamento e non distogliere lo sguardo da ciò che ha preminenza in questo Referendum tenendo ben presente che «La Costituzione è una cosa seria, destinata a durare nel tempo per unire il popolo, e come tale va scritta e valutata». Con tali parole si è espresso recentemente Celotto sull’Huffington Post.
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