Legislazione

La famosa modernità del nuovo Pd? Bocciare il divorzio immediato

18 Marzo 2015

Da quando Graziano Del Rio, con un certo sarcasmo, si è rivolto a una parte ben definita del Pd, quella dei Fassina, dei Cuperlo e altri indomabili comunistacci, accusandoli di avere “qualche problema con la modernità” per via di un’insoddisfazione molesta a proposito del Jobs Act, mi sono ripromesso di seguire passo passo la modernità dell’altro Pd, quella appunto a cui Del Rio, Renzi, Boschi e amici stanno dando forma compiuta. Una premessa mi è cara: sul punto, una qualche ragione il Sottosegretario l’aveva e l’ha, per cui mi sono disposto all’esame della loro modernità con animo estremamente sereno, felice eventualmente d’essere stupito.

La modernità in politica è cosa rara, anche perché difficilmente interpretabile e soprattutto troppo imbrigliata da logiche di partito (e di coalizione) che spesso ne frenano la tensione verso il futuro. La modernità in politica è quella condizione anche un po’ magica che fa sentire i cittadini al centro dell’attenzione, perché i loro bisogni, le loro necessità, lo sviluppo dei loro problemi all’interno della società, sono costantemente monitorati dalle orecchie della classe politica, le quali, spalancate sul mondo, traducono i desideri “in solide realtà” (cit.). Spesso modernità fa rima con semplificazione, che va considerata come un bene primario soprattutto nelle organizzazione sociali confuse e frammentate come la nostra.

Una grande occasione poteva essere quella del «divorzio immediato». Non vi paia un osceno ossimoro, né tanto meno qualcosa di men che fantascientifico, poteva da ieri essere – appunto – alla portata di tutte le coppie che nella piena consensualità, senza figli minori o con figli maggiorenni, avrebbero potuto saltare – questo sì davvero un balzo nella modernità – il passaggio della separazione per arrivare direttamente, con una bella stretta di mano e un abbraccio finale di «buona fortuna!» al divorzio. Ed essere così di nuovo persone finalmente libere, senza più avvocati di mezzo, parcelle da pagare, passaggi tecnico-burocratici a cui sottostare. Una bottarella di vita, insomma.

Dovete sapere che a questa «rivoluzione dolce» il Partito Democratico ha detto no. E dobbiamo essere sinceramente grati alla senatrice del Pd Rosanna Filippin, che aveva proposto quella norma così normale, così moderna ma anche di un buon senso, che a vederla così semplice e alla portata di un partito riformista pareva in realtà molto antica.

La senatrice Elena Cattaneo, una dolorosa spina nel fianco di questo Pd dalla bussola sociale impazzita (qualche giorno fa si era astenuta con parole dure sulla legge che sancisce il carcere per i negazionisti dell’Olocausto), ha tratteggiato perfettamente cosa dev’essere lo Stato nella valutazione del miglior divorzio possibile per le coppie: «A due persone sposate, adulte e senza figli o con figli maggiorenni, non può essere negato di accedere subito al divorzio se è consensuale. Non si tratta di scelte etiche o morali, ma della tutela dei diritti di ogni persona a decidere di se stessa. In queste materie l’interferenza dello Stato deve essere il più vicina possibile allo zero». Naturalmente, succede sempre così, a cappella avvenuta, il capogruppo Luigi Zanda ha rassicurato tutti sull’impegno del Pd per ripristinare quella norma. Da questo momento facciamo scattare il contatore.

Farò mio, con convinzione assoluta, quest’ultimo concetto di Elena Cattaneo, perché rappresenta la stella polare di uno stato (e di un partito) moderno, esattamente quella modernità evocata daDel Rio. E lo voglio ripetere qui come un mantra: «In queste materie l’interferenza dello stato deve essere il più vicina possibile allo zero». Ripetetelo con me.

 

Nella foto di copertina, Graziano Del Rio alla Leopolda 2014 (tratta dal profilo Flickr di Francesco Pierantoni, Creative Commons)

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