Legislazione
Il carcere ai negazionisti è la negazione delle nostre conquiste
Ci sarebbe da esser grati a Elena Cattaneo, scienziata di chiara fama e senatrice a vita, che ha avuto il coraggio di opporsi al disegno di legge approvato ieri al Senato che introduce il reato di negazionismo della Shoah e dei genocidi. Una legge che dispone il carcere sino a tre anni «per chiunque ponga in essere attività di apologia, negazione, minimizzazione dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, così come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte Penale internazionale». La votazione in Senato ha avuto questo esito largo: 234 i sì, 3 i no e 8 gli astenuti, tra cui Elena Cattaneo, che ha voluto motivare la sua posizione: «Credo che vietare il negazionismo per legge sia sbagliato. Non è ammissibile imporre limiti alla ricerca e allo studio di una teoria. Trovo ignobili le tesi dei negazionisti, ma non credo che minino una disciplina. Nessuno storico prende sul serio queste teorie». Ora il disegno di legge passa alla Camera dove sarà approvato.
Mettiamo pure che negare l’Olocausto sia il punto più basso dell’ignobiltà umana (lo è). Mettiamo che comprenda tutte le altre ignobiltà intellettuali di cui ci macchiamo quotidianamente che, evidentemente a fatica, facciamo rientrare nel confronto culturale altrimenti detto. Mettiamo invece che proprio questo argomento sia l’unico a travalicare l’asticella liberale che le società civili si impongono come linea di comportamento comune e che sospinga l’indignazione oltre il suo confine naturale per sfociare in qualcosa di non più sopportabile, di non più ascoltabile, di cui non possiamo neanche lontanamente capire il senso, come un conato improvviso di fronte a una madre che uccide il proprio figlio. Mettiamo tutto questo. Significa che finalmente ci siamo liberati di una solenne illusione, di quella convenzione liberale ormai condivisa secondo cui gli uomini che vogliono negare le evidenze di fatti ormai scolpiti nella pietra – pensate solo al progresso scientifico – non incidono in maniera sensibile e distruttiva su tutto il circuito intellettuale perché sono già stati ampiamente sconfitti dalla storia. No, questa sicurezza, questa difesa dei nostri valori, questa colonna portante della nostra vita non avrebbe più senso, al punto che questi uomini è necessario rinchiuderli in carcere perché non nuociano più. È così indifesa la nostra società?
La potenza di un negazionista si dovrebbe misurare abitualmente nella sua capacità attrattiva. La capacità di trascinare nel suo gorgo persone non culturalmente esaltate e preparate come lui ma più facilmente suggestionabili. È la regola ferrea della potenza intellettuale, che la psicologia spiega in maniera luminosa. Un esempio di oggi è l’Isis, che ha abbattuto i suoi confini geografici e si è insinuata persino in Europa, dove ha trovato buonissima udienza in 3mila “sopraffatti“, di cui una cinquantina di italiani. Questa contaminazione è vissuta sulla carne viva di persone, famiglie, territori. È in continua evoluzione. Ecco la capacità attrattiva, che ogni forma di terrorismo della storia ha avuto la capacità di suscitare.
Di questo dobbiamo avere paura. Non di un negazionista, che per sua natura non è strutturato per catturare adepti e portarli in armi, ma semmai inquinare lo stagno delle certezze altrui per cercare di disorientarle, per introdurre una crepa, per aspettare l’inevitabile reazione. Tutti meccanismi strettamente intellettuali. Sui quali pensavamo di essere attrezzati. Evidentemente per il governo italiano non è così, se avverte la necessità di configuare la galera. E ci sentiamo piccoli, rispetto ad argomenti così definitivi come l’Olocausto, a ricordare esempi recenti di restrizioni della libertà come a quel comico francese, Dieudonnè, portato ai ceppi per una notte con l’accusa di apologia di terrorismo. Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana, si è detto “commosso ed emozionato per quanto è stato deciso in Senato. Sono stato ripagato per tutti gli anni in cui ho dovuto subire insulti e minacce perché chiedevo a gran voce l’introduzione del reato di negazionismo e oggi questo mio desiderio è stato esaudito”. Come vedete, anche su una vicenda universale, Pacifici è riuscito a farne una questione personale. Un vero peccato.
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