Legislazione
Ecco perché le preferenze (e il Consultellum) non piacciono a Renzi
ROMA – Fino a qualche giorno fa la tentazione c’è stata. La tentazione di rompere gli indugi e strillare a reti unificate: “Con questo Parlamento non riesco a governare, meglio tornare alle urne”. Nelle riunioni segrete, quelle tenute nelle notti di Palazzo Chigi con Luca Lotti e Maria Elena Boschi, Renzi l’ha ripetuto per settimane che “alla fine del semestre Ue sarebbe stato opportuno un giro elettorale per rimodulare gli equilibri in Parlamento”. Forte del 40.8% delle europee e della fedeltà del “renziano” Silvio Berlusconi, nella testa del capo dell’esecutivo balenava persino l’ipotesi di tornare alle urne con il Consultellum. Di fatto un un “proporzionale puro” venuto fuori dalla sentenza della Consulta. Che all’indomani del responso elettorale avrebbe costretto Renzi a bussare alla porta dell’ex Cavaliere per ottenere la maggioranza utile a governare. Eppure fra i renziani la preoccupazione non risiedeva e non risiede tuttora nel fatto di dover continuare a trattare e governare con l’ex premier Berlusconi. “Parliamo la stessa lingua del Cavaliere”, è in sintesi la spiegazione dall’innercircle del premier. La preoccupazione, invece, risiede nel fatto che il Consultellum, così come lo chiamano gli addetti ai lavori, è una legge elettorale che prevede l’eliminazione delle liste bloccate e la reintroduzione delle preferenze. Un incubo per i renziani che sui territori, ad ogni tornata elettorale (Emilia-Romagna, Calabria, Europee), si vedono scavalcare dai vecchi arnesi della “ditta” di bersaniana memoria. Ecco perché l’accelerazione sull’Italicum, rigorosamente con i “capilista” bloccati, risulta essere più congeniale alla corte del capo dell’esecutivo, storicamente meno radicata sul territorio. Altrimenti, confida agli Stati Generali un deputato del giro del premier, “più del 50% di noi non sarebbe eletto”.
Devi fare login per commentare
Accedi