Legislazione
Dal 2 marzo il Fisco indagherà sui nostri stili di vita: nulla da dire?
Mentre salotti giornalistici più o meno eleganti si baloccavano con la «Lista Falciani», in Italia capitava qualcosa forse di meno eclatante, ma di sostanza assoluta: la scomparsa delle libertà democratiche. Certo, ad oggi i diritti civili e primari sono ancora nella proprietà dei cittadini, ma non durerà molto: dal giorno 28 febbraio (in realtà il 2 di Marzo perché il 28 è sabato), ognuno di noi non avrà più diritto all’autodeterminazione sociale ed economica. Le nuove norme varate dall’Agenzia delle Entrate costringeranno infatti gli istituti bancari a riversare la nostra “vita” all’interno di un apposito cervellone: non solo conti correnti ma qualunque tipo di transazione, un bonifico, una ricarica qualsiasi, l’uso di una carta e mille altre piccole e grandi movimentazioni serviranno al «Gof» – il Grande Occhio Fiscale – per incrociare i dati di tutti gli italiani alla ricerca dell’evasore. È un indirizzo tracciato già da un paio di anni ma lo era in maniera più disordinata, oggi arriva alla sua sintesi definitiva.
È chiaro che proprio nei giorni in cui si assiste alla Fiera del privilegio attraverso l’identificazione di quei 7.499 italiani che hanno scelto la sede svizzera di una potentissima banca inglese per depositare i loro sudati “risparmi” – identificazione che avviene “grazie” a uno spregevole delatore franco-italiano, non certo per quei cervelloni dell’Agenzia delle Entrate che invece dormono all’umido – ecco, proprio negli stessi giorni l’istituzione fiscale italiana ci formalizza che a essere «attenzionati» saranno i cittadini comuni attraverso i loro gesti comuni, tutti quei gesti comuni che generalmente i veri evasori non si sognerebbero mai di fare. In questo modo l’Agenzia delle Entrate certifica in modo solenne il suo fallimento, capovolgendo l’onere della prova che metteva in carico all’autorità almeno la fatica di trovare le prove del nostro essere cattivi cittadini.
In questo modo, obbligando le banche a riversare tutti i nostri dati, veniamo privati di ogni diritto: il diritto alla riservatezza, il diritto ad agire socialmente ed economicamente nella misura che ognuno ritiene opportuno. In un mondo autenticamente liberale questo fenomeno ha un solo nome: perdita dei diritti civili. Ma se vogliamo, e lo scriviamo naturalmente come un paradosso, questo è l’aspetto persino meno grave di tutta la vicenda. Perché l’Agenzia delle Entrate ammanta questo osceno rastrellamento-dati con un obiettivo alto e nobile com’è la dura battaglia contro l’evasione fiscale, autentico flagello italiano. E quindi anche alla buona stampa riesce difficile opporsi, levare qualche timida voce in dissenso, limitandosi alla pura cronaca.
L’aspetto inaccettabile di tutta questa storia, proprio sul fronte dei diritti primari dei cittadini, è che l’Agenzia delle Entrate entrerà in possesso della più grande, solenne, minuziosa, capillare, mappatura sui nostri stili di vita. Perché è sostanzialmente attraverso lo spostamento di denaro che gli uomini e le donne esprimono compiutamente i loro gusti, che siano estetici, sessuali, letterari, giocosi, sentimentali e altri mille rivoli che qui per brevità non possiamo citare. Se vostro figlio desidererà entrare in possesso – attraverso la vostra carta di credito, pagamento Italia su estero – della sacra maglia del St. Pauli («Prendete una squadra di calcio. Di quelle che non vincono mai. Prendete l’impegno sociale, una bandiera dei pirati, la lotta all’omofobia e al razzismo. Prendete il comunismo, il punk anni ’80, la prostituzione libera, l’anarchia sociale e l’aria umida di un porto tedesco. Mettete tutto nel peggior quartiere della Germania. A questo punto avrete il St. Pauli Football Club, la squadra più a sinistra del mondo…», Fabio Tonacci, La Repubblica, 20 agosto 2010), l’Agenzia delle Entrate lo verrà a sapere.
Se a voi stessi o magari a vostra moglie salterà l’uzzolo di prenotarsi in America l’ultimo, rivoluzionario, gingillino dispensa-gioia e il postino, bussando due volte, ve lo depositerà davanti alla porta tutto bello incartato senza neppure immaginare le delicatessen contenute, ebbene l’ispettore dell’Agenzia delle Entrate potrà raccontarlo al bar con gli amici di scorribanda. Se dopo un consiglio di famiglia allargato, deciderete che il momento di abbracciare la religione musulmana, acquistando i tomi necessari per saperne di più, lo sapranno prima i nostri cari ispettori e chissà se avranno voglia di condividerlo (e con chi). Questa interruzione della democrazia è una lesione troppo grave perché possa passare sotto silenzio. E i rischi sono di tutta evidenza. Vogliamo credere che il governo opererà perché questa zona opaca ritorni trasparente e, ovviamente, a vantaggio dei cittadini.
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