Legislazione
ANTIRENZISMO? NO, GRAZIE
Su queste “colonne” Matteo Colle sostiene che sia in corso un’ “assemblea costituente di un antirenzismo di sinistra insieme un poco spaesato e un poco snob”. Prendo l’accusa di snobismo, conoscere i propri limiti è fondamentale ma rispedisco tutto il resto e proverò ad argomentare. All’accusa di fastidio per il “ragazzotto fiorentino (che) ha scosso la polvere che giaceva da troppo su mobili e suppellettili” rispondo che purtroppo la casa era ben più sporca e non basta una spolverata per quando si hanno ospiti e si vuole fare bella figura. Le pulizie di “fino” richiedono tempo e fatica, e qui non abbiamo ancora iniziato.
Io non rimpiango (quasi) nulla della vecchia sinistra, se non le occasioni mancate. È dal 2009, da quando la politica ha iniziato ad essere una componente non irrilevante della mia vita quotidiana, che penso che il Partito Democratico abbia bisogno di un forte rinnovamento e di una capacità di sintesi che erano tra le sue ragioni fondative. Potremmo, abusando leggermente i termini, definirmi proto-renziana o renziana a sua insaputa (insaputa di Renzi però).
Mi sono riconosciuta nelle proposte dei Piombini in pochi mesi diventati Lingottini, nella Prossima Fermata Italia della prima Leopolda, nel Big Bang della seconda e anche nello spirito de “Il nostro tempo“. Direi che almeno fino alla terza Leopolda (quella di #adesso) ritenevo Renzi uno dei principali agenti di cambiamento della politica italiana. I temi erano quelli, purtroppo ancora attualissimi, dell’economia, della modernità, del ricambio generazionale, della laicità dello stato, dei diritti civili e della buona politica.
Non ho quindi rimpianti per il passato che non torna (senza negare che alcune cose buone sono state fatte) ma, prendendo a prestito il titolo di un libro, ho semplicemente nostalgia del futuro che non è ancora arrivato.
Renzi non ha “disfatto” proprio niente, la vera rottamazione non è nemmeno incominciata, ed è far torto a me e molti altri se ci si incasella con i nostalgici. Appartengo a quel gruppo, per fortuna sempre più numeroso, che ha capito i danni e l’insuccesso dell’anti-Berlusconismo e quindi non voglio cadere nell’errore dell’antirenzismo.
E il problema non è il metodo comunicativo spavaldo e aggressivo, capisco la necessità di arrivare tutti ma noto un deprimente scollamento tra quello che Renzi dice(va) e quello che Renzi fa.
Renzi diceva fino a non molto tempo fa che l’art.18 non era un vero problema, e che servivano tutele universali. Eppure negli ultimi mesi le energie del governo sono state dedicate proprio a modificare quel pezzo dello statuto dei lavoratori, senza adottare il “contratto unico” che è stato un suo vessillo in molte battaglie. Oggi poi, Ricolfi su La Stampa ci presenta una visione un po’ diversa (e con i numeri) del dibattito e del contrasto sulla riforma del mercato del lavoro, il governo farebbe bene a rifletterci sopra e non derubricare tutto a chiacchiericcio di “gufi e rosiconi”. Altro esempio è la legge elettorale, era una delle priorità del Renzi congressuale e delle prime settimane da premier, da giorni si parla di possibili elezioni politiche a primavera ma non sappiamo ancora con quale sistema elettorale eleggeremo i nostri rappresentanti (ed in quanti rami del parlamento). Oppure il bonus-bebé che è inconciliabile (viste le scarse risorse) con il programma di dare al 40% dei bambini sotto i tre anni un posto in un asilo pubblico (nel programma del 2012). O la guerra alle rendite che svanisce nell’approvazione dello Sblocca Italia? O il rinnovamento della classe dirigente che sparisce davanti alla candidatura di Bonaccini in Emilia Romagna?
È vero, l’antirenzismo è limitato e di corto respiro ed è per questa ragione che le critiche si fanno nel merito e sui contenuti e non sulla narrazione, esattamente come sostiene Matteo Colle quando scrive “provare ad andare a vedere davvero le carte della politica renziana, senza supponenza e senza fastidio, ma con l’acribia di chi fa le pulci e chiede ragione delle scelte e delle proposte”.
Nelle difficoltà che incontra il governo non c’è però nessun compiacimento, al massimo si trovano conferme sulla nostra onestà intellettuale e sulla correttezza dei nostri suggerimenti e critiche. Ma abbiamo tutti la consapevolezza che se Renzi fallisce, il paese non se ne gioverà.
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