Legislazione

Alfano: “I migranti possono lavorare gratis”. Solo che (per fortuna) non è vero

7 Maggio 2015

Il ministero dell’Interno di un importante paese europeo ha detto, oggi pomeriggio, che “i comuni devono applicare una nostra circolare che autorizza il lavoro gratuito degli immigrati”. Precisando che “Invece di farli stare lì a non far nulla che li facciano lavorare”. I problemi, quando parla Angelino, sono sempre tanti. Andiamo per ordine, analizziamo le parole che – si sa – sono importanti. Detto così dovremmo immaginare che il Ministero degli Interni ha autorizzato il lavoro forzato, o quantomeno forzoso, dei cittadini immigrati. Il rimprovero, neanche troppo velate, è infatti rivolto da Alfano ai Comuni: “Che li facciano lavorare!”. Come a dire: noi abbiamo autorizzato una pratica virile che spinge questi immigrati a fare qualcosa, a gratis, nei comuni e i comuni se ne fregano. Fare qualcosa, già, ma cosa? Tagliare l’erba sui prati del comune? Assistere gli anziani e i disabili nelle case popolari? Cos’altro? “A lavorare!” e poche storie, sembra dire a muso duro il ministro Alfano. Così fosse la storia sarebbe di quelle che preoccupano: il ministro degli Interni autorizza il lavoro pubblico gratuito degli immigrati. Il che realizza, automaticamente, concorrenza sleale nei confronti di chi – essendo all’antica – vuole farsi pagare, e rafforza un meccanismo già tristemente radicatosi: gli stranieri servono per abbattere drammaticamente il costo e gli standard del lavoro. Un meccanismo che abbiamo visto in atto nelle nostre campagne, nei nostri cantieri, nelle nostre cucine e – a sentire Alfano – presto anche nei nostri Comuni. Roba da brividi, a tacere della sicura censura da parte delle istituzioni comunitarie.

Ma è proprio così? Scartabellando tra le circolari del Ministero, ho trovato quella che regola il caso. Quella “citata” – virgolette d’obbligo – da Alfano. Si intitola: “Volontariato per l’integrazione dei richiedenti asilo”. VOLONTARIATO (quindi lavoro assolutamente volontario), finalizzato ai processi di INTEGRAZIONE, (soprattutto) dei RICHIEDENTI ASILO. Non di tutti i migranti, quindi. Non di quelli che “stanno lì a far niente” perché magari hanno finito il turno in fabbrica la mattina o sono senza lavoro ma hanno un regolarissimo permesso di soggiorno o una carta di soggiorno, ma dei soli “richiedenti asilo”. Cioè di quanti hanno fatto richiesta di asilo politico. Quanti sono? Nel 2014, secondo i dati del Ministero degli Interni (quello di Alfano) i richiedenti asilo sono stati 44 mila. Mentre gli stranieri regolarmente residenti in Italia (non utilizzabili per i lavori gratuiti di cui parlava Angelino) sono circa 5 milioni. Per ogni comuni italiano, quindi, ci sono circa 6 richiedenti asilo che, se vogliono, possono fare richiesta di volontariato accreditandosi presso un’associazione regolarmente registrata a un albo. Mentre invece gli altri 4 milioni 950 mila possono fare volontariato come tutti gli italiani. Spiegatelo ad Alfano, il concetto è abbastanza semplice.

 

“I flussi migratori verso l’Italia si sono intensificati molto dalla fine del 2013, con la conseguenza che oggi ogni provincia italiana ospita un numero importante di cittadini extracomunitari, molti dei quali richiedenti asilo o in attesa delle definizione del ricorso contro il diniego dello status di rifugiato da parte della commissione territoriale competente. Per loro, una delle criticità segnalate, che si rilfette negativamente sull’esperienza dell’accoglienza, è l’inattività durante il periodo di permanenza legato alla conclusione dei procedimenti.

Su queste basi il capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione Mario Morcone invita con una circolare le prefetture italiane a stringere accordi con gli enti locali per favorire lo svolgimento volontario, da parte degli immigrati ospitati, di attività socialmente utili, che avrebbero il doppio vantaggio di creare un terreno fertile per una più efficace integrazione nel tessuto sociale e di prevenire eventuali tensioni.

L’attività di volontariato deve essere, appunto, volontaria, gratuita e di utilità sociale, quindi senza ‘scopi di lucro’, e preceduta da un’adeguata formazione.

Il cittadino immigrato interessato deve aderire a un’associazione/organizzazione e avere copertura assicurativa, non a carico dell’amministrazione dell’Interno.

La possibilità di aderire a questi percorsi di volontariato è limitata ai richiedenti asilo e a coloro in attesa di definizione del ricorso, spiega il dipartimento, perché chi è titolare di protezione internazionale viene coinvolto in altri percorsi di inserimento, finalizzati al lavoro”.

 (Testo della circolare del 1 dicembre 2014 pubblicata dal ministero)

 

 

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