Politica
Il paese in cui, se piove, chiudiamo le scuole
Capita in Italia, capita nella sua capitale. Oggi a Roma i ragazzi non sono andati a scuola, lo hanno deciso le autorità cittadine e la nota è stata firmata e diramata dal Prefetto Pecoraro. La raccomandazione è quella che nessuno entri nelle scuole, considerate evidentemente, in giorni di forte pioggia, un posto pericoloso. Il sindaco Ignazio Marino ha poi consigliato di stare a casa, a tutti: non è solo prudente non studiare, oggi, ma è proprio meglio non uscire e non lavorare, nella capitale d’Italia. Ovviamente, se le autorità dicono così bisognerà far così. C’è, sicuramente, la paura di prendersi responsabilità e di evitare ogni rischio di immagine e giuridico. Ma c’è anche, sicuramente, una situazione pregressa di incuria, trascuratezza e mancanza di investimenti che rende la scelta sostanzialmente obbligata. O comunque la scelta più prudente.
Quel che è meno prudente, è abituarsi all’idea che questo sia normale. Abituarsi al fatto che nella più importante città italiana, capitale tra le più visitate del mondo, se piove tanto non si possa andare a scuola o al lavoro. Ecco, vale la pena ricordarsi che normale non è, e che sarebbe invece normale, doveroso, giusto, il contrario. Qualche mese fa, insediandosi a palazzo Chigi, Matteo Renzi aveva puntato molte delle sue carte sulle scuole e l’edilizia scolastica. #scuolenuove, #scuolesicure #scuolebelle, e via ashtaggando. Il piano è stato poi approvato, e infine sostanzialmente silenziato. Riguarderò in modo decisivo la piccola manutenzione e il decoro per la maggioranza delle scuole. Meglio che niente, naturalmente, e in epoca di risorse così scarse era difficile fare meglio. Il che significa, però, che anche per i prossimi anni sindaci e prefetti, per non rischiare, continueranno a consigliare di stare a casa se piove tanto. Abituarsi a queste arrese è una sconfitta, un’altra, che non vogliamo permetterci.
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