Partiti e politici

Guerra per bande e niente primarie: il Pd in Campania non cambia verso

23 Dicembre 2014

Il Pd in Campania è diventato la negazione del renzismo. Gli uomini della segreteria nazionale vogliono infatti evitare le primarie per scegliere il candidato alle Regionali. Il vicesegretario, Lorenzo Guerini, sta lavorando per scongiurare la chiamata degli elettori ai gazebo degli elettori fissata l’11 gennaio e già posticipata una volta: inizialmente era in programma il 14 dicembre. A novembre fu deciso di farla slittare. Il tutto seppellendo la filosofia pro-primarie che ha portato Renzi a scalare i vertici del Partito democratico. Le tensioni nel Pd in Campania sono la fotografia natalizia di un partito – più che liquido – ormai liquidato, con una guerra tra bande senza esclusioni di colpi. A finire sulla graticola è stata Assunta Tartaglione, segretario regionale, giudicata troppo vicina a uno dei candidati, il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. Lei cerca di barcamenarsi nel mare agitato, ma la missione è da surfer di comprovata esperienza. «In Campania non esistono renziani o anti-renziani. A volte le due categorie si confondono», sintetizza chi conosce bene la dinamica interna al Pd campano. E del resto nel marasma generale, va a finire che i renziani certificati, come Guerini, vogliono aggirare le primarie per trovare un «candidato di superamento». Ma per farlo occorre il 60% di voti nell’assemblea regionale.

Eppure, al di là dei nomi e dei personalismi, sul tavolo ci sono problemi concreti molto scottanti, che necessitano di un piano d’azione efficace. Su tutti svetta la bomba ambientale: i cittadini attendono risposte reali sulla Terra dei Fuochi, un dramma da cui sono stati distolti i riflettori mediatici nazionali, ma che esiste ancora. Eccome se esiste. Non sono da meno le questioni delle bonifiche dell’ex Isochimica di Avellino, e di Bagnoli a Napoli, contaminate da amianto. Il prossimo presidente della Regione Campania ha quindi un compito titanico che riguarda prima di tutto la salute. E quando si parla di salute, si pensa anche alla Sanità. Il presidente in carica, Stefano Caldoro, sta sbandierando ai quatto venti il merito di aver azzerato i debiti, ma a pagare il conto sono stati i cittadini con un forte taglio dei servizi. I prossimi anni saranno decisivi per migliorare il servizio, perché non bastano i conti in ordine per fornire garanzie all’utenza. Il trittico di problemi è completato dal lavoro. Nel terzo trimestre del 2014, il tasso di disoccupazione in Campania si è attestato al 20,3%. Un autentico flagello per la regione più giovane d’Italia, che non riesce a valorizzare le sue migliori energie. Di fronte a questioni gigantesche, però, il Pd non fornisce uno spettacolo edificante, mettendosi a litigare su formule politiche. I candidati in campo sono, oltre a De Luca, l’ex braccio destro di Antonio Bassolino e attuale eurodeputato, Andrea Cozzolino, e la senatrice Angelica Saggese, che ricopre il ruolo di outsider.

Vincenzo De Luca

Vincenzo De Luca, 65 anni, è lo “sceriffo” di Salerno, rinviato a giudizio lo scorso novembre per la costruzione del Crescent, complesso urbanistico da lui fortemente voluto. Il primo cittadino salernitano prosegue determinato il cammino, dichiarando di «avere fiducia nella magistratura». Viceministro del governo alle Infrastrutture dell’esecutivo di Enrico Letta, De Luca è decaduto per incompatibilità tra la carica di governo e quella amministrativa nella sua città. C’è un aneddoto che aiuta a comprendere quanto sia ruspante il personaggio: a Salerno diventò un must il video-messaggio in cui chiedeva alle ragazze di lasciare i fidanzati che dedicavano messaggi d’amore con le scritte sui muri della città. «Perché non sono buoni», sentenziava lo sceriffo. Un metodo alternativo per combattere i muri imbrattati.

Il nome dell’altro candidato, Andrea Cozzolino, associato alle primarie, provoca qualche brivido: l’attuale eurodeputato, 52 anni, è l’ex assessore alle Attività produttive in Campania, ma soprattutto è lo stesso che vinse le primarie per il sindaco di Napoli nel 2011, creando uno sfacelo. Ci fu l’accusa di brogli e il Pd annullò il risultato della consultazione, puntando sul prefetto Morcone e spalancando le porte al trionfo di De Magistris. Cozzolino è stato accusato anche da Roberto Saviano di non aver mai chiarito il caso. Ma l’ex assessore di Bassolino ha respinto qualsiasi accusa ed è andato dritto per la propria strada. Alle Europee ha dimostrato di avere in dote una macchina elettorale ben oliata, superando le 115mila preferenze. Del resto può contare sull’apparato di consenso bassoliniano, nonostante il rapporto tra l’ex governatore e l’eurodeputato non sia quello di una volta. «Comunque Bassolino sembra disinteressato alla contesa e non vuole certo spendersi in prima persona», raccontano ambienti vicini al Pd campano.

Nel duetto prova a inserirsi la senatrice salernitana Angelica Saggese, 42 anni, lettiana di stretta osservanza. La sua è una candidatura in ottica “anti deluchiana”: Saggese è vicina al deputato Guglielmo Vaccaro, leader della fronda del Pd contraria al regno di De Luca a Salerno. Ma dietro ai nomi dei candidati, c’è una figura chiave, quella di Mario Casillo, uomo forte del Pd nella zona vesuviana e nella Penisola Sorrentina, sostenitore di De Luca. Casillo è un “figlio d’arte”, che ha costruito la sua carriera nel “nome del padre” Franco Casillo, ex punto di riferimento della Dc nel napoletano con la roccaforte personale a Boscoreale.

Mario Casillo è considerato da alcuni l’erede politico di Antonio Gava, leader della Dc nel Golfo di Napoli negli anni Ottanta. Forse il paragone è esagerato, ma il consigliere regionale ha certamente il potere di determinare le sorti delle primarie, grazie al controllo di molti delegati nell’assemblea regionale. Il suo “sì” permetterebbe di raggiungere il 60% di voti favorevoli nell’organismo campano, facendo annullare la competizione in favore del «candidato di superamento».

L’orientamento di Casillo è di restare al fianco di De Luca, come ha esplicitato in un post su Facebook: un’eventuale vittoria alle elezioni gli garantirebbe un ruolo di primissimo piano nella giunta. Perciò vuole resistere strenuamente dinanzi all’ipotesi prospettata da Guerini sulla candidatura unitaria. Che peraltro stenta a vedersi all’orizzonte. «Io posso offrire Gigione come candidato unitario», ha ironizzato Vincenzo De Luca, facendo riferimento al cantante trash napoletano, e alla sua volontà di restare in campo in qualsiasi caso. Al di là delle battute, il Pd ha insistito molto con Raffaele Cantone, che ha però declinato più volte l’offerta.

Andrea Cozzolino

 

Qualche emissario aveva sondato il terreno con il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, commissario del Pd a Napoli dopo il caos primarie del 2011. Ma, oltre all’ovvio rifiuto del Guardasigilli, non c’è stata molta insistenza sul nome di Orlando: la candidatura in Campania avrebbe lasciato sguarnita una casella governativa troppo importante, rischiando di incrinare equilibri nazionali. Così c’è stato il tentativo di proporre Gennaro Migliore, ex capogruppo di Sel alla Camera convertitosi al verbo renziano. Con tanto di passaggio al Pd proprio nei giorni della Leopolda 2014.

L’ipotesi è stata però calata dall’alto, creando più di qualche mal di pancia nel partito. Ed è stato il modo perfetto per bruciare anche il nome di Migliore, che ha masticato amaro, nonostante ora possa ambire con maggior forza a diventare il candidato per la corsa a sindaco di Napoli.

Renzi, dopo il rifiuto di Cantone, ha voluto mettersi a distanza di sicurezza dalle sceneggiate campane, delegando tutto al fido Guerini. E dell’indifferenza del presidente del Consiglio ne sa qualcosa l’europarlamentare Pina Picierno, che aspettava una benedizione per la sua candidatura. Ma da Palazzo Chigi non è arrivato nessun segnale, tanto che la Fonderia delle idee, l’iniziativa che doveva essere la Leopolda in salsa campana, ha finito per fondersi nel nulla. Dopo l’appuntamento, nei fatti, non c’è stata nessuna novità. Anzi la kermesse ha consegnato solo un partito più spaccato.

Un altro protagonista, meno noto alle cronache nazionali, è Raffaele Topo, capogruppo in Regione del Pd napoletano e abile tessitore di trame. La sua azione è però più concentrata sulla coalizione che sui nomi. L’estrazione post popolare lo rende uno dei principali sponsor dell’operazione neo-centrista che prevede un’alleanza con il Nuovo Centrodestra. Questa strategia porterebbe all’intesa con liste civiche con qualche nome proveniente da Udc e Ncd, senza un apparentamento diretto con i simboli di quei partiti. Ma la sostanza non cambia.

Dunque, allo stato attuale nessuno si sente di scommettere sull’esito del gioco “primarie sì, primarie no”, mentre in molti iniziano a pensare che il Pd stia perdendo di vista i problemi ambientali, della Sanità e della disoccupazione. Quelli che contano davvero.

 

La foto in alto è tratta da Fondieria delle Idee, Napoli

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