Governo
Welcome back Mr. President
Accadono molte cose e sembrano destinate a cambiare le nostre vite.
Dovremmo conoscerle, quindi, ma niente è più quello che sembra ed è sempre più difficile distinguere la realtà dai racconti che ne vengono fatti.
Sono le parole a creare la realtà. E qui di realtà ce ne sono almeno due.
Dunque, seguiamo le parole e proviamo a vedere dove ci conducono.
REALTA’ e parole n. 1.
Mario Draghi vola a Washington, ritorna e ci racconta del suo viaggio, della pace, di economia e del mondo.
Mr. President, però, non va in Parlamento come si faceva una volta; e non c’è andato neppure prima di partire per spiegare cosa andasse a fare dal Grande Capo e magari a farsi legittimare dalla rappresentanza popolare, visto che si trattava di una missione importante in pieno tempo di guerra.
A lui i metodi democratici non servono e forse neppure gli piacciono troppo, lui è stato chiamato e del consenso popolare gli interessa quanto del bene comune.
Quindi, vola, parla a titolo personale – che tanto i consessi e le deputazioni sono una perdita di tempo – e riferisce alla stampa quello che gli pare, ci mancherebbe altro che qualcuno mettesse in discussione il racconto.
Mario Draghi è generoso e autorevole, ma qualcosa non funziona e dopo il suo racconto ci sono in circolazione un certo numero di verità contrastanti, abbastanza per confondere le idee a un paese che alla confusione è pure abituato e ha delegato le sue scelte e le sue sorti ai percorsi sovranazionali e ai viaggi di Mr. President: a Washington, a Londra, a Bruxelles e infine su Marte.
Leggo i giornali economici e mi viene una certa ansia.
Il primo trimestre chiude con un dato negativo e aprile conferma, di questo passo saremo in recessione.
Ai giornalisti Mario Draghi – l’economista – dice che non vede un rischio di recessione. Siamo sicuri che sia un economista ?
Macron molla il colpo e si sfila dalle pressioni made in USA su Mosca, la Germania si interroga sul futuro disastroso che deriverebbe dallo stop al gas russo e rallenta.
Mario Draghi riferisce a “Biden Il Vecchio” che l’Europa è unita e l’Italia ha concorso a questo risultato con orgoglio.
Ma siamo sicuri che sia un Premier ?
Si torna alla sua materia e qualcuno osa interrogarlo sulla lotta all’inflazione; risposta testuale: «devono aumentare i tassi ma se li aumentano troppo fanno cadere il paese in recessione, e di questa difficoltà Lagarde è pienamente consapevole».
Cioè ???
Vabbè, aspettiamo e magari qualcuno ci dirà che succede. Intanto pare che la pigrizia europea nell’applicare lo stop alle importazioni di gas bianco, blu e rosso sarà vinta dalla decisione dell’attore ucraino di fermare le stazioni di pompaggio del suo paese. Tiè…!
E poi c’è il rublo che riceve (da Bloomberg) la corona di miglior valuta al mondo e scopriamo che dall’inizio delle sanzioni si è apprezzato del 11%. Ma non doveva crollare contemporaneamente al default della terra di Putin ?
Simultaneamente Confindustria esce dallo stupore catatonico post-bellico per denunciare che hanno chiuso il 16% delle PMI Italiane e che la stima è di perderne un altro 30% entro l’anno se non cambia lo scenario.
La domanda sorge quindi spontanea: e chi dovrebbe cambiarlo ?
Meno male che c’è il PNRR, penso.
Mi viene in mente che gli analisti più (o meno) avveduti hanno lanciato l’allarme da due mesi sulle conseguenze dell’inflazione sulla Panacea UE, mancano almeno dieci miliardi e le Banche vanno preparate, altrimenti addio Ripresa.
Beh, però c’è sempre la Resilienza e in questo gli Italiani sono i migliori al mondo.
Potremmo ribattezzarlo PNRR – Piano Nazionale di RESILIENZA e RASSEGNAZIONE. Sarebbe più realistico e non servirebbe cambiare i titoli sulle brochure, i convegni e le presentazioni.
Avrei qualche domanda per il Presidente del Consiglio adesso, ma pare che non le gradisca e ogni volta prepari la claque con metodo e precisione.
E’ successo qualcosa e i ricchi hanno preso il potere.
Club di Plutocrati hanno allevato i loro rampolli alla London School of Economics (and Political Sciences) e si vantano con malcelato orgoglio di averli messi nei posti chiave in tutto il mondo; quello occidentale – of course – che per loro è il solo ed unico degno di esistere.
Ora capisco !
REALTA’ e parole n. 2.
Posso immaginare le parole che Mario Draghi non dice, leggere i suoi pensieri e comprendere la sua natura.
Così le sue apparenti contraddizioni si ricompongono alla luce della sua incapacità totale di percepire il dramma dell’economia reale.
E’ il modello perfetto dell’uomo depurato dell’umanità, nessuna capacità di cogliere il dolore e la difficoltà, nessuna empatia personale.
Il tono è afono a prescindere dal tema, parla sempre di qualcosa che per lui è altro, di un mondo che chiamerebbe “altrove” se gli fosse permesso.
Governa (si fa per dire) per mandato altrui un popolo che non è il suo e che non capisce – se addirittura non lo disprezza – e lo fa da una distanza siderale.
La stessa con cui ha vissuto la sua vita, seduto sulle poltrone ricche e misurate della nomenclatura economica.
La spaccatura è evidente, la differenza insanabile, gli effetti incalcolabili.
Ora finalmente lo capisco, Mario Draghi; riesco a vederne i pensieri:
“…siate resilienti, popolo di un’altro mondo, confermatemi ciò che leggo sul manuale di istruzioni che mi hanno consegnato, resistete e perseverate, accettate e proseguite, non c’è spazio per una variabile, qui non c’è un capitolo sulla reazione, sulla renitenza e neppure sulla vostra fastidiosa disperazione.
Non è prevista, dunque non esiste.
Gli schemi e le regole astruse sono essenziali e voi, umanità qualunque, ne siete il brodo di coltura, siete indispensabili perché calcoli e misure diano un risultato convincente, sulla carta e nella realtà.
Mondo ideale e mondo reale non possono differire, i manuali sono scritti nel primo dai suoi abitanti privilegiati e quindi il secondo non può che confermarne gli esiti adeguandosi alla perfezione di quelle teorie.
La “distruzione creatrice” è un capitolo del dogma e come tale non si discute.
Piuttosto che tentare di capire, anziché provare a dire la vostra, lasciatevi distruggere e condurre mansueti al destino che noi che siamo nati migliori abbiamo scritto su quei fogli.”
Il ritmo è quello consueto, le parole si diffondono anche senza essere pronunciate e presto la forma prevarrà per sempre sulla sostanza, traducendo la tesi in imperativo e l’enunciato in realtà.
“Con le buone o con le cattive, collaborate dunque – popolo di beoni – come si conviene al sostrato non senziente di qualsiasi tesi illuminata.
Siete voi la carta su cui scrivere, il terreno da incidere e fecondare, il vivaio di embrioni da sfruttare benevolmente per assicurare al nostro mondo di privilegiati di esistere e continuare a governare sul pianeta.
Madre natura si piega a forza e non protesta, voi ne siete il prodotto di mezzo e siete destinati a vivere per noi in un equilibrio così perfetto da non essere in dubbio.
Alcuni di voi hanno capito e sono la maggior parte che obbedisce docile in cambio di un surrogato del nostro potere, di qualche pezzetto che avanza della nostra ricchezza.
Benpensanti, burocrati, passacarte e caporali che accettano di diffondere il verbo di cui si sono convinti al punto da rinunciare a quell’orpello inutile che si chiama umanità.
Una bella parola, utile e universale.
Noi però possiamo solo usarla e non la capiamo davvero. Semplicemente perché non partecipiamo alla vostra retrograda specie.
Resistete – popolo di semplici – come avete sempre fatto e come occorre che facciate per sempre.
And…do not disturb, please….!”
Tutta qui la storia di questi giorni speciali. Due realtà, due specie.
La differenza sta nel potere della parola e nel suo uso, abusato, abusivo e abominevole. O terribilmente rivelatore, perché non so se ve ne siete accorti ma… “the elephant is in the room”.
Devi fare login per commentare
Accedi