Governo
“Vade retro Salvini”. Non è mai troppo tardi?
Famiglia Cristiana, con la sua copertina dedicata a Salvini, ha sollevato un interessante dibattito pubblico fra coloro che ritengono si sia trattato di un importante gesto di difesa del principio cristiano di accoglienza e carità e coloro che, di contro, pensano sia stato un’inopportuna ingerenza su questioni non di competenza del giornale. Non è la prima volta che il vice premier si guadagna un j’accuse in prima pagina (ricordiamo le copertine de L’Espresso, di Rolling Stone ad esempio), ma questa volta l’atto militante arriva da un settimanale che – da sempre – rappresenta una voce moderata ed ecumenica del cattolicesimo italiano. La sinistra sventola il giornale e qualcuno dice che “Moriremo tutti democristiani”, i social network si popolano di commenti. Inutile ricordare – a coloro che sostengono l’inappropriatezza della scelta editoriale – che da sempre Famiglia Cristiana (come d’altra parte qualsiasi giornale che si occupi di società) “s’immischia” nelle questioni politiche italiane e che, per la religione cristiana, la fede si vive non solo come atto interiore e privato, ma pubblico e di azione (missione) quotidiana. Non abbiamo però assistito a un dibattito così incisivo quando, ad esempio, il settimanale ha condotto la sua campagna contro le unioni civili e in difesa del matrimonio tradizionale. Forse perché siamo abituati ad un’ingerenza forte da parte della chiesa nel nostro privato.
Facciamo comunque un passo indietro. Per arrivare ad una così netta presa di posizione rispetto alla deriva razzista e anti-umanitaria del nostro governo abbiamo dovuto attendere la politica dei respingimenti violenti. Ci piaccia o meno riconoscerlo siamo in una situazione emergenziale, dove la Marina – non una ONG, ma la Marina italiana – si è trovata più di una volta in posizione di difficoltà dovendo assumersi, nella figura dei singoli capitani delle navi, la responsabilità di procedere – secondo il “codice etico del mare” – al soccorso di migranti in difficoltà con il rischio di contravvenire alle direttive di governo. Se siamo però arrivati a questo punto, considerato che viviamo in democrazia e che questo governo è stato eletto dagli italiani, la responsabilità è anche dell’elettorato cattolico (così come della “sinistra” in senso lato).
Un elettorato che, negli ultimi anni e in molti casi ancora oggi, è stato indirizzato dalla stampa e dai media, dalle agenzie culturali e dal dibattito pubblico, a occuparsi d’altro.
Per restare sull’esempio precedente, mentre si discuteva di matrimoni gay, di gender, di fecondazione assistita, di famiglia naturale e tante altre amenità (vorrei ricordare che il ministro della famiglia Fontana, il quale ogni volta che fa una dichiarazione premette di essere cattolico, con tutti i problemi a cui le famiglie tradizionali vanno incontro in questo momento, sta spendendo il suo tempo a combattere il riconoscimento dei figli delle coppie gay), il razzismo cresceva e prosperava. Senza che nessuno ne facesse tema dirimente di dibattito. I politici e i rappresentanti istituzionali che più indefessamente si fregiano del titolo di cattolici raramente hanno speso una sola parola in difesa dell’accoglienza. Ci sono ovviamente delle eccezioni ma, in generale, la politica di area cattolica è stata – ai suoi più alti livelli – per troppo tempo impegnata a osservare le camere da letto degli italiani piuttosto che i loro problemi reali.
Mal comune mezzo gaudio: lo stesso è avvenuto a sinistra. Non solo con un raffreddamento progressivo delle rivendicazioni in materia di diritto al lavoro, all’equa retribuzione, ai servizi di welfare e sostegno alle nuove povertà, con voci troppo deboli e timide rispetto a quelle dell’imprenditoria italiana (molto più attenta alla crescita che allo sviluppo), ma anche per una rigidità estrema – in particolare fra le fila meno “morbide” della sinistra – rispetto alla visione sistemica del paese. La sinistra ha smesso di chiedere al proprio popolo cosa desiderasse, dando per scontato di saperlo a prescindere. Da una parte quindi il pensiero del centro sinistra si è diluito al tal punto da diventare quasi evanescente, dall’altra quello della sinistra “radicale” non ha tenuto conto che ormai l’operaio non vuole più il figlio dottore, ma semmai calciatore. E che con questo dato bisogna fare i conti.
Potrebbe dunque essere troppo tardi per le dichiarazioni di copertina, perché sia la sinistra che il mondo cattolico hanno perso molta della loro incisività. Si sono svuotate le sezioni – certo – ma anche le parrocchie. Non tutte e non nello stesso modo, ma in tanti, così come si sono allontanati da un modo di fare politica non più rispondente alle esigenze contemporanee, si sono anche allontanati da un’appartenenza religiosa che sulla carta e nel privato magari permane, ma che ha perso il suo potenziale di costruzione sociale. Il turbo capitalismo ha vinto quindi? Non moriremo democristiani, ma di paura per il diverso e per il cambiamento? Finiremo con il trincerarci dietro valori difesi solo sulla carta e dietro un modello di società (protezionista, culturalmente monolitico, egoista) privo di prospettiva? Salvini risponde chiedendo il crocifisso in ogni porto. Fontana il non riconoscimento dei figli di coppie gay. Prima ancora di elaborare una proposta alternativa forse occorrerebbe una presa di posizione forte contro l’inutilità: una voce decisa che porti in primo piano i veri problemi dell’Italia, un vero j’accuse, intransigente, contro le perdite di tempo. Perché nella distrazione generale, la deriva continua.
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