Governo
Una Todde fa primavera?
Il centrodestra ha preso la sua prima scoppola da quando è al Governo, perdendo una regione che governava e per la quale si erano spesi tutti i leader nazionali. Sconfitta tutt’altro che enorme nei numeri, ma assai sanguinosa in termini di conseguenze politiche: perché è la prima, che interrompe una scia di vittorie; perché, lo si capirà in seguito, ma è legittimo sospettarlo, figlia anche e molto di fuoco amico; perché di fronte a cicli politici sempre più brevi, tempestosi, incontrollabili, ogni scricchiolio (e quello sardo è ben più di uno scricchiolio) fa giustamente paura.
Io resto modestamente convinto che il centrodestra abbia perso più di quanto abbia vinto il centrosinistra, anche se Alessandra Todde è stata uno dei migliori 5 Stelle al Governo. La neopresidente non ha voluto i leader nazionali ai comizi finali e dai primissimi numeri sembra abbia avuto ragione, ha preso più della sua coalizione e ha vinto un po’ per il rotto della cuffia, interpretando il vento che cambiava.
Ecco, forse la cosa più rilevante da considerare è proprio il vento, che in Sardegna è un elemento immancabile, che disegna il paesaggio. Qui, più modestamente, scrutare il vento e i suoi cambiamenti può dare delle indicazioni, più di quelle che iniziano ad essere chiare debolezze di chi è al comando che delle forze di chi aspira a succedergli. Soprattutto, sapere di essere su un altopiano spazzato dai venti dovrebbe aiutare il saggio a costruire case più solide, per evitare siano spazzate via come nella fiaba dei tre porcellini.
Cosa ci dice dunque lo studio dei venti? Innanzitutto che in Italia, in particolare a livello locale, il Potere ha smesso di durare. O sei Zaia, De Luca e pochi altri, hai governato bene e sei in comunione spirituale con il tuo popolo e costruito un sistema di di potere, o duri come un gatto in tangenziale. Un amico ha fatto un rapidissimo conto, da cui si evince che, dalla caduta della DC, gli schieramenti in Sardegna hanno resistito al massimo una legislatura, per essere poi sostituiti dall’opposizione a cui subentreranno dopo 5 anni. Una ruota che gira, un costante equilibrio sopra la folia, scisso da qualunque riferimento ideale o ideologico. Io la vedo così, gli elettori sono sempre incazzati, la metà circa non va a votare, l’altra metà da una volta fiducia a uno (e sfiducia a chi c’è) e poi dopo 5 anni gliela toglie e vota l’alternativa. Se la Politica non è capace di dare risposte, o si abbandona la partecipazione, o si vota sempre quell’altro, in un bovarismo senza fine.
Nella sua patologica autoreferenzialità, la politica pensa che sia un problema di regole e, invece di ragionare sul perché gran parte del Paese è infelice, studia come imbullonarsi. Buona fortuna, ma non sarà certo il presidenzialismo a salvare quel Presidente del Consiglio che dovesse, come i predecessori, cominciare a perdere pezzi elettorali in un Paese in cui si vota sempre. Anzi, l’insistenza sul sigillare le finestre, togliendo spazio a quei bizantinismi che permettevano alla politica di uscire dai cul de sac in cui lei stessa si era messa perché nessuno si portava via il pallone e alla fine si trovava una soluzione, nega anche profondamente il nostro ethos politico e sociale. Siamo un paese cristiano anche se nessuno va più a messa, in cui il collettivo prevale sul singolo, abituato dalla metà degli anni ’40 a diffidare degli uomini (ma anche delle donne) soli al comando. Oltre a Truzzu, sindaco di Cagliari evidentemente non troppo amato dai suoi stessi concittadini, la vera sconfitta di questa elezione regionale è per ora la Riforma Istituzionale, monumento equestre del nuovo Potere (non i primi a sognarlo, né gli ultimi, erano monumenti equestri il Referendum di Renzi, la Bicamerale di D’Alema e su su fino alla legge truffa di De Gasperi, tutti rispediti al mittente) che deve arrendersi all’evidenza che il basamento poggia sulla sabbia e non tiene. Anzi, tiene così poco da premiare addirittura il centrosinistra così com’è, chiodo scaccia chiodo obiettivamente privo di qualsiasi fascino.
Invece di disturbare gli scultori, sarebbe il caso di porsi il problema del perché il corpo elettorale è sempre così infiammato e di come sfiammarlo. anche costruendo una classe dirigente, vale per tutti gli schieramenti, che costruisca con gli elettori quella relazione che ne calma i furori: nel centrodestra, oltre all’eterno Zaia, che ereditava però una regione simpatetica, c’è riuscito Fedriga in Friuli Venezia-Giulia, altro posto che cambiava segno ad ogni elezione. Ma per fare questo c’è bisogno di avere persone affidabili sul territorio, farle crescere, e non sacrificare tutto ai bisogni contingenti dettati dalle tossiche logiche della politica nazionale, la prima vera sabbia mobile su cui nulla sembra potersi edificare.
Auguri intanto ad Alessandra Todde perché possa diventare la De Luca della Sardegna (lo dico come un assoluto complimento). A tale scopo, una volta esaurite le dovute libagioni, cominci con il fare accompagnare Conte e Schlein in aeroporto quanto prima, sincerandosi che salgano sull’aereo per Roma e usando molto il “posso chiamarti più tardi?” dello smartphone mentre si farà la giunta, che speriamo peschi nel meglio di una regione che produce cervelli e passioni sopraffine. Chi ha perso se ne facesse una ragione, ché l’elettorato italiano è sempre più simile al piccione degli scacchi: puoi essere anche il campione del mondo ma il piccione farà cadere tutti i pezzi, cagherà sulla scacchiera e poi se ne andrà camminando impettito come se avesse vinto lui. Del resto, mica ve l’ha detto il dottore di fare politica.
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