Governo
Una Merkel anche per noi
Il linguaggio è uno strumento di comunicazione, ma anche di classificazione della realtà. Lo sa bene chi è appassionato di poesia, e si trova di tanto in tanto di fronte a parole che sembrano dare forma al proprio mondo interiore, fino a quel momento informe: «È esattamente ciò che sentivo e ciò che pensavo!», si dice o si pensa di solito, una sorta di Eureka! dell’estetica e del senso delle cose. Per questo motivo è riduttivo pensare che un bel discorso sia solo esibizione di bravura retorica, bensì si deve guardare a un discorso come a un artificio capace di modificare il nostro pensiero, dandogli un ordine in parte nuovo.
Viene quindi da chiedersi che categorie abbia utilizzato Mario Draghi nel suo discorso al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, e se a renderle così solenni siano solo gli attributi del soggetto che le ha messe in campo, o se davvero si tratti di un discorso capace di ispirare razionalmente in sé, indipendentemente da chi lo pronunci. Per fare questo esiste una tecnica, l’Analisi del Contenuto, che tramite l’analisi di alcune caratteristiche di un corpus linguistico è in grado di definirne lo spazio semantico nelle sue articolazioni e dimensioni costitutive.
Si cominci con una prima caratteristica, superficiale ma non per questo banale, ossia il mondo lessicale in cui ha preso corpo il discorso di Draghi: il vocabolario. La parola più ricorrente è futuro, che viene impiegata all’interno di messaggi di peso quali: «Oggi privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di disuguaglianza», «Il futuro è nelle riforme anche profonde dell’esistente» e «Il fondo per la generazione futura Next Generation UE arricchisce gli strumenti della politica europea», per citarne alcuni. Guardare al futuro è un passaggio che molti pensatori stanno facendo, tra webinar e instant book, ma sembra che il discorso politico del Governo fatichi ad appropriarsi di questa direttrice di senso, che può trasformarsi tanto in incertezza quanto in speranza. La seconda parola più usata è europeo, che però diventa la prima se sommata al numero di occorrenze di Europa, seguita da oggi e da incertezza.
Osservando più nel dettaglio le classi che compongono il mondo lessicale del discorso di Draghi, l’Analisi del Contenuto mostra sei aggregati di senso, che ruotano attorno ad alcune parole-chiave e si strutturano gerarchicamente. La classe che mette al centro guerra mondiale si associa a quella che parla di regola comune, una relazione interessante che può essere interpretata come l’origine storica del progetto europeo, ossia dotarsi un sistema di regole condivise per evitare di precipitare in nuovi conflitti interni. Una classe piuttosto fuzzy si coagula attorno all’espressione punti di riferimento, cui si associano i concetti di investimento, di debito, di impegno finanziario; questa classe fa il paio con un’altra che assume come nuclei parole come richiedere, decisione e Governo; è plausibile interpretare questo intero ramo come un passaggio argomentativo di natura tecnica, in cui vengono connessi gli impegni europei alla necessità di assumersi la responsabilità governativa di decidere. Le ultime due classi chiariscono il passaggio tecnico e lo svolgono in senso più ideale, ponendo come centri rispettivamente i concetti di obiettivo e di cambiamento: insieme, offrono esattamente quella direttrice necessaria al pensiero volto al futuro, affinché l’incertezza non si trasformi in sabbie mobili.
Infine, la distribuzione delle parole in base al network delle loro associazioni nel discorso, genera uno spazio semantico generale dominato da due dimensioni, che possono essere interpretate come segue: la prima va dal macro al micro, dove il macro è sia quello dell’Unione Europea che del mondo, della piattaforma internazionale; la seconda dal piano etico a quello politico. Incrociando queste due dimensioni, emerge l’indicazione da parte di Mario Draghi di lavorare per rinforzare l’identità europea, adottando un blue sky thinking che si traduca in obiettivi politici chiari, coraggiosi, capaci di connettere l’Italia al contesto europeo e internazionale.
La domanda che rimane sullo sfondo è: “Si candiderà?”. Ovviamente non è possibile tramite l’Analisi del Contenuto leggere nella mente delle persone; su Il Mulino Alessandro Merli sostiene che la questione non sia al momento interessante, e in parte ha ragione. Quello che si può dire stando sul piano dei fatti, è che Draghi ha le idee molto chiare, e ha un’ottima capacità di esprimerle; sottoposti alla medesima procedura di analisi, i discorsi di Conte si configurano come labirintici e fumosi, scanditi solo ogni tanto da frasi a effetto che fissano il punto; Mario Draghi, invece, esprime una chiarezza e una linearità che lo avvicinano molto ad Angela Merkel.
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