Governo
Tutto è ‘Possibile’, ma solo se non è un album antirenziano
Più movimento che partito, più il tentativo di una “cosa nuova” che la riproposizione di una “cosa rossa”. Insomma più Podemos che Syriza. L’obiettivo di Possibile, nuovo soggetto politico promosso da Pippo Civati uscito dal Partito democratico, è davvero ambizioso: fondare una forza di governo alternativa al Pd. Non proprio una robetta.
Il pur lodevole entusiasmo dei promotori non riesce però a nascondere una constatazione: non è remota l’ipotesi che l’esperimento diventi uno dei tanti fallimenti della politica italiana. L’ennesima sigla, ricondotta a un alveo di sinistra, affogata nella litigiosità storica delle forze progressiste Made in Italy. La lunga fase che ha preceduto l’assemblea costituente del 21 giugno, a dire il vero, non è stata un inno all’incoraggiamento. Sui social network i “possibilisti” si sono spesso concentrati sulla critiche al Pd, al governo, all’egocentrismo di Renzi, alimentando la sensazione che il progetto politico nasca dal risentimento più che dalla volontà di innovare. La grande trappola per Civati è propio questa: configurarsi come un movimento antirenziano. Il Partito dei Rosiconi.
Tuttavia, sul fronte degli ultras renziani non mancano sfottò e attacchi a “Possibile”, evidenziando che esiste una certa preoccupazione per la concorrenza a sinistra. Uno spettacolo tutt’altro che emozionante e sicuramente non inedito sugli schermi della sinistra. E che però danneggia maggiormente Possibile, al quale si chiede di uscire dalla logica degli “anti” e di schemi che hanno annoiato, foraggiando il disinteresse. Le grandi innovazioni richiedono un mix di fattori (tempismo, efficacia degli slogan e ovviamente fortuna), ma soprattutto prevedono una radicale critica al sistema e la capacità di andare oltre il proprio bacino naturale di elettori.
In Italia c’è l’esempio del Movimento 5 Stelle che ha fondato il successo sulla posizione anti-sistema, non solo concentrata sull’opposizione a Berlusconi. Volgendo lo sguardo al di fuori dei confini nazionali, a un modello molto affine a Possibile, Podemos ha attirato il voto di protesta intercettando un disagio più ampia rispetto alla semplice critica verso il premier conservatore, Mariano Rajoy, o verso i socialisti, che hanno avuto più di un cedimento neo-liberista (anche nell’era del tanto osannato, in Italia, Zapatero). In Grecia Syriza, nato come cartello di post comunisti, è diventato una sorta di Partito della Nazione, nel senso che è stato votato anche da elettori di diversa estrazione politica.
Peraltro la galassia della sinistra italia presenta già una grande offerta politica, tra vecchie sigle come Sel e Rifondazione comunista e formule come la Coalizione Sociale di Landini. Un panorama zeppo che impone davvero un progetto diverso, una “possibilità” di cambiamento senza per forza inglobare queste altre realtà. D’altra parte, tra tante difficoltà, c’è un’annotazione incoraggiante per Pippo Civati: un elettore su due ha disertato le urne alle scorse Regionali. Una maggioranza che potrebbe tornare al voto davanti a un cambio di passo, a una proposta effettivamente nuova. Del resto il fenomeno dell’astensionismo non si risolve con i commenti e l’invocazione di una riflessione nelle nottate post elettorali, bensì cercando di riportare gli elettori alle urne con idee convincenti. A partire dalla più convincente di tutte: un piano di riduzione dei costi e degli sprechi della politica.
Insomma il ‘Possibile’ di Pippo Civati deve saper superare le delusioni per le prime Leopolde tradite e andare oltre alle querelle del passato con gli scontri personali. Perché se ‘Possibile’ diventa l’album delle figurine dei delusi da Renzi, allora è destinata – nella migliore delle ipotesi – a una testimonianza identitaria.
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