Costume

Il Covid ha messo a nudo la grande ingiustizia sociale di questo Paese

2 Novembre 2020

È inutile che il Governo della Repubblica si affanni nel portar ristoro: non funziona più, primo per le non brillanti performance esecutive della primavera; per la esiguità del “dono” non rispetto alle perdite presenti quanto alle paure del futuro; per un meccanismo di controllo sociale e costruzione del consenso basato sul poco regalato a tutti che ha perso ogni efficacia. Quando nella stessa tribù c’è chi sta tranquillo in “telelavoro”, quelli a casa “senza lavoro” capiscono che la coperta del welfare non solo è corta ma è pure malamente stesa con caldi risvolti per qualcuno e più dei piedi freddi per altri e non c’è argent de poche che ristori.

Il vero capolinea del Paese è questo, è la consapevolezza della esistenza di una ingiustizia sociale, è la percezione nel passato ma oggi divenuta certezza insopportabile che una parte di esso viva a prescindere e un’altra da troppo tempo stia con paura sulle montagne russe. La constatazione che il Lavoro non è più né un passaporto di mobilità sociale né un elemento di cittadinanza come ci è stato insegnato in epoca fordista: il lavoro per qualcuno assomiglia a una rendita, per altri ad un rischio non prezzato.  Non è cosa nuova, abbiamo scritto più e più volte dalla rivoluzione del 2008 che non era possibile esistessero due prezzi per uno stesso lavoro e che non ha senso che chi è impiegato in ambiti protetti dalla concorrenza, che viva di rendita pensione o stipendio pubblico poco importa, abbia visto mantenere o crescere il proprio potere di acquisto rispetto a chi non vede remunerata in alcun modo e anzi pesantemente tassata la propria disponibilità al rischio perché anche un lavoratore privato  “fortunato” con contratto a tempo indeterminato guarda con speranza di cavarsela l’allungamento del blocco dei licenziamenti: figuriamoci in che condizioni vivono tutti gli altri, con o senza forme contrattuali. E la grande novità è che queste considerazioni non valgono più solo per il Sud, da sempre terra di sommerso, ma esplodono al Nord con le nuove povertà, famiglie passate da ragionevole agiatezza col mutuo a angoscia cassintegrata ormai monoreddito, donne in particolare giovani magari sole con figli che d’improvviso non sanno letteralmente dove sbattere la testa.

Il risultato è che alla fine anche i grandi commentatori della stampa si sono arresi e hanno rotto il (loro) silenzio dopo aver visto manifestazioni di categorie socialmente invisibili, dagli istruttori delle palestre alle colf ai ragazzi dei servizi meno avanzati agli operatori di Food & Entertainment che mai si erano visti come un corpo sociale e che hanno guadagnato una consapevolezza di sé travolti dalla pandemia e dai provvedimenti connessi. Non vale nulla dire che alcuni sono evasori fiscali, altri oscuri nel nero: se sono così è per uno scambio iniquo tacitamente accettato dai governi indistintamente dal colore. Non vale dire che ci si farà carico di loro: non ci credono e non sarà così.
Non solo oggi il Governo dovrebbe proporre piani per il Recovery Found basati sugli investimenti e non sulle caramelle ma a questi “sconosciuti al collettivo” va data una prospettiva, non una piccola prebenda. Bisogna dire a tutti costoro, e sono tanti, che a fine pandemia il loro trattamento fiscale non sarà una promessa di riduzione tra tre anni ma un tangibile cambio di passo immediato.

Va spiegato che ci sarà (e fatto in modo che ci sia) una Norimberga della Burocrazia, quella che comprava banchi a rotelle e non vaccini antinfluenzali, che sparirà dal raggio dell’occhio il “telelavoro” degli altri sulle loro più inutili delle pratiche amministrative . Insomma, ad un Paese che vive il presente con una dannata paura del futuro, anzi a quel pezzo della tribù, devi andare a dire che hai capito e che oggi devi tenerti i cerotti anche da solo ma il futuro te lo rendo più sicuro e più remunerato. Se non capiamo che la tribù guarda il cielo per paura che capiti qualcosa e non per ciò che è capitato assisteremo non a una pandemia ma al disfacimento della coesione sociale del Paese, della solidarietà, del vivere civile nella speranza del domani.  Basta avvocati da dpcm pandette e meline, vogliamo impetuosi visionari: teniamoci anche il virus ma tornate a farci sognare, perdiana!

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.