Governo

“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”

30 Giugno 2019

Matteo contro Carola, opposte fazioni, opposti populismi (ne ha scritto con il solito acume Paolo Pombeni), opposti estremismi.

La riprovazione per il Capitano e per i suoi sguaiati, bercianti e a tratti schifosi accoliti fa pendere chiaramente la bilancia della simpatia per la Capitana, che disobbediendo salva vite umane di disperati e forza il blocco del nostro George Wallace. Sì perché se andate cercare (anche qui) troverete un Capitano in Alabama nel 1963 che cerca di non fare entrare una bambina nera con le treccine alla Greta in una scuola desegregata, salvo dire due minchiate e andarsene, com’è tradizione della destra scoreggiona in piena costante campagna elettorale.

Tutti con Carola dicevamo, anche se stare “con”, soprattutto “senza se e senza ma” fa sempre piazza pulita di dubbi, domande, inquietudini e contraddizioni che oggi sembrano crepe nella fede assoluta, ma in momenti meno sciatti di questo sono stati alla base della cultura scientifica e di quella democratica. Perché i problemi sono complessi e rendersene conto non è tentennamento da senza palle, ma sostanza con cui fare i conti per chi voglia risolvere quei problemi e non semplicemente crearsi l’ennesimo codazzo di corifei scemi e festanti.

Invece del noioso masticamento dei problemi e del riconoscimento che quasi sempre ci sono luci e ombre, poi i valori di ognuno fanno propendere per un campo di soluzioni e la politica interviene per trovare la quadra, si preferisce l’investitura di portabandiera delle soluzioni semplificate dietro ai quali schierarsi.

Per questa ragione l’ennesima contrapposizione personalistica tra supereroe buono e supercattivo, che peraltro si può sempre rovesciare a clessidra nel campo avverso, mi trova non solo freddo ma infastidito.

Un conto sono le esigenze della stampa cialtrona e sfaticata, che dal direttore del Daily Planet agli attuali rimpaginatori nostrani di social network ha sempre bisogno di contrapposizioni nette, supereroi e supercattivi, un conto sono le conseguenze tossiche di questa personalizzazione, o come la chiama un mio amico “la ricerca furiosa di leadership testosteroniche”. Soprattutto perché le conseguenze non sono da tempo avvertite solo nel campo avverso, culturalmente portato agli uomini della Provvidenza. Il proto Matteo nasce a sinistra, con tanto di tweet libero, ubiquità, impasto tra personale e politico.

Quanto questa cultura tossica sia penetrata in profondità lo si capisce dall’imbarazzo con cui anche il mondo progressista guarda all’anacronismo rappresentato da Zingaretti, un Clark Kent meno belloccio ma altrettanto inabile al supereroismo, con le aggravanti di non avere una cabina telefonica per redimersi divenendo Superman e soprattutto di non essere in grado di opporre alcun modello alternativo alle opposte curve.

Magari mascariata in corpi di donna (Carola, Greta), la leadership testosteronica democratica e progressista sembra l’unica alternativa alla leadership testosteronica fascistoide o semplicemente idiocratica. Ci si aspetta (spero di no, che ha tanto da fare a Milano) che Sala prenda le redini del PD perché anche agli occhi dei detrattori di Matteo Renzi sembra ineluttabile la necessità di un leader tripalluto da contrapporre al Matteo attuale. Ma cambiare supereroe ha un effetto necessariamente breve sul miglioramento del dibattito pubblico, e l’effetto Flaiano (per il quale gli intellettuali passano tre stadi, giovane promessa, solito stronzo, venerato Maestro, che nella politica si riducono rapidamente ai primi due) è sempre dietro l’angolo se ti devi caricare sulle spalle i destini del mondo, promettere l’impossibile, twittare come se non ci fosse un domani e farti fotografare mentre mangi qualsiasi cosa. Se continuiamo ad appiccicare macro problemi a singole figurine di eroi solitari, che chiamiamo con il nome proprio, faremo solo fuori una potenziale classe dirigente dopo l’altra, senza mai costruirne una vera e almeno provare a risolvere quei problemi che, come l’immigrazione, hanno un densità morale, economica e politica tale da non poter stare sulle gracili spalle di Carola né sulle flaccide spalle di Matteo. I 5 Stelle avevano da questo punto di vista avuto con “l’uno vale uno” l’unica intuizione decente della loro ingloriosa parabole politica ma sono stati fagocitati dal bisogno di facce e di eroi, e hanno prodotto Superpippo.

Non servono nuovi supereroi, serve una nuova antropologia politica che spersonalizzi il dibattito e, senza tornare a Tribuna Politica, restituisca profondità e complessità a temi che non stanno nei 140 caratteri di un tweet. Bisogna ripensare le modalità con le quali si forma e si veicola il messaggio politico, spersonalizzandolo non perché c’è un Cariglia al comando della nave, ma perché si ha un’idea diversa di come fare nascere, veicolare, discutere e realizzare.

È un lavoro improbo, ma è l’unico necessario per evitare che le leve del governo passino da un cantante trap al successivo.

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