Governo

#slowpolitics contro il logorio della politica moderna

3 Agosto 2018

Quando le serie TV si chiamavano ancora telefilm, andava tantissimo di moda basare un episodio sul tema del doppio, in virtù del quale l’eroe buono si trasformava per sortilegio, sostituzione con un sosia o per qualche altra diavoleria nel suo negativo salvo poi rinsavire, chiedere scusa a tutto e fare fuori il cattivo di turno. Non ho mai amato questo espediente narrativo e da bambino mi impressionai molto per una puntata simile del mio telefilm preferito, “L’uomo di Atlantide” con Mark Harris che da eroe veramente buono (non per niente lo interpretava Patrick Duffy, il Bobby di Dallas) si era trasformato in un losco figuro per poi fortunatamente tornare in lui.

Ho ripescato questa Madeleine sepolta nella scatola dei ricordi inutili guardando distrattamente alla comunicazione torrenziale con la quale Matteo Salvini rende conto di tutto quello che fa nella sua ubiqua e superomistica giornata.
Mentre noi mortali accaldati stiamo mettendo a fuoco come gestire la macchinetta del caffè, l’Orban della Bovisa ha già respinto l’invasore, ingurgitato prodotto italiano, canzonato i nemici falso buonisti, baciato la sua Luisa Ferida su Novella 2000. Lontani i tempi in cui il nostro era un bolso demagogo con le felpe delle città dei raduni di bruciatori di croci, Salvini ora è un Oltreministro che veglia, difende, decide, nomina, ben oltre il proprio ruolo e le proprie prerogative. Se lo vedessimo a torso nudo con una fazzoletto in testa e una falce in mano esortare gli italiani a raggiungere l’indipendenza nella produzione del grano non faremmo un plissé.
Dopo meno di due mesi di governo Matteo Salvini è diventato il doppio di Matteo Renzi (e per me il suo sosia cattivo, per altri quello buono, a ciascuno il suo). Un leader più che muscolare, OGM, assatanato di apparire ovunque, di mettere becco ovunque, di piacere a chiunque italiano medio a cui oggi effettivamente piace proprio come piaceva plebiscitariamente quell’altro (sembra una vita fa, era meno di tre anni or sono).

Qui sta il punto al di là delle circonvoluzioni: viviamo in un’epoca di leaderismo steroideo nel quale solo un leader per volta riesce a emergere e per farlo deve essere costantemente sopra le righe, apparire più di Belen, mangiarsi la scena. Se, come disse una volta Renzi, l’Italia è scalabile, lui e Salvini sono raider di borsa, un po’ Soros (senza offesa Matteo S.) e un po’ Ricucci. Uscito di scena uno è apparso l’altro, mangiandosi non solo l’evanescente Facente Funzioni di Presidente del Consiglio, ma anche l’alleato di Governo, teoricamente più grande ma frenato da una certa flemma vesuviana e dal vincolo di dover aggiornare ogni notte il sistema operativo. Come già Renzi, anche Salvini si è infilato in uno spazio e l’ha occupato tutto e oggi il Governo sembra più suo che degli altri.

Quanto durerà (spero sinceramente una cosa più vicina ai 30 mesi del Parmigiano Reggiano che ai 30 anni di Francisco Franco evocati da Matteuccio Vostro) e dove andrà a finire non lo sappiamo ma alcuni elementi di attenzione (e segnali debolissimi) fanno pensare ad un’evoluzione ancora una volta renziana della parabola di Salvini.
Il primo è come dicevo in precedenza quello della semplice sostenibilità fisica e comunicativa di un agire politico basato sul costante monologo. È impossibile dopo un po’ non perdere smalto, annoiare, fare errori e se giochi da solo e hai demolito la panchina per costruire un monumento a te stesso non puoi mai prenderti un momento di pausa e farti sostituire, e ti consumi.

Il secondo elemento riguarda l’ineluttabile insorgere di tensioni a partire dall’interno del proprio partito come conseguenza della guerra di conquista dello spazio vitale della leadership OGM, che consiste in nuove porzioni sempre più larghe di elettorato e di conseguenza nell’allontanamento dalla costituency naturale di provenienza, che se all’inizio è una sana spallata dopo un po’ diventa apostasia e non viene più accettata dai vecchi compagni di strada. La rapidissima discesa di Renzi cominciò con il prendere forma di malumori sempre più solidi all’interno del PD che sfociarono in una guerra aperta contro la deriva di destra e il Renzusconi e solo dopo diventò ripulsa di massa e riscossa dell’opposizione. Come Renzi trovava grigio e sfigato il popolo della Sinistra (non senza ragioni) per pascolare nelle praterie del voto moderato, così Salvini sembra sempre più a suo agio più a destra e soprattutto più a Sud di dove la Lega si è collocata. Se Bossi strumentalmente si diceva antifascista, Matteo S. si trova benissimo con Casapound e strizza apertamente l’occhio alla destra più demente e alla sua chincaglieria, mentre la n’duja a Pontida e un inquietante selfie con mozzarella fanno capire che i terroni non solo sono sopportati da Salvini, ma anche decisamente benvenuti. Come nel caso di Renzi, il partito di provenienza diventa per i nostri manzi agli estrogeni una gabbia da allargare e se del caso da sostituire con una villa molto più confortevole. L’elettorato meridionale e quello di destra è molto più romantico degli artigiani e degli industriali veneti, preferisce i sogni alle solide realtà e dunque può essere tenuto a bagno molto più a lungo dalle supercazzole di Salvini e dei Nazisti dell’Illinois di cui si circonda.

Come ha segnalato l’ottimo Stefano Micelli sul Sole 24Ore di ieri, gli industriali veneti stanno invece cominciando a rumoreggiare per il carattere regressivo e anti imprenditoriale dei primi sparuti provvedimenti del Governo (e un fondamentale dibattito sulla Legge Mancino non credo farà loro cambiare idea). Se un maggiorente del partito come Zaia ha preso posizione sull’ennesimo episodio di violenza razzista con parole che neanche Jovanotti e un produttore di Prosecco uno spazio sul Corriere per dire che è antirazzista qualcosa forse nella Balena Verde si muove. Gli elettori leghisti sono di bocca molto buona e il partito rimane leninista ma se tanto mi da tanto qualche seria frizione di qui alle europee la vedremo, mentre Matteo S. farà la spola tra Predappio e Altamura.

Il terzo elemento di rischio per il Vostro risiede proprio in quella parte noiosa del governare che riguarda il fare le cose. Il Governo Lega – 5 Stelle non ha sinora fatto nulla se non insaponare discussioni inutili per “epatér les marxistes” (a cui attribuiscono un peso specifico e una diffusione molto superiori alla realtà, come è proprio dei fanatici) e abbozzare provvedimenti anti impresa e anti crescita, di cui abbiamo già scritto. Se Renzi prima ha fatto poi ha promesso e si è allargato fino a scoppiare, Salvini per adesso ha piazzato carrarmatini a Risiko. Aspettiamo il tiro di dadi della Finanziaria ma è possibile (e sperabile) che con un carrarmatino solo non terrà la Kamchatka e qui potrebbero iniziare i dolori.
A differenza dei leader palluti del passato, Craxi su tutti, i leader OGM contemporanei come gli squali sanno solo muoversi ma non possono mai fermarsi, altrimenti affondano e muoiono. La sconfitta non gli appartiene e non sanno gestirla, forse è il gene che hanno sostituito con quelli che gli permettono di non dormire e di avere un dito in più da utilizzare come selfie stick.

Cosa può fare l’opposizione in attesa che il Carnotauro si stanchi e crolli come nell’ultima scena di Jurassic Park III? Innanzitutto calmarsi, ché le tempistiche del dopo Salvini dipendono principalmente proprio da Salvini stesso, dai suoi (sicuri) prossimi errori e dalla guerra che gli muoveranno i generali leghisti sempre più in imbarazzo per la vacua meridionalizzazione di un partito che era magari di provinciali ma di pragmatici adoratori del fare e del lavoro, ossia il contrario della flanella attualmente prodotta. Calmarsi vuol dire esattamente smetterla di agitarsi a vuoto come un junior account di un’agenzia di comunicazione che deve fare vedere che lavora e smetterla di menarla con la mancanza di opposizione e soprattutto con questo spettacolo inutile della ricerca di una leadership senza un progetto, una faccia, un’idea, per trovare solo brutte figure.
Anche perché, mia modesta opinione, le alternative sono solo due, radicalmente opposte e comunque molto lontane dal nulla attuale.

La prima, la meno interessante e più pigra e dunque quella che probabilmente sarà percorsa, è quella di cercare un altro manzo OGM, un altro Renzi sempre più pompato. Per questo non servono congressi ma casting e un po’ di fortuna. Per quanto mi riguarda, pensare alla Terza Repubblica come ad una successione di culturisti di destra e sinistra è una prospettiva tristissima e priva di qualsivoglia interesse, anche quello minimale di uscire di casa per votare.
La seconda opzione, che decisamente mi affascina di più, è quella di immaginare non un avvicendamento tra sosia, ma un paradigma nuovo. Sostituire al Monarca un gruppo dirigente, magari con una storia e un radicamento territoriale e sulle cose e magari in grado di ragionare su una visione di medio periodo che produca idee di politica non partorite su due piedi e magari (addirittura) in grado di comunicare usando i social network come un adulto a cui affidereste lo scuolabus dei vostri figli.
Cosa dite? Sa di ritorno al passato? Tutt’altro. È #slowpolitcs, ed ha con il passato lo stesso rapporto che intercorre tra lo Slow Food e i contadini dell’800. Magari ci si occupa delle stesse cose, ma con un livello di consapevolezza, cultura e di attenzione alla qualità della vita e al futuro che non hanno assolutamente paragoni.

Come si fa la #slowpolitics? Innanzitutto parlandosi, e comunicando quando si ha qualcosa da dire. Si lascino Martina e Orfini a dire che Salvini è brutto e cattivo, tanto oggi l’opposizione non se la calcola nessuno e chi ha qualcosa da dire si incontri e inizi a parlare lasciando i cellulari in un cesto vicino alla porta.
Pensate se si trovassero a cena Pierfrancesco Majorino e Carlo Calenda a parlare di povertà e Impresa 4.0 e poi invitassero Cristina Tajani e magari anche qualcuno di più lontano. Senza niente da produrre subito né tweet da fare, senza alleanze sotterranee e intrighi di potere (anche perché rimane ben poco da intrigare), ma con la voglia di progettare un paradigma nuovo di politica e di Governo, sapendo che molti pezzi già ci sono e soprattutto che bisogna farsi trovare preparati al nuovo 25 luglio. Poi ci si potrà nuovamente dividere, addirittura correre uno contro l’altro alle primarie, ma si sarà condiviso un percorso che avrà fatto bene a tutti e al pianeta.
Saremo finalmente passati dalla politica OGM alla #slowpolitics, contro il logorio della politica moderna.

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