Governo

Alcune cose strane o ridicole accadute prima o dopo il voto al Senato

21 Luglio 2022

La giornata del 20 luglio 2022 forse non passerà alla storia (se non per gli incendi, il caldo e i morti da caldo in tutta Europa), checchè ne dica il ministro Di Maio, però sono accadute in Italia varie cose strane o ridicole. Piccoli fatti, non sempre senza importanza.

A Matteo Salvini i cronisti chiedono se voterà no alla fiducia, e Salvini risponde: “Farò quello che mi dice il mio capogruppo, io di cose tecniche non ne capisco”. Che vuol dire? Da quando il segretario della Lega, potentissimo nel partito, da una vita in politica, fa ciò che gli dice il suo capogruppo?

“Poteva finire in maniera più dignitosa” dice Giancarlo Giorgetti a fine giornata. Giorgetti è il più filo-Draghi dei ministri. Cioè?

In questi giorni non il popolo italiano (rarefatte le manifestazioni a Roma e a Milano), ma gli imprenditori italiani, in particolare quelli del centronord, hanno espresso un sostegno molto forte a Draghi. Basta leggere le parole del presidente di Confindustria Vicenza, Laura Dalla Vecchia: “Draghi […] di gran lunga il capo del governo più rispettato che abbia avuto l’Italia a livello internazionale, il ministro Franco […] il presidente Mattarella […] sono un patrimonio immenso per il Paese”. Chi conosce i vicentini sa che sono cauti di natura, e difficilmente usano l’aggettivo “immenso”.

In Umbria la presidente di regione è una leghista, e anche da lì arriva l’accorato appello del presidente della Confindustria locale, Vincenzo Briziarelli: Draghi resta e aiuti le aziende in difficoltà.

Forse è per questo che Salvini e colleghi escono dall’aula, perché non si vogliono assumere le loro responsabilità di fronte alla loro constituency naturale? Luca Zaia, da Venezia, aveva premuto sino all’ultimo per un sostegno a Draghi, dicono. E con lui importanti sindaci del Veneto: da quello di Venezia Luigi Brugnaro a quello di Vicenza Francesco Rucco, sino ai sindaci di centri minori ma vitali come Thiene, Rotzo, Breganze. Intanto ci sarà un cambio nello stile comunicativo di Zaia, dicono.

In ogni caso degno di nota ciò che twitta Giovanni Diamanti:

Fermo restando che Salvini porta ben più voti di Fedriga e Zaia, alle nazionali (gli elettori sanno distinguere tra elezioni regionali e nazionali), il silenzio dei due governatori è dovuto al fatto che in un’alleanza a trazione meloniana la Lega che piace è quella nazionalpopolare di Salvini, e non quella frondista del nordest? O il silenzio prelude invece ad altro?

Sono passate poche ore dalla (s)fiducia al Senato, e su Facebook circolano foto in bianco e nero con Salvini, Conte e Berlusconi, responsabili della funesta giornata.

Ebbene, quanto peseranno meme come questi nei prossimi mesi? Il capostipite dei populisti, l’Avvocato del Popolo e il Capitano saranno perseguitati da meme siffatti sino alle elezioni d’autunno? Tutti e tre nella stessa cesta? Di certo alcune delle penne più autorevoli e note dei giornali più influenti hanno iniziato a massacrare il M5S e il centrodestra. È un segnale molto interessante.

Su Twitter mi imbatto in una battuta che non fa ridere:

In un paese serio dopo una giornata parlamentare come quella di oggi durante la notte ci sarebbe un colpo di stato. Per nostra fortuna non lo siamo.

Ora, da analista geopolitico posso dire per nostra fortuna che l’Italia è in Occidente e nella UE, e che in Occidente e nella UE i colpi di stato non vanno più tanto di moda, persino nel Brasile di Bolsonaro per ora non ce ne sono stati, anche se qualche timore inizia a serpeggiare, e Lula gira sempre con il giubbotto antiproiettili… In ogni caso penso che gli italiani, di destra e di sinistra, siano assai affezionati alla democrazia. E di golpisti all’orizzonte non ne vedo, per fortuna, anche se nei bar qualcuno c’è.

Bizzarra una dichiarazione di Enrico Letta, di solito così posato e responsabile:

In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia. Noi abbiamo messo tutto l’impegno possibile per evitarlo e sostenere il #governoDraghi. Gli italiani dimostreranno nelle #urne di essere più saggi dei loro rappresentanti.

Il parlamento ha votato in modo discutibile ma legittimo. Il parlamento è il perno del nostro sistema democratico. Continuare a delegittimare il parlamento significa indebolire uno dei pilastri del nostro vivere comune. Siamo, difatti, una repubblica parlamentare. Inutile scrivere il parlamento con la P maiuscola, se poi lo si liquida così.

Su Facebook e Twitter impazzano le dichiarazioni che pronosticano apocalissi per l’Italia. Si parla addirittura di #gameover. Ora, senz’altro le finanze nazionali non sono così floride (e i cds sull’Italia mi pare abbiano avuto un’impennata), ma questo catastrofismo uno lo trova nelle cronache dopo Caporetto, quando si parlava di ritirarsi addirittura sul Mincio… L’Italia resta una potenza industriale e culturale, non dimentichiamolo, e con un ruolo geopolitico primario nel Mediterraneo allargato.

La Gelmini lascia Forza Italia. Come ha fatto notare il direttore di questo quotidiano, si sono aperte le danze.

In ogni caso, se Draghi vuole davvero continuare a governare, e a implementare il programma delineato al Senato, l’unica cosa che potrebbe fare sarebbe capitalizzare lo sdegno di milioni di italiani lanciando (o facendo lanciare) “un partito di Draghi” (o meglio, “un partito per Draghi”). Alla Macron, per intenderci, federando amministratori draghisti come Brugnaro e Nardella, manager, industriali, scrittori alla Scurati, sportivi, professionisti ecc. Se Draghi non ci vuole mettere direttamente la faccia, consiglio un volto televisivo, autorevole ma rassicurante, e non politico. Deve piacere alle mamme e ai nonni, e non irritare i papà e i figli. Buon casting.

Intanto vediamo cosa dirà Draghi oggi e nei prossimi giorni...

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