Governo
Se Conte parla a vanvera sullo Stretto di Messina e l’Alta Velocità
Giuseppe Conte mi è sempre sembrato la caricatura dell’Italiano del Sud che ce l’ha fatta: ben vestito, mai una parola fuori posto, devoto a Padre Pio, avvocato di successo e assolutamente alieno da tutto ciò che riguarda numeri e tecnica. A parte che non lo si potrebbe definire un intellettuale, ricorda la famosa definizione di “intellettuale della Magna Grecia” con cui Gianni Agnelli definì Ciriaco De Mita.
Dov’è il problema? Che per fare politica non basta legiferare, bisogna avere comprensione della situazione e almeno un’infarinatura delle questioni tecniche. È stato imbarazzante ieri leggere che Conte si è espresso contro il ponte sullo Stretto di Messina e invece a favore di un fantomatico tunnel sottomarino, ma dopo l’Alta Velocità.
Gli argomenti di cui parlava riguardano la spesa di molti miliardi di euro da parte dello Stato, che può essere un investimento azzeccato o uno spreco gigantesco di risorse prese a prestito. Piacerebbe che il Presidente del Consiglio sapesse di che cosa parla e purtroppo ha dimostrato il contrario.
Il Ponte sullo Stretto è una vexata quaestio, soprattutto perché non esistono al mondo ponti di una lunghezza simile, lasciando pur stare la natura sismica dei luoghi. Evito di esprimere un parere sulla fattibilità, che va lasciato agli ingegneri. Il tunnel sottomarino invece è una chiacchiera da bar, che il capo del Governo non dovrebbe mai fare, se non dopo aver bevuto troppi bicchieri.
Parlarne come se si trattasse di una scelta possibile è dare aria fritta agli Italiani, lisciando il pelo a chi ritiene che la soluzione sia sempre spendere soldi al Sud, indipendentemente dai risultati che possono portare, dalla fattibilità, da una seria analisi di benefici e costi, quelle cose su cui insisteva il povero professor Ponti ingaggiato dal Governo precedente, che stranamente era presieduto dal medesimo Giuseppe Conte, uomo che può fare infinite giravolte senza un plissé, sempre più o meno elegante e chissà che profumo usa, ma signora mia è tanto perbene, non come quel maleducato di Salvini o del sudaticcio Zingaretti.
Un eventuale ponte sullo Stretto dipende sì anche dallo stato delle ferrovie di qua e di là dal Faro, ma non solo, perché naturalmente sarebbe anche stradale. Tuttavia parlare di Alta Velocità è assolutamente uno sproposito, perché l’Alta Velocità da Torino a Salerno ha significato costruire una ferrovia ex novo, posare dei binari nuovi aggiuntivi rispetto a quelli della ferrovia precedente, che è stata lasciata al traffico lento di treni locali e merci.
Un investimento del genere presuppone un elevato traffico che non può esistere con la densità di popolazione a sud di Salerno, ma anche a est di Venezia o a sud di Rimini, dove non c’è alcun bisogno di costruire una nuova ferrovia. Si è deciso da tempo invece di investire per aumentare la velocità di percorrenza delle ferrovie esistenti e purtroppo i lavori procedono spesso a rilento, ad esempio in Molise c’è un tratto di ferrovia a singolo binario, che uccide la capacità della linea che collega la Puglia al Nord. Questioni di finto ecologismo, di speculazione edilizia futura e di testardo campanilismo. Oltre ai tipici ritardi dovuti ai comitati del no c’è scarsità di risorse assegnate, che sarebbe bene superare.
L’ Alta Velocità di cui parla Conte può essere soltanto l’investimento di cifre consistenti, ma non enormi, sulla linea Salerno-Reggio Calabria esistente, ad esempio per creare una scorciatoia che salti il Cilento o per quadruplicare la linea fra Salerno e Battipaglia, con l’obiettivo di accorciare il viaggio e portare a 200 km/h la velocità dei treni a lunga distanza per Reggio. L’obiettivo è fattibile e non faraonico, ma non migliorerebbe molto i collegamenti con la Sicilia, che ha una rete ferroviaria inadeguata. Il minimo sarebbe avere una linea a doppio binario fra Messina e Catania-Siracusa, fra Messina e Palermo e fra Catania e Palermo. Si può fare investendo cifre consistenti, il professor Ponti sarebbe contrario, ma chi se ne importa.
SI sono investite cifre enormi per l’Alta Velocità e purtroppo si sono sprecati almeno dieci miliardi di euro per costruirla con pendenze compatibili con il traffico merci che su quei binari non è logico che viaggi. Nessun treno merci è mai passato sull’AV e nessun treno merci ci passerà mai, fatta eccezione per qualche servizio di trasporto notturno di pacchetti leggeri, effettuato con carrozze AV a cui sono stati tolti i sedili, insomma un traffico che è merci per modo di dire.
Perché si sono buttati dieci miliardi? Per poter dire che non si faceva la linea veloce per supposti ricchi viaggiatori, ma anche per le merci che oggi continuano a viaggiare sui camion, per sembrare verdi e per avere a favore i voti dei Verdi. Si trattò del trionfo dell’incompetenza e della retorica, esattamente quello che trasudano le dichiarazioni di Giuseppe Conte.
Per migliorare seriamente le prestazioni delle ferrovie italiane bisogna investire quei miliardi che lo Stato ora lesina, dopo l’indigestione e gli sprechi della costruzione dell’AV. Bisogna investire con oculatezza, accelerando i programmi esistenti, ma senza progetti immaginifici e campati per aria o annegati come il tunnel sottomarino di cui Conte vaneggia. Quelli servono solo a fare bella figura nei talk show davanti a un pubblico che premia la vacuità, la bella figura e l’incompetenza e che si annoierebbe davanti ai modi dei “Paesi frugali”.
Come cantava Heather, delle cicale ci cale, ci cale, ci cale, della formica invece non ci cale mica, ma d’inverno smetteremo di ridere, passata la sbornia del debito facile.
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