Governo
Se c’è un complotto contro il governo, a ordirlo è la realtà
Ieri la Commissione europea ha respinto il Documento programmatico di bilancio presentato dall’Italia il 15 ottobre scorso. Lunedì 22 il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, nella lettera di risposta alle osservazioni della Commissione Europea sulla manovradi Bilancio aveva ribadito che il governo italiano non intende modificare la manovra, benché sia “cosciente” che questa violi le regole del Patto di stabilità e crescita. Adesso il governo ha tre settimane di tempo per presentare una nuova manovra rispettosa dei parametri stabiliti in modo comune dai paesi dell’Unione Europea. Se il governo si rifiutasse di farlo sarebbe molto probabile l’apertura nei confronti dell’Italia di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo. Dalle recenti dichiarazioni del premier Giuseppe Conte e dei vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il governo non sembra intenzionato a fare passi indietro. Proviamo a riepilogare quanto avvenuto in questi giorni e a chiarire le ragioni di questo empasse.
Dopo gli avvertimenti di Bankitalia e della Corte dei Conti, la bocciatura dell’Ufficio parlamentare sul Bilancio, i moniti del Fondo Monetario Internazionale e della Bce, la lettera della Commissione europea, venerdì 19 è arrivato anche il giudizio di una delle più importanti agenzie di rating. Moody’s ha declassato il rating dell’Italia da Baa3 a Baa2, pur mantenendo l’outlook stabile. Il downdgrade di Moody’s, che ha collocato i titoli di Stato italiani appena un gradino sopra al livello junk (“spazzatura”), era tanto atteso quanto prevedibile. Sebbene sia una buona notizia che Moody’s abbia giudicato stabile l’outlook dell’Italia – cioè la sua prospettiva –, il motivo di questo giudizio non è molto rassicurante. L’Italia è stata ritenuta in grado di far fronte a un’eventuale crisi finanziaria grazie al livello elevato del risparmio degli italiani, “una rilevante fonte di potenziale di finanziamento per il governo”.
Nel frattempo i mercati avevano già bocciato la manovra. Giovedì 18, in chiusura, lo spread ha raggiunto i 328 punti base, il livello più alto dal 2013, mentre venerdì 19, in apertura, ha toccato il picco di 341 punti base. Questo mentre i capitali esteri continuano la loro fuga dall’Italia iniziata con l’insediamento del governo giallo-verde. Nel suo ultimo rapporto sulla bilancia dei pagamenti, Bankitalia ha segnalato che solo ad agosto gli investitori esteri “hanno venduto titoli di portafoglio italiani per 17,8 miliardi di euro (di cui 17,4 titoli pubblici)”. Le banche stanno già trasferendo su imprese e famiglie il maggior costo del denaro. E’ in corso infatti una contrazione del credito (credit crounch), per cui le banche erogano meno prestiti e i nuovi prestiti erogati sono più onerosi per i debitori a causa del rialzo del costo del credito. Questa dinamica richia di avere un forte effetto recessivo sull’economia italiana.
Ciononostante, il governo non da segni di ravvedimento. La scommessa è che l’Italia sia troppo grande per fallire (too big to fail) e che la nuova governance europea che emergerà dalle prossime elezioni europee possa essere più clemente verso l’Italia. Entrambe le ipotesi sono piuttosto fragili. Primo, in questo periodo di turbolenza sui mercati alla crescita dello spread dell’Italia non si è accompagnata una crescita dello spread degli altri paesi dell’eurozona. In breve, non c’è stato il contagio atteso. Secondo, non è l’Europa dei burocrati a volere maggiore rigore da parte dell’Italia, ma l’Europa politica. Sono gli altri governi europei a volere che l’Italia rispetti le regole che si è impegnata a rispettare e che loro stessi hanno rispettato. Peraltro, come emerge anche dalle recenti parole del cancelliere austriaco Sebastian Kurz che ha invitato la Commissione europea a respingere la manovra italiana in assenza di significative correzioni, se alle prossime elezioni europee dovessero trionfare i partiti sovranisti la richiesta dell’Italia di maggiore flessibilità avrebbe ancora minore possibilità di essere accolta.
La manovra proposta dal governo è fatta quasi esclusivamente di spesa corrente finanziata in deficit che non avrà sulla crescita gli impatti moltiplicativi previsti. Il governo ipotizza una crescita del 1,5% per il 2019, quando in realtà tutte le principali istituzioni internazionali e gli altri istituti che producono stime economiche ritengono che sarà intorno all’1%. Se queste stime sono corrette vorrà dire che nel 2019 il deficit non sarà del 2,4% previsto dal governo, ma oltre il 3%. Gran parte degli interventi proposti da questa manovra sono di tipo redistributivo, prevedendo uno spostamento di risorse da chi lavora a chi non lavora (reddito di cittadinanza) e dai giovani agli anziani (riforma della legge Fornero). Solo una piccola parte degli interventi proposti riguarda gli investimenti. In breve, la manovra si basa su previsioni di crescita eccessivamente ottimistiche e potrebbe mettere a rischio la stabilità dell’Italia. Non c’è nessun complotto degli euroburocrati, dell’establishment, delle elite, dei poteri forti o dei tecnocrati. Se c’è un complotto contro il governo, a ordirlo è la realtà.
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