Governo

SCATTI E AUTOSCATTI DI UN RE NUDO

21 Gennaio 2015

Un selfie stretto stretto, che inquadri solo il volto perché non si veda che il Re è nudo. È questo il tipo di scatti a cui ci sta abituando da un po’ di tempo a questa parte il governo Renzi.

Il decreto legge che smantella in gran fretta il sistema delle banche popolari italiane e rischia di consegnarle alla speculazione, con buona pace delle esigenze di credito delle piccole e medie imprese del territorio, è solo l’ultimo di una serie di provvedimenti discutibili di cui non si discute mai. Le dichiarazioni del premier (“In Italia ci sono troppi banchieri e facciamo poco credito“) scelgono come sempre la semplificazione spiccia, anche a costo di perdere di vista il quadro d’insieme che, come nella vita reale, è sempre più complesso di quanto non ci piaccia pensare.

E qui sta, in nuce, la grande trasformazione antropologica per cui Matteo Renzi rischia seriamente di passare alla storia: la reductio ad autoscattum. Se il panorama è troppo ampio per la tua capacità di visione, non darti per vinto e concentrati su un dettaglio: il tuo volto. È triste dirlo ma sembra valere anche per molte delle politiche di questo governo.

Le ricette per far uscire il Paese dalla crisi non sono più oggetto di dibattito e nemmeno di riflessione. Il boccone è preconfezionato e va ingoiato in fretta, possibilmente senza perdere troppo tempo a tentare di interporre un concetto mentre si cerca di digerirlo. L’effettiva capacità di alimentare il cambiamento è affidata agli scatti di un premier che fa corsa a sé.

Il successo di Renzi sta anche nella sua capacità di presentarsi come eretico tra le fila dalla sinistra. Il suo indubbio talento nel trasgredire i riti della “chiesa progressista” ha dato coraggio a chi il Pd lo voleva innovare davvero e, al tempo stesso, ha fornito un alibi a chi pensava solo a distruggere senza troppi riguardi un intero gruppo dirigente. Se la scossa di Renzi sia di quelle che fanno ripartire il cuore di un partito o di quelle che lo radono a suolo, ce lo diranno i prossimi mesi.

Intanto, da premier, Renzi ha trasferito tale modus operandi all’intero Paese. Peccato che la complessità dei problemi italiani sia difficilmente riducibile agli angusti spazi di un selfie.

Ad ogni semplificazione spinta, ad ogni forzatura istituzionale, la democrazia viene irrorata di nuove tossine. Il premier farebbe meglio a non sottovalutarle. Un Paese che non solo sceglie in massa l’astensione ma che, nemmeno nelle sue classi dirigenti e in quelle che un tempo erano considerate élites culturali, si appassiona più alla politica, è un Paese più povero. Di idee, di talenti e, in prospettiva, anche di risorse.

Matteo Renzi sembra sempre più a suo agio in un’Italia che si accontenta di un selfie. Domani, però, potrebbe non bastare. Penso al giorno in cui, sempre sul terreno scivolosissimo della banalizzazione ad ogni costo, Renzi dovrà misurarsi con un altro fuoriclasse, quel Matteo Salvini che furoreggia grazie ad una sintonia epidermica con le paure più profonde degli italiani.

Nell’attesa, l’impressione è che Matteo Renzi tiri a campare, uno scatto dopo l’altro. Il problema è che, ogni volta che inquadra se stesso, volta le spalle al Paese.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.