Governo
Sanremo e il governo
Non guardo il festival di Sanremo, mi è capitato ogni tanto di sbirciarne pochi minuti sulla televisione di qualcun altro (non ho la televisione). Però guardo tutte le foto che i giornali pubblicano sui cantanti: mi piacciono in particolare quelle dei trapper, per via di tutti i tatuaggi che non avrò mai il coraggio di farmi, e perchè ormai molti rapper e cantanti sono “fluidi”, e quindi indossano abiti bizzarri, tra il maschile e il femminile, come Alex Wise, un ragazzo italiano, appassionato di outfit comprensivi di gonna e gioielli. E se qualcuno gli chiede (in modo più o meno diretto): “Sei per caso gay?”, lui rimane sul generico e conclude con: “Sono fatti miei”.
Ma Sanremo è un festival popolare, popolato per l’appunto da quel genere neutro che si incontra oggi a Milano, dove vivo, in metropolitana: ragazzi con la barba e il rossetto e lo smalto sulle unghie. Ma anche ragazze abbigliate da uomo, e poi tutta la gradazione possibile di quello che passa tra il sentirsi uomo o donna, perchè oggi siamo tutti post-storici anche per quanto riguarda il sesso. L’imperativo non è più quello di procreare bambini per il bene della nazione, che ha bisogno di soldati, operai, lavoratori, ma di godersi la vita, segno di una società matura, non più in espansione, destinata probabilmente al declino, proprio perché le donne, sopra una certa soglia di reddito, smettono di fare figli. Anche gli istinti biologici primitivi si spengono di fronte alla possibilità di uscire a divertirsi tutte le sere in compagnia degli amici, invece di vegliare un infante che magari non ti farà chiudere occhio.
Ecco, dopo aver fatto queste lunghe considerazioni, la domanda che mi faccio è la seguente: cosa c’entra il governo italiano, fatto da mature signore e signori, vestiti col completo e il tailleur, con il Festival di Sanremo? Perchè c’è una tale distanza siderale tra il più popolare degli spettacoli televisivi in Italia e i signori in naftalina che ci governano? Lo so che una risposta potrebbe essere: nessuno vuole essere governato da Alex Wise, né tanto meno lui vuole essere eletto deputato. E l’abbigliamento formale che si richiede a un rappresentante del governo è certamente diverso da quello di un artista.
Ok, tutto vero, ma continuo a ritenere una distopia la lontananza galattica, in Italia, tra i rappresentanti e i rappresentati. Non dico che i rappresentanti dovrebbero presentarsi in parlamento con i tappi neri per i tunnel auricolari (quegli enormi buchi nelle orecchie dove si infilano per l’appunto dei tappi), ma che per esempio potrebbero essere un po’ più giovani (l’età media dei membri del governo Meloni è di 60 anni), anche se l’età non è una proxy della bontà delle misure adottate da un governo. Giuseppe Conte con un governo di giovani ha procurato danni permanenti al bilancio dello stato italiano, e tutti pagheremmo per non rivederlo mai più a Palazzo Chigi.
Però, ciò detto, quella sfilata di becchini vestiti di scuro che sono i nostri attuali ministri, non riflettono neanche lontanamente le strade di Milano, la città più europea d’Italia, dove incontri persone anche molto diverse tra loro, alcune eccentriche, altre vestite con gli abiti da ufficio, tutti allegramente mescolati senza problemi. Oddio, dobbiamo riconoscere alla signora Meloni che i suoi completini rosa/azzurri hanno una capacità di fascinazione che manca a quasi tutti i suoi ministri: in questo li supera di molte lunghezze.
Ma anche dando per scontato che un ministro (per definizione) assomigli più a un becchino che a un normale cittadino, il governo italiano sembra uscito davvero da una compagnia di pompe funebri. Aggiungo che l’attuale governo si è anche specializzato nelle polemiche sulla “teoria del gender”, che non vuole dire assolutamente nulla, ma serve a richiamare alle orecchie di chi ti ascolta l’immagine di un uomo vestito da donna, con gli orecchini di brillanti, mentre, come ha detto Trump nel suo discorso inaugurale, ci sono solo due sessi: “maschio e femmina”.
Il richiamo della foresta, “Me Tarzan, you Jane!”, continua ad avere il potere di affascinare gli elettori di città di piccole-medie dimensioni, oppure appartenenti a gruppi religiosi cristiani fondamentalisti, o che vivono in campagna. Questi elettori, presi tutti insieme, fanno vincere le elezioni a chiunque si lanci da una liana con un costumino di leopardo urlando: “Me Tarzan, you Jane!”. Se poi ti fai un giro a New York, a Milano, a Parigi, ma credo anche a Kiev, ti accorgi che lì di Tarzan ce ne sono veramente pochi, così come sono poche le Jane.
E allora ti chiedi ancora: ma chi elegge i becchini al governo? Io credo che la risposta (non politically correct) sia appunto quelle categorie già nominate, che rappresentano le backwaters di un paese, le zone lontane dalle grandi città, in cui si respira invece un’aria di libertà e dove si viene naturalmente educati alla tolleranza verso chi non appartiene a una categoria definita (maschio, femmina, credente, non credente, eccetera).
Aggiungo un secondo punto altrettanto drammatico che spiega il fenomeno dei becchini al governo: i giovani non vanno a votare. Sono spinti (forse da forze oscure sui social, vedi il caso di Cambridge Analytica) a non votare, a restare fuori dai giochi, a detestare la politica e i politici, ormai fonti di continue delusioni per un ragazzo che ha semplicemente voglia di costruire il proprio futuro.
Solo una forza politica che riuscisse a convincere i giovani ad andare a votare potrebbe contrastare finalmente il declino economico dell’Italia, segnata da bassi salari e altrettanto bassa produttività, e portare al governo non dico i trapper di Sanremo, ma cittadini che assomigliano anche ai ragazzi che passeggiano per le città e che sanno di non poter avere figli (quando finalmente lo desiderassero) perchè hanno salari ridicoli e devono affrontare costi della vita sempre più alti.
E che pensare di quelli che si mettono il rossetto e hanno la barba? Beh, direi che sono solo c***i loro. Non mi piace guardare nelle mutande delle persone per controllare di che sesso sono, e poi magari urlare un bel: “Lavati la faccia e togliti il rossetto”. Non sono affari miei né di nessun altro: la sessualità dei cittadini non deve essere un argomento di discussione dei governi, perchè altrimenti il rischio finale è che la sodomia sia ancora punita con la sedia elettrica. Orrore, orrore, orrore.
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